Salve a tutti! - page 2 - Presentazioni - Associna Forum

Autore Topic: Salve a tutti!  (Letto 7468 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

cavallo

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 14.723
  • Sesso: Maschio
  • silvio marconi, antropologo e ingegnere
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #15 il: 31 Luglio, 2011, 06:13:00 am »
quoto
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

Alex80

  • Livello: Straniero / Laowai ben inserito
  • ***
  • Post: 587
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #16 il: 31 Luglio, 2011, 10:50:10 am »
Citazione da: "sirbeat"
buona sera a tutti!
è parecchio che manco e non scrivo più in questo fantastico forum! ma ultimamente sono molto impegnato con il mio lavoro.
tutte le arti marziali asiatiche derivano da quelle cinesi, chiamato comunemente da tutti kung-fu. io preferisco usare il termine "wushu-kung fu", è il più appropriato. il wushu riunisce la maggior parte degli stili conosciuti, ma ne esistono ancora molti altri! attualmente gli stili catalogati sono 129.
La maggior parte della cultura e le usanze giapponesi derivano da quelle cinesi, ad esempio la cerimonia del te, la scrittura, il karate(sintesi delle arti marziali cinesi), ecc...
cina e giappone non sono mai andati d'accordo tra di loro, il motivo è troppo evidente! la storia ci insegna molte cose....soprattutto a capire!


Benvenuto, innanzitutto! ^^

Riguardo a quanto affermi...non è vero che Cina e Giappone non sono mai andati d'accordo, hanno convissuto pacificamente per secoli. :wink:
Non facciamo sembrare questi due Paesi come eterni nemici, basando le nostre opinioni solo sulla valutazione di un certo arco temporale, perchè è storicamente falso...Inoltre il fatto che il Giappone sia stato molto influenzato dalla Cina, non lo rende un Paese "inferiore".

Per la maggioranza degli italiani, Cina e Giappone sono la stessa cosa, e confondono allegramente queste due culture; poi naturalmente ci sono gli appassionati (una minoranza) dell'una, dell'altra, o di entrambe le nazioni, e questi ultimi è ben difficile che confondano il karate col kung fu, non sappiano che i kanji sono di derivazione cinese, o che la maggioranza dei cartoni che hanno invaso la tv italiana negli scorsi anni erano giapponesi, e non cinesi.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Alex80 »

cavallo

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 14.723
  • Sesso: Maschio
  • silvio marconi, antropologo e ingegnere
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #17 il: 31 Luglio, 2011, 16:57:05 pm »
in realtà, come dice Alex80, vi sono stati lunghi secoli in cui la Cina é stata esplicitamente vissuta come il faro culturale dalle èlites giappnesi, che non solo riconoscevano il loro debito verso la lingua, la cultura, l'arte, la musica, le arti marziali, la tecnica, ecc. cinesi ovvero ottenute (come il Buddhismo) per tramite della Cina pur avendo altra origine, ma vedevano in ci? che era cinese il massimo della perfezione, tanto che per lunghissimo tempo i letterati si esprimevano in Cinese (anche quando da secoli si era evoluta una lingua giapponese), usavano porcellane cinesi invece che  di produzione giapponese per le cerimonie del té, ecc.

perfino il fallito attacco  contro il Giappone ai tempi di quel Kubilay khan tanto caro a Marco Polo
http://it.wikipedia.org/wiki/Invasione_ ... l_Giappone
non mutò sostanzialmente questa realtà

le cose però sono radicalmente mutate con il periodo Meji e post-Meji e soprattutto quando il Giappone ha deciso di utilizzare i modelli concettuali che la modernità occidentale aveva forgiato (dal concetto di "nazionalismo" alla Costituzione, copiata da quella prussiana....) e, non a caso, ha contemporaneamente (ultimo decennio del XIX secolo) intrapreso  una serie di aggressioni contro la Cina

http://it.wikipedia.org/wiki/Giappone

da quel momento, infatti, come spiega mirabilmente la grande studiosa di origine giapponese Emiko Ohnuki-Tierney (si veda il libro "La vera storia dei kamikaze giapponesi"

http://www.hoepli.it/libro/la-vera-stor ... 592711.asp )

