Credo che i loro genitori possano andare fieri di questi ragazzi, credo che la società italiana tutta abbia un debito con loro. Perché da quando Associna e nata, da web community si è rapidamente trasformata in forza viva della società civile, contribuendo a donare voce e visibilità alle istanze di una componente chiave dell’Italia che verrà, quella quota crescente della nostra popolazione che coniuga in sé una nuova identità italiana: plurale, composita, complessa, cosmopolita per vocazione. Questi giovani sono a un tempo testimonianza vivente e dinamo generatrice dei legami sempre più stretti che uniscono persone, vissuti e destini al di là delle frontiere nazionali e a quelle dell’esperienza, dei diversi retaggi culturali e delle diverse lingue.
Osservatori attenti della realtà sociale in cui sono nati e cresciuti, si sono subito mossi per essere presenti ovunque si parlasse del presente e del futuro delle loro famiglie e di loro stessi. Dal 2005 in poi, sono stati ben pochi i convegni, gli eventi, le manifestazioni incentrate attorno ai temi dell’immigrazione e dell’intercultura che non abbiano visto la partecipazione di almeno uno o una di essi. Si sono fatti notare per la loro intelligenza e per l’acutezza del loro sguardo critico sul dibattito che ancora in ampia – troppo ampia – misura si fa su di loro e le loro famiglie, piuttosto che con loro. L’urgenza e il valore irrinunciabile della loro testimonianza è forse proprio questo: “non è più tempo di parlare di noi, ma di parlare con noi”, ripetono spesso. Di riconoscere i figli degli immigrati – e anche i loro genitori – come soggetti e non come oggetti della società, dell’economia, della cultura e della politica contemporanee. Di riconoscerli come persone e come cittadini di fatto. Di garantire loro un diritto di replica e di critica, sempre, perché i giovani immigrati di seconda generazione non sono “opzioni accessorie” del nostro futuro, ma sue determinanti stabili. E infine di accettare che sia nell’interesse di tutti permettere a chi sceglie di dedicare a questo paese i progetti più importanti della propria vita, come pure a chi vi è nato e cresciuto, il diritto di scegliere chi deve governarlo, e come. Associna si batte per una revisione della legge italiana sulla cittadinanza, una delle più conservatrici e restrittive d’Europa, ma anche per garantire agli immigrati di prima generazione la possibilità di accedere rapidamente al diritto di voto.
Si batte per quella dignità che un paese civile deve a tutte le persone che ogni giorno lo costruiscono con il proprio lavoro, i propri sacrifici e la propria fede nel futuro. Una dignità che agli immigrati in Italia è negata da tempo: vilipesa da leggi punitive e infamanti, da prassi amministrative farraginose, degradanti e criminogene, da un mercato del lavoro che penalizza sistematicamente le fasce più deboli della popolazione e che con lavoratori immigrati sempre più spogliati di ogni forza contrattuale e garanzia sociale ha inevitabilmente buon gioco. Se questo vale per tutti gli immigrati, nel caso dei cinesi la persistenza delle barriere linguistiche e culturali per buona parte degli adulti rappresenta una vulnerabilità ulteriore, che li espone facilmente a pregiudizi, stereotipi negativi o esotizzanti, forme sia larvate che esplicite di stigmatizzazione e discriminazione sociale. Su Associna grava infatti tanto la responsabilità di “fare ponte” quanto quella di “fare scudo” e di ribattere colpo su colpo. La disinvoltura con cui i nostri media e la nostra politica adottano un registro emotivo, selettivo e di parte nel raffigurare le minoranze in generale è nota e va aggravandosi: una vera e propria deriva razzista che è in atto da anni ormai. Nei confronti dei cinesi questo è tanto più vero quanto più facilmente si radica la retorica della differenza culturale irriducibile, della minoranza “chiusa e inassimilabile”, dell’esotismo squallido e denigratorio che così facilmente può accanirsi su una collettività i cui tratti somatici sono distintivi e riconoscibili: il riferimento costante e superfluo agli “occhi a mandorla”, al colore giallo, che sembra fare la gioia di titolisti e cronisti, prosegue in barba a qualsiasi deontologia giornalistica.
Forti della loro perfetta competenza linguistica e culturale, ai ragazzi di Associna spetta anche un ruolo chiave in una sfida ulteriore: quella di riuscire a farsi interpreti della complessa realtà giovanile cinese in Italia, che non è solo fatta da giovani come loro. Un cittadino cinese su quattro ha meno di diciotto anni, è vero, ma di questi ultimi almeno quattro su dieci sono giunti in Italia nell’adolescenza. A differenza di chi in Italia ci è nato e cresciuto fin da piccolo, questi giovani sperimentano serie difficoltà di inserimento, che talvolta sfociano in un isolamento che può tradursi in marginalità sociale vera e propria. L’esperienza insegna che sono proprio questi i giovani che non bisogna lasciare soli, ma di fatto oggi sono esposti a rischi d’esclusione crescenti. L’auspicio è che Associna possa coinvolgerli maggiormente, espandendo una capacità di advocacy sociale che va crescendo di anno in anno.
Moltissimi dei ragazzi e delle ragazze che oggi animano Associna, pur essendo nati o cresciuti fin da piccoli in Italia, non hanno la cittadinanza italiana, non hanno diritto di voto. Possono solo far sentire la propria voce nella misura in cui riesce a convincere i nostri media a dar loro spazio sulla carta stampata o via etere. Possono dispiegare la propria creatività e il proprio impegno solo a patto di riuscire a intercettare con successo con la società civile, attraverso le iniziative culturali e sociali che saranno in grado di promuovere insieme. Da questo punto di vista, la loro forza è la nostra forza: infatti è anche dalla buona salute di cui potrà godere questo straordinario esempio di passione civile nei prossimi anni che potremo comprendere meglio quale tipo di società saremo stati capaci di costruire. Insieme.
Lunga vita, lunga vita ad Associna!