di Yu Ruijue
ZhongHua Jiang, la mia professoressa di cinese, era solita dirmi:
”Pensi che sia molto faticoso imparare il cinese? Ti capisco, ma voglio che tu tenga bene a mente questo pensiero. Chiunque, non appena ti guarderà, riconoscerà subito i tuoi lineamenti orientali e capirà che, alle tue spalle, si cela una storia molto particolare. Perciò, potrai essere integrata al massimo in questa società occidentale, il tuo italiano potrà anche essere di ottimo livello, ma non dimenticare mai chi sei e da dove vieni : i tuoi occhi a mandorla, infatti, tradiranno sempre la tua vera nazionalità”.
In effetti, a ragazzi come me, appartenenti alla seconda generazione di emigrati cinesi, spetta un compito delicato e gravoso : in noi si realizza l’incontro-scontro tra il mondo occidentale e quello orientale.
Come possiamo noi, così giovani e inesperti, trovare il giusto mezzo tra due culture tanto differenti tra di loro, a tratti addirittura antitetiche e inconciliabili? Quanto ci riconosciamo nella nostra cultura d’origine e quanto in quella in cui viviamo?
Di un fatto sono certa : non sarò mai una perfetta cinese,poiché non ho potuto conoscere e vivere appieno la cultura del mio paese, non essendo cresciuta insieme ai miei connazionali, con i sapori, i profumi, i colori tipici della Cina. Tuttavia, probabilmente, non mi identificherò mai nemmeno in una perfetta italiana, in quanto, dentro di me, resta forte il fascino delle mie radici. L’orgoglio nazionale è sempre vivo, del tutto simile a una fiamma che, ogni volta, trova alimento dalla condizione stessa di straniera in cui mi trovo.
Venuta in Italia a tre anni, non avevo idea di quanto sarebbe stato arduo il mio avvenire. In quel momento, infatti, si erano aperte davanti a me due strade, ma quel che non sapevo ancora era che le avrei dovute percorrere contemporaneamente.
La verità è che non ho mai avuto la possibilità di scegliere. Quando ho seguito la mia famiglia in questo paese, il mio destino di straniera era stato già segnato: seguire due binari paralleli, portare avanti due opposti percorsi allo stesso tempo.
C’è forse qualcuno che può capire il costo di un simile sforzo, se non chi lo ha vissuto e continua ancora oggi a viverlo in prima persona?
Ebbene, cinque anni fa, entrai per la prima volta in questo liceo, ben conscia di essere una straniera.
Oggi, ne esco portando dentro di me la stessa consapevolezza di allora.
In questo arco di tempo sono cresciuta, maturata, trasformata. Devo ammettere che i cambiamenti di cui sono stata protagonista sono stati numerosi e di grande entità. Voltandomi indietro , stento a riconoscermi. Eppure, in mezzo a tutti questi piccoli e grandi stravolgimenti, esiste qualcosa che è sempre rimasto inalterato: la coscienza di essere,in qualche modo, “diversa” dai miei compagni , e il tempo non ha fatto altro che accentuare in me questa sensazione, questa certezza.
Ricordo ancora adesso che, al momento dell’iscrizione, promisi a me stessa che avrei fatto tutto il possibile per mostrare agli italiani il valore e il fascino della cultura cinese. Ora, al termine di questo ciclo di studi, essendo giunto il momento di mettere finalmente un punto al mio operato, mi chiedo se il mio scopo, almeno in parte, sia stato raggiunto.
Spesso, mi è stato ricordato che proprio la mia diversità rappresenta un motivo di ricchezza, sia per me stessa che per gli altri. Il bagaglio culturale che mi viene fornito dalla terra d’origine mi permette, infatti, di vantare una risorsa in più rispetto ai miei coetanei, una risorsa che va messa a frutto in tutti i modi possibili.
Tuttavia, mi risulta impossibile negare la fatica che comporta un simile peso.
In questo consiste il mio piccolo dramma: in Cina vengo considerata troppo italiana, in Italia mi sento troppo cinese.
Delle due metà in cui il mio Io si divide, nessuna riesce a prevalere sull’altra. Inoltre, so bene che, se mancasse anche una sola delle due, perderei inevitabilmente me stessa.