nei suoi lunghi capitoli iniziali dedicati alla "militarizzazione dell'estetica nell'Impero del Sol Levante" (ben anteriore all'epoca dei cosiddetti kamikaze...), fra gli altri elementi che una martellante azione istituzionale, culturale, educativa (con l'ausilio di tutti i possibili strumenti, dalle canzoni al teatro, dai primi cartoni animati alla scuola, ecc.) sviluppò verso la popolazione vi furono, intrecciati assieme:
- la copia ossessiva dell'Occidente;
- il militarismo;
- l'ipernazionalismo;
- la sinofobia con tratti razzisti di tipo coloniale (presi di peso da quelli occidentali che avevano dato prova di sé già da mezzo secolo contro i Cinesi);
- la cancellazione dalle mode, dalla Storia, da ogni ambito dell'ammissione del debito culturale verso la Cina e di ogni atteggiamento di rispetto per la Cina.

quel che successe nei decenni seguenti, compresi gli orrori di Nanjing del 1937, e fino al 1945 rappresenta un risultato coerente con tale azione "up to down" durata oltre mezzo secolo e anche dopo il 1945 il Giappone non ha mai fatto pienamente i conti con quel cinquantenjnio e le sue matrici occidentali.

a questo proposito, una delle grandi lezioni da me apprese dalla yamatologa romana (e cofondatrice di VERSORIENTE) Arianna Di Pietro
http://www.versoriente.net/default.aspò ... o=chiSiamo
é proprio il fatto che tuttora in Giappone si rimuove sistematicamente il debito culturale verso la Cina: un segno grave e gravido di conseguenze a livello di "cultura di massa" e peraltro comune a molte "invenzioni di identità" su modello occidentale.........
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

vasco reds

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 12.160
  • Sesso: Maschio
  • vasco rossi andrologo, psicoterapeuta
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #18 il: 31 Luglio, 2011, 17:45:43 pm »
non va dimenticato che sia il buddismo che le arti marziali hanno origine in india poi diffusasi in cina , giappone, corea ed il resto d'oriente
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da vascoexinhong »

cavallo

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 14.723
  • Sesso: Maschio
  • silvio marconi, antropologo e ingegnere
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #19 il: 31 Luglio, 2011, 20:34:41 pm »
il Buddhismo sì (e si é diffuso in Corea e Giappone, ecc. comunque ATTRAVERSO la Cina e subendo varie rielaborazioni in Cina....), le arti marziali citate giustamente da sirbeat no.

confondere le discipline meditativo-concentrative e le tecniche di combattimento indiane (o anche indo-persiane, per l'esattezza) con quelle di origine (come sottolineato giustamente da sirbeat) cinese (peraltro in larga misura ANTERIORI all'arrivo dall'India del Buddhismo in Cina e derivate da un contesto militare prima che meditativo, in altri casi elaborate AUTONOMAMENTE in Cina secoli dopo....) é fare confusione fra epoche e culture diverse e tra fenomeni che ebbero interconnessioni ma non nella direzione univoca India-Cina.....

per una conoscenza almeno elementare ed evitare simili confusioni:
http://it.wikipedia.org/wiki/Elenco_delle_arti_marziali
http://it.wikipedia.org/wiki/Arti_marziali_cinesi

