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« il: 20 Marzo, 2008, 17:11:54 pm »Citazione da: "marcowong"
Milly alle volte basterebbe guardare anche alla propria storia. Faccio un esempio un po' provocatorio con alcune domande.
1) Quale stato ha invaso un altro stato sovrano e governato da un capo religioso?
2) E quale stato ha imposto unilateralmente una serie di leggi per regolare il rapporto con tale gerarchia religiosa?
3) in quale stato dei poliziotti sono stati accusati per tortura nei confronti di indipendentisti?
La realtà dipende in parte da come la dipingi, nei libri di storia italiani la breccia di porta Pia è il momento dell'unificazione dell'Italia, ma probabilmente si pu? vedere come un atto d'arbitrio, come pure le leggi guarentigie che regolarono i rapporti tra il Vaticano e il regno d'Italia che Pio IX non riconobbe tanto da definirsi prigioniero dello stato italiano.
Per il fatto 3) puoi vedere le cronache italiane del 1963.
Ricordata la memoria storica anche italiana e stabilito che non esiste un primato morale per il quale una nazione o una categoria di persone pu? ergersi a maestro per il resto del mondo, possiamo pure parlare della situazione cinese.
Di una realtà che lascia molto a desiderare dal punto di vista dei diritti umani ed in cui molto deve essere fatto per il rispetto dell'identità culturale tibetana, ma sempre per fare un parallelo con l'Italia, le leggi guarentigie furono superate solo dai patti lateranensi nel 1929, ovvero quasi sessanta anni dopo la breccia di porta Pia.
E' giusto cercare di esortare la Cina ad una maggior apertura democratica. Direi doveroso. Possibilmente riflettendo e documentandosi prima.
Sfondi una porta già aperta. Non mi sembrava che nel mio intervento ci fosse un implicito sentimento di superiorità morale di italiana. Sono la prima a pensare che un evento storico assuma una luce diversa in base dall'angolazione da cui lo si guarda. In ogni caso questo inciso non serve da giustificazione per quanto è accaduto anni fa in Tibet. Del tipo "lo avete fatto anche voi occidentali, quindi zitti e non osate criticare". Se una cosa è biasimevole lo è sempre, al di là di dove accade.
Anche se, permettemi, la breccia di Porta Pia non fornisce un adeguato parallelo con l'annessione del Tibet alla Cina per diversi fattori. Alla presa degli ex stati pontifici, avvenuta quasi nell'apatia della gente comune (l'unità d'Italia è stata soprattutto un'operazione borghese) non è seguito un sistematico e profondo tentativo di smantellare l'identità culturale di un popolo. Anche perchè fra le genti dei vari stati che componevano la penisola italiana non sussistevano differenze culturali tali da richiederlo. Quando al Tibet voglio riportare qua sotto uno stralcio di articolo di Federico Rampini del 2005 (corrispondente in Cina per Repubblica da diversi anni), approfondito poi nel suo libro "L'ombra di Mao". Credo che spieghi bene quello che intendevo dire nel mio primo intervento con l'espressione "memoria storica". A meno che quanto Rampini sriva non sia terribilmente infondato...
Già il 1? gennaio 1950 Radio Pechino annuncia per il Tibet l'imminente "liberazione dal giogo dell'imperialismo britannico" (la limitata influenza britannica in realtà era finita con la seconda guerra mondiale e l'indipendenza dell'India). (...)
Il 7 ottobre di 55 anni fa quarantamila soldati dell'Esercito di liberazione popolare attraversano il corso superiore dello Yangtze e dilagano in tutto il Tibet occidentale uccidendo ottomila dei suoi soldati.
L'Europa tratta l'invasione come una questione interna cinese, l'America già impegnata a difendere la Corea non osa sfidare Mao, negli annali delle Nazioni Unite a quella data l'unico Paese che solleva la questione è il Salvador. Inizialmente le truppe d'occupazione seguono istruzioni astute per accattivarsi la popolazione locale: non si abbandonano a saccheggi e violenze, corteggiano il consenso della nobiltà e del clero buddista. Nel 1954 il Dalai e il Panchen Lama invitati a Pechino da Mao vengono sedotti dal leader comunista, che solo alla fine del loro soggiorno getta la maschera accusando il buddismo di essere un "veleno". Tornati in patria i due giovani leader religiosi scoprono che lontano da Lhasa, nelle provincie di Amdo e Kham, le milizie comuniste hanno già cominciato a svuotare i monasteri. Repressione e arresti di massa scatenano nel 1955 le prime fiammate di insurrezione armata, a cui partecipano i monaci buddisti. A quel punto l'America ha combattuto direttamente contro i cinesi in Corea, e la Cia viene incaricata di addestrare la resistenza tibetana (l'aiuto verrà interrotto da Richard Nixon e Henry Kissinger nel 1971 dopo il disgelo con Mao). Nel 1956 Pechino scatena una delle sue offensive più sanguinose, con 150.000 soldati e bombardamenti a tappeto. Nel 1959, quando il Dalai Lama in pericolo di vita fugge in esilio in India, la repressione cinese ha fatto 65.000 vittime, altri 70.000 tibetani sono deportati nei campi di lavoro (laogai) e 80.000 hanno attraversato il confine indiano o nepalese per finire negli accampamenti di profughi. Il peggio deve ancora venire. Proprio nel 1965, quando il Tibet viene annesso definitivamente come "regione autonoma", diventa uno degli esperimenti estremi della Rivoluzione culturale. Il fanatismo radicale delle Guardie rosse aizzate da Mao devasta uno dei più ricchi patrimoni artistici e archeologici dell'umanità. Molto prima dei talebani in Afghanistan o di Pol Pot in Cambogia, i comunisti cinesi decidono di annientare tutto ci? che ricorda la religione: castelli e statue, dipinti e libri antichi vengono distrutti. Su seimila templi e monasteri censiti prima del 1959 non ne resta intatto neanche uno nel 1976, dopo dieci anni di Rivoluzione culturale. Stremati anche dalle carestie, i tibetani non perdono però la volontà di resistenza. Basta un allentamento del controllo, quando nel 1980 il riformista Hu Yaobang diventa il numero uno in Cina, e le insurrezioni tornano a moltiplicarsi negli anni 80. Finché Pechino manda a commissariare il Tibet un giovane burocrate in ascesa, Hu Jintao: l'attuale presidente della Cina. L'8 marzo 1989 Hu dichiara la legge marziale in Tibet e scatena un'altra repressione sanguinosa. ? la prova generale del massacro di Piazza Tienanmen.