Scusatemi, ma questa volta devo essere un po' lungo.
Nel quartiere Sarpi a Milano si ha una dimostrazione evidente sia delle modalità con cui funziona il sistema dell'arbitrio di cui ho parlato, sia del modo con cui la disinformazione ne nasconde le implicazioni.
Il primo aspetto è persino paradossale, perché parte da uno dei più importante tentativi di semplificazione della legislazione fatto in Italia.
Di che si tratta?
Della legislazione sul commercio.
Fino a dieci anni fa, per aprire un negozio occorreva una licenza comunale, e i comuni quando ricevevano una domanda di licenza, avevano il potere di decidere se in quella zona quel tipo di esercizio commerciale fosse opportuno o meno.
L'enorme discrezionalità che tale potere di fatto comportava, aveva favorito un autentico proliferare di un mercato delle licenze, evidenziato da numerosi casi di condanna di pubblici dipendenti per concussione e corruzione.
Nel 1998 una legge ha liberalizzato il commercio, togliendo ai comuni il potere di dare licenze.
Chiunque pu? aprire un negozio dove vuole, per vendere quello che vuole, restano ferme solo le competenze delle ASL (oltre a requisiti soggettivi, nel senso che, ad esempio, a un truffatore non è consentito di esercitare l'attività commerciale, dovunque).
Ai comuni è stato dato il potere di redigere dei piani, nei quali indicare le tipologie di esercizi commerciali consentite nelle varie zone della città, in modo di avere un quadro trasparente.
Milano non ha mai redatto il piano del commercio, evidentemente per non fare scelte che avrebbero potuto essere osteggiate dalla lobby dei commercianti.
Il risultato è la liberalizzazione selvaggia.
In Paolo Sarpi in pochi anni sono scomparsi quasi tutti i negozi di generi di prima necessità, e si è assistito al proliferare di esercizi commerciali all'ingrosso generalmente monotematici.
Quando la tensione nel quartiere è aumentata, per l'incompatibilità tra le esigenze logistiche e operative del commercio all'ingrosso e la struttura urbanistica di un quartiere residenziale a pianta medievale, con vie strette e affollate, uno degli argomenti utilizzati contro il Comune è stato che non avrebbe dovuto dare le licenze ai grossisti.
Una volta tanto vittima di accuse anche giornalistiche conseguenti alla disinformazione è stata la pubblica amministrazione.
Infatti il Comune non aveva dato alcuna licenza, perché non ne aveva più il potere da dieci anni.
Tuttavia nel quartiere è in vigore il divieto di carico e scarico delle merci, con l'unica eccezione della fascia tra le 10 e le 14, e questa normativa va benissimo per il commercio al dettaglio ma è incompatibile con quello all'ingrosso.
Ed infatti i grossisti la violano sistematicamente, ma per alcuni anni il Comune non fa nulla.
I grossisti restano confermati nella convinzione che in Italia le leggi non contano molto, e proliferano ulteriormente.
A questo punto i residenti iniziano a protestare pubblicamente, perché il quartiere sta diventando per loro invivibile.
Il Comune di colpo decide di far rispettare la norma, e succede quel che è successo nella primavera di quest'anno.
Si apre quindi un tavolo di trattativa per delocalizzare i grossisti, nei quali l'arbitrio con cui la pubblica amministrazione non ha applicato nel tempo la normativa vigente, ha generato la sincera convinzione che ad essi spetti il diritto che quella normativa non si applichi.
Di nuovo, il Comune riprende a tollerare le violazioni delle norme sul carico e scarico merci, forse con l'idea di dare respiro e tranquillità alla trattativa per la delocalizzazione.
Ma è un altro arbitrio, che conferma i grossisti nella convinzione che la legge non conta, conta quello che si riesce ad imporre nei rapporti di forza sul territorio, che la pubblica amministrazione non è in grado di controllare.
E così si assiste ad un ulteriore incremento degli esercizi all'ingrosso, paradossalmente mentre si sta discutendo di delocalizzarli, e non dovrebbe quindi esserci nessuno disposto ad investire in un'attività formalmente priva di prospettive.
Ma questo inevitabilmente aggrava pesantemente il conflitto sociale con i residenti, prevaricati quotidianamente dall'inagibilità di marciapiedi e passi carrai, dalla scomparsa di esercizi commerciali di vicinato, dall'enorme aumento dell'inquinamento dovuto all'affollarsi di centinaia di furgoni con emissioni Euro 0 in vie piccole e strette.
E si va quindi di male in peggio.
Ma statene certi, se il peggio accadrà, in termini di scontro sociale, ci sarà anche chi si stupirà, come se quello che ho scritto non fosse già oggi sotto gli occhi di tutti.