per evitare di aderire alla errata mitizzazione del Bodhidarma (cara soprattutto alla scuola Shaolin...):
http://www.100ma.it/index.php/home/appr ... i-marziali
Molti credono che le arti marziali risalgano al VI secolo d.C. e che si siano sviluppate in Cina. Ci si basa sulla leggenda di un monaco indiano, chiamato Bodhidharma, giunto in Cina nel regno di Wei, nei monti Song Shan, nel tempio di Shao Lin. Questo monaco, insegnava un modo nuovo e diretto di approccio al Buddismo: diretto e con lunghe meditazioni (Si narra che lui stesso fosse stato in meditazione per nove anni in una caverna). Per sopportare le lunge ore di meditazione, insegnò delle tecniche di respirazione e degli esercizi per sviluppare la forza e le capacità di autodifesa.
Da questi insegnamenti è nato il dhyana o æscuola meditativa del buddismo’, chiamata in Cina Chan e in Giappone Zen.
Ma la storia ci ha dimostrato che in India e in Cina le arti marziali erano già diffuse prima dell’arrivo di Bodhidharma.Anche in Cina, come in tutto il mondo, si passò gradualmente da piccoli stati indipendenti ad una unica nazione, logicamente piccoli centri con piccoli eserciti (anche se talvolta l’esito di una guerra era affidato ad un combattimento individuale), successivamente la prosperità portò alla costruzione e alla edificazione di città e centri abitati. Alla fine del V secolo esistevano centri con più di 750.000 abitanti. L’arte della guerra, riservata agli aristocratici, divenne propria di soldati e ufficiali di professione. La guerra divenne anche più distruttiva e violenta, nacquero nuove figure legate ad essa, come quella dello stratega. Gli eserciti contavano centinaia di migliaia di uomini. Nel 300 a.C. le arti militari iniziarono a diventare arti marziali.
Nate dalle specializzazioni: militari, guardie del corpo, accompagnatori di carovane, si mescolarono con la filosofia e la religione, nutrendosi di codici e di ideali. Sono di questo periodo i grandi pensatori: Confucio e Lao-Tze (500-300 a.C.). Il primo ci ha lasciato la sua teoria sull’uomo e sulla società, il secondo ha esposto la visione mistica dell’uomo e del dao ( o tao) æla via della natura’.
I due grandi sistemi filosofici che hanno influenzato le arti marziali nella seconda metà del primo millennio a.C., sono: il taoismo e il buddismo (questo fu fondato dal principe Gautama Siddharta Buddha, nato nell’India nord-orientale, verso il 560 a.C.).


http://www.benessere.com/fitness_e_spor ... rziali.htm
Una leggenda narra d’un monaco indiano, chiamato Bodhidharma , giunto al tempio di Shao Lin (ai piedi dei monti Song Shan, nel regno di Wei, in Cina), che insegnava un approccio nuovo al buddismo, più diretto, che comprendeva anche lunghi periodi di stasi meditativa. Per aiutarli a sopportare le lunghe ore di meditazione, insegnò loro tecniche di respirazione ed esercizi per sviluppare la forza e le capacità di autodifesa nelle zone montuose dove vivevano.
Si ritiene che da questi insegnamenti sia nato il dhyana o scuola meditativa del buddismo, chiamata Chan dai cinesi e zen dai giapponesi. La tecnica di combattimento conosciuta come Shaolinquan , o "lotta del tempio di Shao Lin" , si basa probabilmente sui suoi esercizi. Si pensa che molte tecniche di combattimento cinesi e giapponesi derivino da questa tradizione.
Esistono molti dubbi sull’attendibilità di questa leggenda tuttavia, fin dall’antichità, meditazione ed esercizi marziali furono aspetti complementari del buddismo; l’uno passivo e statico, l’altro attivo e dinamico.
I libri in cui sono contenuti gli insegnamenti di Bodhidharma furono scritti tutti dopo la sua morte, inoltre tutte le testimonianze del tempio di Shao Lin andarono bruciate nel 1928, ed è molto improbabile che si possano trovare altri documenti che vedano Bodhidharma come il patriarca del Chan e delle arti marziali

e si noti che alcune delle più note "arti marziali indiane" sono addirittura...del XIX secolo (qualche...millennio successive a quelle cinesi!!!)
http://it.wikipedia.org/wiki/Gatka
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

Alex80

  • Livello: Straniero / Laowai ben inserito
  • ***
  • Post: 587
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #20 il: 31 Luglio, 2011, 21:20:55 pm »
>é proprio il fatto che tuttora in Giappone si rimuove sistematicamente il debito culturale verso la Cina

Questa frase mi sembra un po' troppo assoluta sinceramente; mentre probabilmente questa rimozione avviene a qualche livello, da quanto so nelle scuole giapponesi si studia la cultura classica cinese, quindi gli viene riconosciuta una certa importanza.
Linko il blog di una ragazza giapponese in cui parla del romanzo dei Tre regni, e di come venga studiato nelle scuole elementari giapponesi.
http://vivagiappone.jugem.jp/?eid=342

