Quando ho deciso che la mia non-più-troppo-giovane vita aveva bisogno di un cambiamento ho deciso che l’avrebbe avuto a Hong Kong.
Ne ho sempre sentito parlare con entusiasmo. Hong Kong… Lo skyline più alto del mondo, wow! La Terra Santa del business, doppio wow! Un luogo esotico in oriente dove tutti i cinesi parlano un perfetto inglese, un sacco di wow!!!
Anche se in questi ultimi anni la moda è diventata espatriare in Australia per cercare fortuna, l’interesse verso la Cina che coltivo da quando a 8 anni ho conosciuto Bruce Lee (in tv) non avrebbe potuto portarmi altrove. Non più Pechino, Chengdu, Shanghai. Un gran belle, ma un tantino troppo orientalmente-complicate per un fotografo freelance quale mi diletto di essere. Era deciso quindi. Si. Avrei fatto un tentativo e avrei mischiato le carte in tavola, ne avrei pescata una e sperato di finire la partita con un buon punteggio in mano. Hong Kong ha la fama di essere una donna bellissima, ma un po’ volubile: dà con passione e cambia idea come un soffio di vento lasciandoti in mutande. Avrei avuto anche io l’opportunità che in Italia sembrava impossibile trovare, e me la sarei tenuta stretta insieme con i pantaloni!
Poi sono atterrato una mattina di dicembre e ho trovato Kok.
Lasciatemi fare un passo indietro solo per un secondo. Bene. I fatti, nella loro completezza e onestà, sono che durante la fase logistica di preparazione all’espatrio, il mio entusiasmo, insieme alla mia risolutezza, si sono scontrati con la follia immobiliare di Hong Kong facendosi, sul momento, anche un pochino male. Il prezzo più basso che ero riuscito a trovare per una stanza di 13 Mq a Kowloon (il cuore pulsante della città) si aggirava intorno agli 800 euri mensili! Sull’isola neanche a parlarne. Non essendo un individuo particolarmente paziente, nè un gran smanettone di offerte su E-bay, E-dreams, E-Home, E-checcazzo, lo sconforto ha avviluppato diabolicamente le mie membra inesperte facendomi quasi gettare la spugna. Con queste premesse e un’aspettativa di guadagno su un orizzonte temporale di 4 mesi pari a ZERO, avrei potuto optare per un’esperienza a Tortona, che da Milano dista solo un’oretta.
A salvarmi ci ha pensato la mia amica Yoko. Una ragazza hongkonghese D.o.c. di 28 anni, molto gentile, e che avevo visto sempre e solo in foto su Facebook. Dal vivo non l’avevo ancora conosciuta, ma di questi tempi, che importanza ha?! L’amica Yoko, amica di amici della mia mamma e del mio papà mi ha proposto una soluzione perfetta che nella mia mente sostenuta da sillogismi elementari suonava tipo cosi: HONG KONG + CASA + ECONOMICO – QUARTIERE MOLTO LONTANO DA TUTTO = BUONO
Poi sono atterrato una mattina di dicembre e ho trovato Kok che mi aspettava in aeroporto. All’uscita sbagliata.
Quando ho visto un tizio correre trafelato nella zona degli arrivi scrutando la folla con apprensione l’ho riconosciuto subito. Era inconfondibile grazie alla sua netta somiglianza con uno dei personaggi di Kill Bill. Ci siamo salutati calorosamente e avviati verso la sua abitazione. Dopo 1 ora e 30 minuti di bus a due piani London-Style, attraverso il cui finestrino ho potuto ammirare i famosi grattacieli di Hong Kong solo da molto lontano, il viaggio era finalmente finito. Eravamo arrivati a Tin Shui Wai.
Dove?! A Tin Shui Wai. Sempre a Hong Kong, ma un o’ più su e un po’ più a ovest, nei Nuovi Territori. Cosa sono i Nuovi Territori?! I nuovi Territori sono una vasta distesa di quartieri, una volta zone paludose o conglomerati di villaggi rurali, che sono stati assorbiti dalla municipalità per far fronte alla sempre crescente domanda di alloggi da parte di immigrati, famiglie locali incapaci di sostenere le spese di una delle città più care del mondo, e ovviamente, visto che questa Regione cinese ad Amministrazione Speciale è di fatto gestita da un ristretto gruppo di interessi, per permettere ai potentissimi Tycoon di costruire palazzoni e centri commerciali sulle aree non urbanizzate, schiaffarci dentro alcune migliaia di anime e fare un sacco di soldi. Profitti con cui poi, attraverso il sistema di Reclamation Land, costruire altrettanti palazzoni, schiaffarci dentro altre migliaia di anime e fare un sacco di soldi con cui… insomma, capito no? Il più grande problema di Hong Kong è lo spazio. Semplicemente non ce n’è più. E i prezzi vertiginosi continuano a salire.
Sarò strano, ma a me ciò che vedevo piaceva: aree verdi, marciapiedi ampi e puliti, nessuna macchina, piste ciclabili, abiti colorati stesi a finestre di grigi blocchi abitativi da 40 piani l’uno, campi da basket, ping pong, calcio, bambini sorridenti e ragazze dai lunghi capelli neri, vecchietti sulle panchine o impegnati a giocare a MahJong, sorrisi educati, lunghi e quieti portici che io e il mio nuovo padrone di casa stavamo percorrendo per consumare il primo pranzo insieme. Gli uccellini cinguettavano pure.
