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Attualità /
« il: 04 Luglio, 2007, 22:53:30 pm »
Volevo solo aggiungere che chi vi scrive non è cinese ma italianissimo anzi milanesissimo (che è una rarità). Il nick Li Po è in onore del grandissimo poeta taoista cinese dell'epoca T'Ang Li Po appunto, vissuto tra il 701 e il 762 d.C. uno dei massimi poeti cinesi assieme all'amico confuciano Tu Fu (712-770) e al buddista Wang Wei (701-761).
Sarebbe bello organizzare in chinatown a Milano una serata di poesia cinese ancora troppo -ahimè- sconosciuta ai più.

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Attualità /
« il: 01 Luglio, 2007, 23:54:02 pm »
Probabilmente dovremmo riflettere maggiormente sul significato di integrazione. Cos'è per davvero l'integrazione ? Diventare come il paese che ti ospita ? Dismettere la propria identità culturale per assumerne forzatamente un'altra ? O rispettare semplicemente le regole sociali ? O ancora, servire alla comunità ? Sposarsi ? Parlare la lingua ? Quando si pu? dire di una persona che è integrata ? E le singole persone di una comunità possono essere integrate e non esserlo la comunità ? Esistono per davvero comunità integrate ? Se gli unici quartieri etnici sono quelli cinesi, le altre comunità non raggruppate in quartieri ad hoc sono integrate ? O vicversa non lo sono ? I neri del centro Africa assolutamente sparpagliati nella città sono più integrati ? La lingua pu? costituire un deterrente soprattutto nei membri più anziani all'apertura della comunità ? esistono lingue più lontane e lingue più vicine al nostro paese ? Perchè a Milano c'è una comunità francese, perchè una svedese totalmente chiusa in se stessa (con locali, giorni della sett, aperitivi solo per svedesi), perchè esistono circoli di australiani dove possono entrare soltanto i cittadini dell'ultimo continente ? (all'ingresso devi mostrare la C.I. australiana altrimenti non entri). Perchè gli ebrei hanno sempre creato quartieri ad hoc suscitando l'ira dei nazisti ? La posizione dei nazisti allora nei cfr dell'autoghettizzazione degli ebrei pu? essere giustificata ? Bisogna impedire che il simile vada ad abitare o vivere vicino a chi gli è simile ? E allora perchè in Cina a Shanghai la comunità degli stranieri è tutta arroccata attorno a una zona specifica ? Perchè gli stranieri che vivono a Shanghai non si mischiano con la poplazione locale ? Perchè i turisti a Kathmandu sono tutti nel Thamel ? E perchè però i turisti stranieri amano così tanto il Thamel ? Esistono leggi che possono impedire alle persone di una stessa razza di trovarsi tra di loro e di negoziare una accanto all'altra ?  Perchè i siciliani stanno con i siciliani e i calabresi con i calabresi ? Perchè i giovani che abitano in Chinatown a Milano amano quel quartiere proprio in quanto Chinatown (facendo pure un'associazione) ? L'incontro deve solo avvenire in maniera univoca ? E cosa intendiamo per incontro ? Non è già un incontro/apertura usufruire tutti i servizi cinesi della zona come fa il sottoscritto e tutti i giovani italiani della zona ? (supermercati, alimentari, centri commerciali, bar, edicole, pasticcerie, enoteche, negozi di Tofu, oggettistica, cellulari, hi-tech, abbigliamento, fotografia, agenzie immobiliari, agenzie turistiche, ufficio visti per la Cina, corsi di lingua cinese, ristoranti mitici come Jubin e altro ?). Io delle altre migliaia di etnie in questa babele che è Milano non so praticamente nulla; non hanno un quartiere definito e per questo non li vedo. Ma i rapporti tra loro e la città sono ancora più inesistenti. Non c'è nemmeno il piacere di andare in un supermercato a scambiare quattro chiacchiere su come preparare gli involtini primavera surgelati (come mi è capitato). Che è poco, ma non niente. Va be', zio bono quante domande. Mi sono auto annoiato a scrivere questo post. Non oso immaginare te a leggerlo.