Dubito che i giapponesi non sappiano che i kanji sono di origine cinese, ed altre cose...Quindi insomma, la verità sta nel mezzo.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Alex80 »

Dubbio

  • Visitatore
(Nessun oggetto)
« Risposta #21 il: 31 Luglio, 2011, 21:47:42 pm »
E comunque il debito culturale non è un debito  :-D
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Dubbio »

Alex80

  • Livello: Straniero / Laowai ben inserito
  • ***
  • Post: 587
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #22 il: 31 Luglio, 2011, 21:54:28 pm »
Citazione da: "Dubbio"
E comunque il debito culturale non è un debito  :-D
Si parla semplicemente di influenze culturali.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Alex80 »

cavallo

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 14.723
  • Sesso: Maschio
  • silvio marconi, antropologo e ingegnere
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #23 il: 31 Luglio, 2011, 21:59:57 pm »
una cosa é studiare la cultura classica cinese e non poter negare che la scrittura giapponese sia di origine cinese (ma lo sono anche la coltivazione del riso, la poesia, l'arte, l'architettura sacra, la porcellana, il sistema di titoli, le conseguenze dei principi confuciani, le arti marziali, i ninja, la cerimonia del té, il cosiddetto zen e centinaia di altri elementi!), altro é lo sforzo, che é stato realizzato per oltre un secolo e che  continua, di "distinguersi" artificiosamente da quelle radici e negarle.

http://www.jfir.or.jp/e/special_study/s ... nver_2.htm
dove si trovano affermazioni come la seguente:
China is no more than a part of a much wider Asia. Indeed, its history as a conquered people under the rule of a number of different ethnic groups and dynasties is actually longer than that as an autonomous nation-state. One can justifiably claim that Chinese history as the history of a ethnically homogeneous state ended with the collapse of the Tang dynasty in the 10th century, and did not exist after that.
e si distingue il Giappone dall'intera Eurasia...
The Eurasian Continent and the Japanese Archipelago Face to Face

http://www.jref.com/culture/origins_jap ... ople.shtml
It is common for Japanese people to think that Japan is not part of Asia since it is an island, cut off from the continent. This tells a lot about how they see themselves in relation to their neighbours

http://users.tmok.com/~tumble/jpp/japor.html

http://www2.gol.com/users/hsmr/Content/ ... roots.html
Until 1946, Japanese schools taught a myth of history based on the earliest recorded Japanese chronicles, which were written in the eighth century. They describe how the sun goddess Amaterasu, born from the left eye of the creator god Izanagi, sent her grandson Ninigi to Earth on the Japanese island of Kyushu to wed an earthly deity. Ninigi's great-grandson Jimmu, aided by a dazzling sacred bird that rendered his enemies helpless, became the first emperor of Japan in 660 B.C. To fill the gap between 660 B.C. and the earliest historically documented Japanese monarchs, the chronicles invented 13 other equally fictitious emperors. Before the end of World War II, when Emperor Hirohito finally announced that he was not of divine descent, Japanese archeologists and historians had to make their interpretations conform to this chronicle account. Unlike American archeologists, who acknowledge that ancient sites in the United States were left by peoples (Native Americans) unrelated to most modern Americans, Japanese archeologists believe all archeological deposits in Japan, no matter how old, were left by ancestors of the modern Japanese. Hence archeology in Japan is supported by astronomical budgets, employs up to 50,000 field-workers each year, and draws public attention to a degree inconceivable anywhere else in the world
http://www.amazon.com/History-Japan-Sto ... 0312233701 libro assai interessante


lo stesso é avvenuto con un'altra cultura di una terra aggredita dal XIX secolo dai Giapponesi e che ha contribuito (autonomamente e come tramite della cultura cinese) alla cultura giapponese: la Corea
http://www.amazon.com/review/R3651T14D5 ... 1T14D52DHJJapan, an economic power today has always denied historical influnce Korean culture has had on its culture. It has even halted archeological excavations on ancient tombs because of the unwanted reality they may provide.