Ma allora, chi sono davvero io ? Cinese o italiana ?
È chiaro che i miei genitori, una volta divenuti anziani, trascorreranno i loro ultimi anni nella loro terra d’origine. I miei futuri figli, invece, di certo sentiranno meno di me l’attaccamento alla madrepatria e avvertiranno poco o per niente la loro condizione di stranieri.
Dunque, se con la prima generazione di emigrati l’integrazione è solo avviata, mentre con la terza forse si può dire già conclusa, è di certo nella seconda, nella quale mi trovo io insieme a tantissimi altri ragazzi come me, che essa raggiunge il momento di massima tensione e precarietà.
Ma allora, dov’è e come si raggiunge l’equilibrio, in mezzo a tutto questo ?
Devo ammettere che a questo conflitto, non pretendo di trovare una soluzione completa e definitiva: sento che il tempo lavorerà a mio favore e la saggezza che acquisirò man mano favorirà l’armoniosa compresenza di queste due culture che, se analizzate da vicino, molto vicino, a sorpresa si scoprono sorelle e non nemiche. Infatti, due mondi così affascinanti, ricchi, magici dovrebbero solo imparare a tenersi per mano, comprendersi a vicenda e camminare insieme, a testa alta, verso un radioso futuro da tracciare passo dopo passo!
Sì, proprio a noi ragazzi di seconda generazione è affidato l’incarico di incoraggiare questa stretta di mano, di favorire l’interesse reciproco, di innalzare una bandiera comune, portando lontano i falsi pregiudizi e l’astio di ambo le parti!
Personalmente, mi sono impegnata a cogliere sempre e solo il meglio di entrambe le culture: la moderazione e la riservatezza dei cinesi, la vitalità e l’ospitalità degli italiani; la laboriosità dei primi, la maggiore socievolezza dei secondi. Impegno, parsimonia, dinamicità da una parte; pacatezza , solarità e franchezza dall’altra…
I difetti degli uni vengono corretti dai pregi degli altri, e viceversa, in un circolo virtuoso che nutre ogni giorno la mia anima, rendendomi una persona speciale, aperta, curiosa, ma soprattutto, viva.
È proprio vero! Come affermava il poeta latino Orazio :
In medio stat virtus.
Yu Ruijue
Cara Yu Ruijue,
capisco perfettamente le tue parole e i tuoi timori.
Sono però dell’idea che non devi pensare di essere incompleta nel tuo “essere italiana” o “essere cinese”.
Siamo in un periodo storico in cui due culture così lontane si stanno così avvicinando e armonizzando.
Quindi devi pensare di essere e di svilupparti come “privilegiata” perchè puoi unire in te le due culture.
Affronta la tua vita e le tue giornate in questo senso, e porta il tuo valore aggiunto verso le persone cinesi che vengono a contatto con l’Italia e le persone italiane che vogliono conoscere meglio il meraviglioso mondo cinese.
Un abbraccio
Perdona la sciettezza della domanda, ma non nego le forti perplessità in merito alla seguente frase:
“la moderazione e la riservatezza dei cinesi, la vitalità e l’ospitalità degli italiani”
Non nego che l’italiano, specie del centro sud, possa mancare di tatto, moderazione o sobrietà, ma affermare che moderazione e riservatezza siano peculiarità del popolo cinese odierno lo reputo eccessivo, o almeno non certo nei riguardi dei laowai.
Forse, sicuramernte, il popolo della Vecchia Cina come sono soliti chiamarla, ma i tempi del Celeste Impero sono finiti :(.
Un saluto
Cara Yu,
grazie per la bellissima esperienza. Leggere le tue parole mi ha commosso. Un po’ ti invidio perché tu, come pochi altri, hai la possibilità di vivere due culture contemporaneamente, e l’opportunità di aiutarle a capirsi.
Spero che tu riesca a mettere a frutto appieno queste possibilità, e non aver paura di essere diversa: visti da vicino, tutti siamo diversi, e basta spostarsi di trenta chilometri per sentirsi un pesce fuor d’acqua.
Auguri per tutto 🙂