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« il: 18 Febbraio, 2006, 20:39:53 pm »
ecco qua un articolo
In manette anche il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e un giudice di pace
Blitz a Pescara, 29 arresti per falsi permessi
Smantellata un'organizzazione che favoriva l'immigrazione clandestina di extracomunitari cinesi. Fino a 24 mila euro il prezzo una attestazione fittizia
Pescara, 16 feb. (Adnkronos/Ign) - Avevano messo su un vero e proprio business di false attestazioni per regolarizzare centinaia di extracomunitari cinesi. A scoprirli, dopo complesse indagini, gli uomini della Squadra mobile di Pescara nell'ambito di un'inchiesta coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della polizia. L'organizzazione, smantellata con il blitz di oggi, si avvaleva anche della complicità di funzionari della pubblica amministrazione e di imprenditori pescaresi.
Ventinove le persone arrestate, 18 cinesi e 11 italiani. Tra loro a quanto apprende l'ADNKRONOS ci sarebbero anche il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e un giudice di pace presso il tribunale di Ortona, in provincia di Chieti. Le accuse nei confronti degli indagati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, alla concussione, alla corruzione, al falso e all'abuso d'ufficio.
All'operazione denominata 'Piramide' hanno partecipato 10 equipaggi del Reparto di prevenzione Crimine e 10 equipaggi delle Squadre mobili di Roma, l'Aquila, Teramo, Chieti e Ancona. Inoltre eseguite 20 perquisizioni e sequestrate quindici sedi societarie usate come pretesto per agevolare l'ingresso di connazionali che venivano poi, in maniera fittizia assunti.
Le indagini, avviate nel gennaio del 2004 e che rientrano nell'ambito di un piano strategico nazionale, hanno portato alla scoperta di un vero e proprio ''canale burocratico parallelo'' a quello legale, che, eludendo anche il meccanismo delle 'quote d'ingresso', consentiva il rilascio di false autorizzazioni al lavoro e falsi permessi di soggiorno e di ricongiungimento con i famigliari a cinesi sprovvisti dei requisiti prescritti dalla legge.
A Pescara confluivano decine e decine di richieste di permessi di soggiorno anche da cinesi provenienti da Napoli, Milano, Firenze e Prato e l'organizzazione criminale con l'aiuto di funzionari locali e dietro la copertura di una rete fittizia di esercizi commerciali, ristoranti e negozi di abbigliamento, simulava con gli stranieri l'esistenza di rapporti di lavoro. A questo punto, quando i clandestini avevano ricevuto l'autorizzazione all'assunzione e ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno, venivano fatti scattare i licenziamenti ''per motivi personali'' e gli extracomunitari venivano rispediti a lavorare in nero nei vari centri di provenienza. E si ricominciava in un ciclo ininterrotto di illegalità.
E quanto costava un permesso di soggiorno per i cinesi che volevano 'regolarizzarsi'? La cifra minima prevista nel 'tariffario' dell'organizzazione criminale era di settemila euro per un singolo rinnovo ma il prezzo dei falsi permessi saliva e in maniera anche vertiginosa in caso di ricongiungimenti familiari: 18 mila era il costo previsto per istruire le pratiche per poter portare in Italia fino a tre parenti stretti, 24 mila fino a quattro.
Il denaro incassato dai 'gestori cinesi' del traffico non veniva comunque versato in Italia, se non in casi rari, ma veniva dirottato in Cina e qui reinvestito in negozi e nell'acquisto di immobili, tra cui figura uno stabilimento di produzione di gelati, l' 'Ital Gelati', con sede nella citta' di Di When Zou.
''L'ufficio del lavoro di Pescara, che dovrebbe essere l'ente preposto a vigilare era la centrale di smistamento a livello nazionale ed internazionale''. Lo ha detto all'ADNKRONOS, il dirigente della Squadra Mobile di Pescara, Nicola Zupo.
I cinesi che avevano bisogno di regolarizzazione, ha spiegato Zupo, ''venivano anche dalla Francia e dal Portogallo per ottenere il permesso di soggiorno''. ''Abbiamo scoperto anche degli sbarchi clandestini provenienti da Malta'', ha aggiunto il capo della Mobile, che poi ha spiegato il significato del nome in codice dato all'operazione: ''L'abbiamo chiamata 'Piramide' -ha detto- perché tutti i filoni di indagine portano ad un unico vertice, l'Ufficio del lavoro di Pescara''.