http://www2.gol.com/users/hsmr/Content/ ... roots.html
A second theory, unappealing to those Japanese who prefer the first theory, argues instead that the Yayoi transition represents a massive influx of immigrants from Korea, carrying Korean farming practices, culture, and genes. Kyushu would have seemed a paradise to Korean rice farmers, because it is warmer and swampier than Korea and hence a better place to grow rice. According to one estimate, Yayoi Japan received several million immigrants from Korea, utterly overwhelming the genetic contribution of Jomon people (thought to have numbered around 75,000 just before the Yayoi transition). If so, modern Japanese are descendants of Korean immigrants who developed a modified culture of their own over the last 2,000 years.

quanto al "debito": le influenze culturali diventano "debito" paradossalmente proprio quando le si nega......ed é in ogni modo significativo se sono o meno "a doppio senso"  (come ad esempio fra Bisanzio e area siro-palestinese) o " a senso unico" (come fra Cina e Giappone)...

di nuovo http://www2.gol.com/users/hsmr/Content/ ... roots.html

Who among East Asian peoples brought culture to whomò Who has historical claims to whose landò These are not just academic questions. For instance, there is much archeological evidence that people and material objects passed between Japan and Korea in the period A.D. 300 to 700. Japanese interpret this to mean that Japan conquered Korea and brought Korean slaves and artisans to Japan; Koreans believe instead that Korea conquered Japan and that the founders of the Japanese imperial family were Korean.
Thus, when Japan sent troops to Korea and annexed it in 1910, Japanese military leaders celebrated the annexation as ôthe restoration of the legitimate arrangement of antiquity.ö For the next 35 years, Japanese occupation forces tried to eradicate Korean culture and to replace the Korean language with Japanese in schools. The effort was a consequence of a centuries-old attitude of disdain. ôNose tombsö in Japan still contain 20,000 noses severed from Koreans and brought home as trophies of a sixteenth-century Japanese invasion. Not surprisingly, many Koreans loathe the Japanese, and their loathing is returned with contempt.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

Alex80

  • Livello: Straniero / Laowai ben inserito
  • ***
  • Post: 587
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #24 il: 01 Agosto, 2011, 19:59:09 pm »
Per me il concetto di "debito culturale" non ha assolutamente senso, in quanto personalmente non riconosco i concetti di nazione e nazionalità.

Io non mi considero "italiana", perchè non ho scelto di nascere in questo spazio ed in questa epoca, è tutto frutto del caso.

Laddove la mia condizione non è determinata dalle mie azioni ma dal fato, non mi riconosco nè pregi, nè difetti, nè debiti, nè crediti. Naturalmente accetto di conformarmi alle norme sociali e leggi vigenti, per una questione di sopravvivenza, ma non mi dirò mai "orgogliosa" dell'essere italiana, per capirci.

A causa di questa cosa del "debito culturale" vedo i nazionalisti cinesi, coreani e giapponesi scannarsi a più non posso nei forum in cui bazzico...questi begli argomenti li lascio volentieri a quella gente. Tra l'altro non credo assolutamente che possano esistere "debiti a senso unico", come quello supposto tra Cina e Giappone...Specie in epoca moderna, è avvenuto anche che il Giappone influenzi la Cina. I popoli si influenzano reciprocamente, ed è una cosa naturalissima che non deve creare presupposti di superiorità o inferiorità, e far parlare di "debiti", quasi a sottintendere una dovuta sudditanza di una nazione verso un'altra.

La Cina ha forse un "debito culturale" con l'Europa, dato che il comunismo  è stato concepito in Europa?

Se si legittimano questi discorsi sui debiti culturali, allora si finiscono col legittimare anche i nazionalismi, le teorie secondo le quali ci sono popoli più creativi di altri (che invece si limiterebbero  a "copiare") e tante altre farneticazioni. Io mi dissocio da questa mentalità, poi ognuno è libero di usare la terminologia che preferisce.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Alex80 »

vasco reds

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 12.160
  • Sesso: Maschio
  • vasco rossi andrologo, psicoterapeuta
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #25 il: 01 Agosto, 2011, 22:09:15 pm »
quoto
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da vascoexinhong »

cavallo

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 14.723
  • Sesso: Maschio
  • silvio marconi, antropologo e ingegnere
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #26 il: 02 Agosto, 2011, 08:07:05 am »
alex scrive numerose cose interessanti che stimolano risposte:

--------------------------------------------------------------------------------
 
Per me il concetto di "debito culturale" non ha assolutamente senso, in quanto personalmente non riconosco i concetti di nazione e nazionalità.