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Attualità /
« il: 01 Luglio, 2007, 12:47:01 pm »
Vediamo se riusciamo ad arrivare a un punto costruttivo perchè se ognuno rimane sulle proprie idee, primo è la dimostrazione che già non c'è integrazione tra i nostri pensieri, secondo che abbiamo buttato nel cesso il nostro tempo. Personalmente come sai non sono d'accordo con il messaggio che leggi dietro al portale (magari la realtà aprisse a infiniti mondi a me estranei !!!); però capisco il tuo punto di vista e so benissimo che è anche molto condiviso (anche se faccio più fatica a capire l'associazione Chinatown=ghetto: le Chinatown di San Francisco o di New York sono i quartieri con il più alto numero di turisti rispettivamente delle due città; sono tutto tranne che ghetti, sono mondi vivacissimi e pieni di energia, che danno molto alle rispettive città d'appartenenza; quando la Chinatown di New York agli inizi degli anni 80 superò in grandezza quella di San Francisco nella grande Mela ci fu quasi una festa; vero orgoglio municipalistico. Le Chinatown non sono mai dei ghetti perchè vivono sul lavoro e il tenore di vita complessivo è sempre alto. Questo anche a Milano dove la nostra Chinatown è un mondo magnifico e contribuisce tantissimo all'economia della città. E'una ricchezza in termini economici come ha dimostrato la Bocconi, non una sacca. Cmq, tornando alle porte : e se al posto di portali ci fosse una colonna, o un monumento che recitasse il messaggio della comunità cinese come ringraziamento alla città che ha permesso loro di espandersi e che sia un invito a conoscerla e non un ostacolo ad allontanarla, pensi che la gente potrebbe vederlo in maniera più positiva ? Voglio dire posto che non si pu? negare il diritto alle persone di andare a vivere o lavorare dove vogliono, quello non sarebbe uno dei modi per rendere il quartiere più "bello", accogliente e aperto agli occhi degli italiani ?

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Attualità /
« il: 28 Giugno, 2007, 23:09:24 pm »
In risposta a Babo trovo che il concetto di ghetto etnico visto così sia personalmente abbastanza semplicistico. Voglio dire, a Milano il quadrilatero della Moda è allora molto più "ghetto" di ogni possibile Chinatown esistente al mondo: il senso di esclusione dal resto delle persone normali è totale. In fondo è molto più ghettizzante non entrare in una discoteca per motivi che nessuno sa (ghettizzazione da conto bancario). Inoltre, prendiamo il caso opposto, una comunità non riunita in un unico quartiere ma sparpagliata nel tessuto urbano. Forse che questo la rende più integrata ? Assolutamente no. Gli arabi a Milano sono ovunque (con preponderanza nel quartiere Morgantini e in via Padova)  non hanno una "Arabiacity", ma non per questo si pu? dire siano più integrati. Tutt'altro. Per giunta tramano anche contro alla città. Oppure prendiamo il caso della comunità filippina, la prima per dimensioni a Milano. Anche questa è sparsa per la città (con una leggera concentrazione in zona 1). Ebbene ? Il fatto di essere sparpagliata non la rende "integrata" bensì "invisibile". E' come se non ci fosse. Un po' come i fuoricasta in India. Idem per gli egiziani. Invisibili. Questa è una forma di ghettizzazione molto più violenta di quella del ghetto; oltrettutto aiuta le persone a non domandarsi nulla. In più mantenendo la coscienza in ordine.
Io sono per le porte colorate con i draghi. Che è come dire sono per le sinagoghe e per tutto ci? che è portatore di senso. Magari qualcuno penserà al ghetto, ma qualcun altro passerà un tantino oltre e si domanderà: ma cosa significa il drago per la cultura cinese ? [/quote]

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Attualità /
« il: 27 Giugno, 2007, 00:18:09 am »
Rispondendo a Shiva, anch'io mi sono trasferito da poco in Chinatown; la presunta chiusura dei cinesi in realtà non mi sorprende più di tanto, anzi, trovo siano molto più chiuse le comunità arabe con le quali ultimamente sembra l'intero mondo occidentale non andare d'accordo a prescindere. Credo che l'essere integrati non necessariamente debba passare dall'immagine del ragazzo italiano con ragazza cinese e vice versa. Per me è una grandissima forma di apertura andare dal supermercato Katai in via Rosmini, dal negozio China Store all'angolo con bramante, da tutti quei negozi cinesi che mi offrono servizi spettacolari (riparazioni di cellulari: giuro la Nec mi aveva chiesto 170 Euro o cambiare il mio telefonino, in Chinatown me la sono cavata con 25 Euro e solo dopo due giorni di attesa !!! Questa sì che è roba da Lucignolo !!!); per non parlare della pescheria cinese, dell'enoteca cinese, del negozio che vende Tofu etc... ditemi che non è forma di apertura questa ! E poi il Capodanno Cinese, magnifico, un omento di colore e di sensazione esotica splendido. Anzi. Chinatown andrebbe rilanciata, turisticamente. Se vanno via i grossisti spero non si perda quella straordinaria atmosfera colorata che contraddistibngue il quartiere rendendolo unico nel panorama spesso intercambiabile milanese. Proporrei come a San Francisco o a New York dei portali cinesi con draghi o elementi caratterizzanti. Sarebbe un bel elemento di diversità in una città dove oramai tutto è diventato un gigantesco lucido show-room. Splendida l'iniziativa di China Film Festival. Da parte mia mi piacerebbe proporre una serata di poesia cinese (vedere il mio nick). Sarebbe splendido. Bisogna lavorare per legittimare Chinatown come parte "ufficiale" della città. Questo paradossalmente è un modo per integrarla.

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