Non c’erano luci, negozi, macello, grattacieli con forme Feng Shuiane. Niente di tutto questo. E’ stato Kok il primo a parlarmi di Tin Shui Wai, tra un raviolo al vapore e l’altro, di come sia un quartiere povero e di immigrati, lontano anni luce dallo sfarzo delle cartoline e dai racconti dei turisti. “Non vedrai altri occidentali qui in giro e solo se sarai fortunato qualcuno parlerà inglese” mi diceva quasi per scusarsi di abitare in un luogo cosi remoto e poco affascinante. Io lo ascoltavo e più parlava più scoprivo cose nuove che dalle mie ricerche non erano emerse. Più mi guardavo intorno e più cominciavo a capire quale fosse, in realtà, la mia opportunità. Era ancora un processo piuttosto inconscio, ma ne avrei preso presto piena consapevolezza. Ero a Hong Kong, ma non ero a Hong Kong.
Era quello che ero destinato a trovare: una realtà completamente diversa da raccontare. Il fulcro del mio lavoro di documentarista che mi accoglieva a braccia aperte appena fuori dalla finestra da cui sto scrivendo. 300.000 abitanti conta Tin Shui Wai. Quindi una realtà più che rappresentativa. Il quartiere più povero di Hong Kong dove la vita costa di più. Ma come diavolo è possibile?
Ve lo spiegherò. Vi spiegherò perchè la chiamano “City of Sadness”. La città della tristezza.
Bellissime foto, grande Milo!
Alberto Innocenti Prima di tutto, per evitare equivoci, consiglio di leggere questo
http://en.wikipedia.org/wiki/New_Territories
Poi e’ vero, i property developers a Hong Kong fanno il bello e il cattivo tempo. Ma le costruzioni sono la spina dorsale dell’economia dovunque, non solo qui.
E’ pur vero anche che l’edilizia popolare ha assunto, anche per l’emergenza abitativa degli anni ’60 un’estetica agghiacciante, per lo meno per i nostri metri di giudizio centro-nord italiani.
Quello che mi piacerebbe venir piu’ sottolineato dal giornalismo di inchiesta e’ la differenza sostanziale che c’e’ fra lo stile e il tenore di vita che abbiamo adottato noi con il boom economico e quello che hanno adottato ad est, in particolar modo nei confronti della “prima casa”, idolo al quale sacrificare tutto e comunque.
Questa analisi sarebbe utile anche per rivendicare da un lato l’importanza ci certi valori che nonostante tutto noi occidentali abbiamo introdotto e dall’altro per farci notare, specialmente in questi tempi di crisi, di quanto superfluo ci siamo circondati le nostre esistenze.
Ciao Alberto, grazie!
Mah, guarda, questa era l’introduzione per spiegare quella che chiami “estetica agghiacciante” che è vero per molte parti do Hong Kong, ma che a Tin Shui Wai, non vale. A me piace!
E’ questo aspetto che mi ha portato a interessarmene e a lavorarci. Il tema lo svilupperò con i prossimi post. Con questo mi sono presentato.
I valori introdotti dagli occidentali non sono in discussione. Ovvio che Hong Kong sarebbe un’altra Shenzhen senza gli inglesi, però quando il mercato immobiliare è senza controllo con prezzi come quelli riportati dal Wall Street Journal 2 settimane fa non si può più parlare di costruzioni e basta, ma di speculazione scandalosa. Purtroppo a Tin Shui Wai una di queste imprese edili è monopolista. Non consente la creazione di altri esercizi commerciali come dalle altre parti di Hong Kong e quindi i prezzi per mangiare ad esempio sono doppi che a Kowloon.
Non sono molto propenso a riferirmi a wikipedia, se non per verifica. Sto compiendo da 2 mesi interviste con parecchie ONG che, essendo sul territorio e lavorandoci, ben conoscono il problema. In breve comunque questa zona appartiene alla seconda generazione dei Nuovi Territori cui ci si riferisce, che a differenza della prima in cui erano state create fabbriche e con loro lavoro, per quelle di seconda generazione invece il piano urbanistico è stato sbagliato. Con conseguente ammissione e pezze varie del governo locale dopo i fatti di cronaca del 2005 e la pessima reputazione afibiatale.
Non so quanto paghi ma potevi trovare a 400 euro al mese un pico appratamento a Monkok da 10 mq.
Anch’io spesso penso che la mia non sarà più una troppo giovane età un giorno e che devo svegliarmi, che devo dare una svolta radicale alla mia vita. A dire la verità è un pensiero che mi tormenta. Dico sempre che il mondo è troppo bello per rimanere sempre nello stesso posto. Mi affascina il tuo racconto, mi incuriosisce e soprattutto mi diverte lo stile con cui l’hai scritto! Molto alla “come parli”…così mi disse un giorno una professoressa dopo aver corretto il mio compito di italiano: ” scrivi come parli”! Sono davvero curiosa di sapere cosa hai fatto da marzo fino ad ora, come ti sei trovato, se è vero, come leggo in un altro post su questo sito, che i cinesi bisogna scoprirli per conoscerne i sentimenti, se lì, nella “City of Sadness” funziona diversamente. Vorrei sapere come pensano, come vivono, cosa mangiano…. Credo che ogni parte del mondo sia bella ed abbia qualcosa da regalarci, ma la Cina è un mondo a parte. E’ affascinante, è immensa, è misteriosa. Mi piacerebbe percorrere le strade della mia immaginazione attraverso il tuo racconto, proprio come ho fatto con le righe lette qui sopra! Le foto naturalmente mi aiuteranno a farmi un’ idea, poichè bellissime!