Io non mi considero "italiana", perchè non ho scelto di nascere in questo spazio ed in questa epoca, è tutto frutto del caso.

Laddove la mia condizione non è determinata dalle mie azioni ma dal fato, non mi riconosco nè pregi, nè difetti, nè debiti, nè crediti. Naturalmente accetto di conformarmi alle norme sociali e leggi vigenti, per una questione di sopravvivenza, ma non mi dirò mai "orgogliosa" dell'essere italiana, per capirci.

credo legittimo non sentirsi appartenente ad alcuna nazione (se leggi nella misa scheda di presentazione troverai un'affermazione di un bel canto anarchico del XIX secolo dello stesso tipo), ma quando si analizzano economie, culture, arte, Storia e lo si fa sulla base di quanto abbiamo appreso nelle scuole, é abbastanza impossibile non usare concetti come "nazione", "popolo", "cultura", altrimenti salta tutto: la Storia dell'Arte, la descrizione dei conflitti fra nazioni, l'analisi dei fenomeni macroeconomici, ecc.

quindi io distinguo quel che mi sento dentro dalle analisi, dagli studi, dagli approfondimenti per i quali certi concetti non sono eliminabili; per provarlo basta tentare di eliminarli parlando del Futurismo, della Guerra dei Trent'Anni, della Rivoluzione Industriale, della musica di Verdi, della Costituzione Italiana, del. colonialismo, ecc.

A causa di questa cosa del "debito culturale" vedo i nazionalisti cinesi, coreani e giapponesi scannarsi a più non posso nei forum in cui bazzico...questi begli argomenti li lascio volentieri a quella gente.
in realtà, uno degli aspetti caratteristici dei nazionalismi di ogni luogo é proprio.....negare le influenze culturali ed ho già detto che paradossalmente é proprio tale negazione che trasforma fenomeni storici che vengono censurati in "debiti" che non si vogliono onorare e tale negazione é una delle caratteristiche (necessarie per poter disprezzare come "inferiori" gli "altri" che si colonizzano) del pensiero occidentale dell'età coloniale e post-coloniale (esportata poi altrove, Giappone compreso), come spiega assai bene Bernal in "Athena Nera" (circa la rimozione delle radici afromediorientali della cultura greca operata dagli studiosi al servizio delle idee coloniali europee) ed altri esempi li fa Bellafiore circa le falsificazioni relative alla negazione delle radici islamiche della cosiddetta architettura "gotica" e "normanna" e se ne potrebbero fare a centinaia, compresi quelli da me citati in posts precedenti circa le radici cinesi e coreane di aspetti determinanti della cultura che in Giappone dall'epoca Meji e post-Meji in poi si é stati portatia credere "autoctoni"....
 in questi casi si tratta di "debito" eccome, almeno finché non si ristabilisce la verità storica

Tra l'altro non credo assolutamente che possano esistere "debiti a senso unico", come quello supposto tra Cina e Giappone...Specie in epoca moderna, è avvenuto anche che il Giappone influenzi la Cina. I popoli si influenzano reciprocamente, ed è una cosa naturalissima che non deve creare presupposti di superiorità o inferiorità, e far parlare di "debiti", quasi a sottintendere una dovuta sudditanza di una nazione verso un'altra.

