ci sono diversi spunti interessanti che possono partire dalla lettera in questione. Il primo è che già dare una connotazione etnica all'episodio è di per sè un cattivo segnale.
Comportamenti incivili come quelli descritti si possono ritrovare ovunque e da parte di tutte le etnie, in questo caso però il giornale ha dato maggior risalto perché fatto da cinesi e in una zona abitata per lo più da cinesi.
In paesi dove vi sono molti immigrati cinesi e dove esistono delle vere e proprie Chinatown (la zona di Sarpi lo è solo in parte perché non vi è una maggioranza di residenti di origine cinese) non si caratterizzerebbe dicendo che è il comportamento dei cinesi, ma se proprio si volesse generalizzare alcuni direbbero che è un cinese della Chinatown.
Questo perché si sa che nelle chinatown americane, per esempio, i residenti sono per la maggior parte di recente immigrazione e, una volta effettuato un certo percorso di scalata sociale, si tende a spostarsi in altre zone.
Per esempio i cinesi americani si classificano tra di loro come ABC (american born chinese), FOB (fresh off the boat, appena immigrato) e così via.
In realtà questi spostamenti sono veri anche in Italia, per esempio mio zio aveva l'attività commerciale in via G. Bruno, una parallela di Paolo Sarpi, ma si è poi spostato una volta che ha dovuto ingrandirsi, così come mio padre aveva l'attività all'Esquilino più di vent'anni fa andando via successivamente quando le situazioni sono cambiate, ma spesso i residenti vedono semplicemente che ci sono tanti cinesi senza chiedersi più di tanto da quanto sono lì e se sono sempre gli stessi.
Se poi si va a verificare le dinamiche di quartieri delle grandi città con grandi presenze miste commerciali e abitative, si noterà che spesso le dialettiche sono le stesse. I residenti di Campo de' Fiori a Roma si lamentano degli italianissimi commercianti sottostanti con accuse simili: i loro esercizi commerciali portano rumore, sporcizia, problemi di sicurezza ecc. solo che in questi casi manca la caratterizzazione di scontro etnico.
Ci sono alle volte dei problemi specifici relativi agli immigrati. Per esempio, l'abitudine molto contestata di mettere ad essiccare la carne nei davanzali, che a Prato ha portato ad una ordinanza.
In questi casi bisognerebbe anche verificare se il grado di intolleranza verso certi comportamenti è dovuta al fatto che il comportamento in sè è intollerabile o se è perché è fatto da uno straniero che si considera diverso.
Per esempio, sempre a Prato molti facevano esposti perché dei cinesi coltivavano delle zucchine dalle dimensioni giudicate allarmanti e quindi avevano fatto verificare se non fossero degli OGM, quando invece era semplicemente una varietà gigante di zucchine.
In questi casi politiche verso reciproca conoscenza sono le più appropriate; quando lo conosci e hai un rapporto con lui non denunci il vicino solo perché coltiva zucchine extra-size.
Quando invece il fatto è intollerabile per una parte e non per l'altra va fatta opera di comunicazione, educazione e eventualmente di censura.
Infine veniamo al caso in cui c'è semplice maleducazione da parte del cinese perché sa di sbagliare, magari su comportamenti che sarebbero censurabili anche in Cina.
A parte il giusto controllo, che va fatto, si dovrebbe anche operare perché il tessuto sociale sia condiviso da tutti e si senta come proprio il territorio in cui si è, non importa se starai lì per un giorno, una settimana, qualche anno o per sempre.
Da questo punto di vista l'opera dell'ambasciata, per esempio, può essere utile solo parzialmente. Può agire sui cinesi in modo da ricordare che rappresentano non solo sè stessi ma anche tutti i cinesi e la Cina, ma non può fare in modo che questi considerino anche l'Italia casa propria. Questo è un compito e una sfida a cui solo le istituzioni italiane possono rispondere e che, secondo me, pochi hanno capito (italiani e cinesi senza molte distinzioni).
L'uomo della strada normalmente obbietta che lui non ha voluto tutti questi stranieri, ma è in torto perché i comportamenti della sua collettività hanno portato a questa situazione in cui c'è bisogno di immigrazione e quindi anche di tutto ciò che consenta la costruzione di una società in cui tutti quanti riescano a riconoscersi.