La prima volta che li visti, erano timidi ma insieme sono una banda di piccole pesti, molto sfacciati e poco vogliosi di rimanere su una sedia e studiare. Nei loro occhi ho rivisto me stessa, quando ero anch’io piccola, un po’ più piccola di loro e anch’io non capivo una parola d’italiano. Ho letto la loro disillusione, le speranze perdute, i sogni infranti e gli affetti allontanati in un giorno dell’anno qualunque. Ogni volta che alzano la testa sono ben consapevoli di trovarsi in un cielo straniero, con un nuovo mondo da conoscere e imparar ad amare, ogni volta che si guardano attorno, scorgono solo visi estranei e ogni volta che emettono suoni, pochi li ascoltano e li comprendono. Così piccoli eppure già adulti, così piccoli eppure hanno già sperimentato quello che significa “morire” interiormente, perché questo significa sradicarsi dall’ambiente in cui si vive. Mi sono chiesta se è giusto tutto questo? Come vivono questi ragazzi? Che cosa pensano? Che cosa desiderano? Li ascolti e t’impressioni perché nonostante la differenza d’età che intercorre tra te e loro sono capaci di ghiacciarti con una consapevolezza disarmante e un pessimismo inverosimile. Quando parlano sembrano degli adulti intrappolati nei colpi dei
bambini. E’ triste. Davvero triste e profondamente ingiusto perché anche tutti abbiamo il diritto di essere bambini. Mi piacerebbe far capire loro che tutto ciò che hanno perso lo possono riguadagnare, che anche qui saranno capaci di costruire gli affetti, le amicizie e formare dei legami forti. Mi piacerebbe insegnar loro a non arrendersi mai e a non gettare via questi anni. Vorrei che loro imparassero a stimare loro stessi, ad apprezzare le loro qualità, vorrei che loro si autorappresentassero in modo orgoglioso e vorrei soprattutto che comprendessero l’importanza di lavorare sodo ora. Ma come posso insegnare a loro tutto ciò? Quali certezze ho che non è giusto non fantasticare alla loro età? E come posso dire loro che sono importanti, che sono il futuro?
Oggi ho chiesto a loro cosa vogliono fare dopo le medie e molti mi hanno risposto che vogliono lavorare. E poi un ragazzo mi ha chiesto cosa facessi io nella vita e io in modo molto spontaneo gli ho risposto che andavo all’università. Mi pareva più che naturale ed invece non è così. Mi sono accorta di avere molti privilegi, di essere grata a tante persone che ho incontrato durante il mio percorso, di essere veramente fortunata. Dopo ho chiesto al ragazzo cosa volesse fare lui e mi ha risposto che il suo unico scopo è imparare l’italiano per poter lavorare, che non gli importava di tutto resto e così mi ha azzittita di colpo. Non ho più saputo cosa dirgli perché nella sua risposta era racchiusa la storia di un’intera generazione.
Zhanxing