Influenze a senso unico esistono eccome, soprattutto in epoca pre-industriale, che rappresenta circa il 98% della Storia dell'Umanità:
- se si analizzano campi specifici (ad esempio la carta, la seta, la porcellana, la coltivazione del riso, ecc. sono nati in Cina e l'Occidente in questi campi non ha influenzato la Cina fino al XIX secolo in alcun modo; il Buddhismo é nato in India e raggiunto Cina, Giappone, ecc. e la Cina, il Giappone, la Corea  non hanno esportato alcuna religione in India, ecc.);
- se si tiene conto del processo acquisitivo di nozioni, tecniche, conoscenze che pu? non essere affatto a doppio senso (ad esempio nei casi sopra-citati ed in mille altri):
- se si tiene conto delle conseguenze delle migrazioni spontanee o forzate (ad esempio Bulgari e Magiari vengono dall'Asia Centrale, Arabi in Nordafrica vengono dall'Arabia, mentre non vi sono state migrazioni in senso opposto fra quelle regioni), delle deportazioni (ad esempio dei Neri dall'Africa alle Americhe e non degli autoctoni americani in Africa), dell'imposizione a popoli conquistati di concezioni, espressioni artistiche, consumi dei nuovi dominatori (processo di deculturazione e riacculturazione forzata),  che spesso sono a senso unico, specie appunto, ma non solo, prima dell'età industriale;
in età coloniale-postcoloniale, industriale, figlia della prima globalizzazione di concetti e pratiche occidentali (fra cui quello di "nazione"....) la cosa diventa più complessa, ma si basa su elementi di egemonia, ad esempio come la moda della Coca-Cola (o di quel jazz che pure é figlio dei sincretismi afroamericani) fuori dagli USA; per capirsi, basta fare il raffronto fra la diffusione di mode, consumi, tecnologie, concezioni madeinUSA in Perù, in Ghana, in Bangladesh, in Portogallo, in Danimarca,  ecc. e di mode di quei Paesi negli USA.....

questo non giustifica alcun senso di "superiorità" ma non si pu? affatto negare che ci siano influenze reciproche ed influenze a senso unico determinate da fattori STORICI, fra cui va considerata l'egemonia economica, militare, culturale di una società su altre, in un determinato periodo.

in genere sono proprio le società in cui dominano gruppi suprematisti che, negando queste influenze e soprattutto quelle a senso unico VERSO DI LORO NEL PASSATO (sono quelle che danno più fastidio ai suprematisti che cercano di  far credere che la loro società é "superiore"!) trasformano tali influenze in "debito" (naturalmente negato e non pagato.....), perché negano le vicende (spesso terribili) che hanno portato a quegli apporti (spesso niente affatto volontari, come nel caso dei Neri nelle Americhe, delle schiave musulmane nella musica provenzale, degli artigiani della carta cinesi prigionieri  nel Mondo Islamico, degli artisti greci schiavi a Roma, ecc.)

La Cina ha forse un "debito culturale" con l'Europa, dato che il comunismo è stato concepito in Europa?
prima del XIX secolo in Cina non esistevano né i concetti di "nazione", né tantomeno elaborazioni di tipo marxiano, quindi si tratta di "import" dall'Europa, certamente! ma non sempre quando si importa si copia e basta, specie se si ha una continuità storica plurimillenaria e così la versione maoista (non quella iniziale strumento del Komintern dominato da Mosca....) del marxismo-leninismo in Cina é RADICALMENTE OPPOSTA in alcuni elementi concettuali (ad esempio il ruolo delle classi operaia e contadina nella Rivoluzione) a quella di marx e lenin, oltre che radicata su concezioni imperiali e comunitarie cinesi millenarie (assenti in Europa)  il che non muta il fatto che il marxismo ha certo origine dalla filosofia tedesca e non da quella indiana, peruviana, cinese o giapponese.....

Se si legittimano questi discorsi sui debiti culturali, allora si finiscono col legittimare anche i nazionalismi, le teorie secondo le quali ci sono popoli più creativi di altri (che invece si limiterebbero a "copiare") e tante altre farneticazioni. Io mi dissocio da questa mentalità, poi ognuno è libero di usare la terminologia che preferisce.
ritengo errato confondere "nazione", "etnia", "cultura" con "nazionalismo" (sebbene sia ovvio che non si pu? avere nazionalismo in assenza del concetto di nazione, ossia....prima della diffusione del concetto nato in Europa sul finire del XVIII secolo!) e anche confondere "nazionalismo" in ogni caso con "le teorie secondo le quali ci sono popoli più creativi di altri" (ad esempio Sun Yat-sen era nazionalista eccome ma non abbracciava simili deliranti teorie....).

nessun popolo si limita a copiare, tutti elaborano, rielaborano, acquisiscono, importano ed esportano idee, tecniche, merci, mode, ecc., e se lo fanno in modi e quantità che sono INNEGABILMENTE DIVERSE (basta confrontare quanti-qualitativamente gli apporti alla Storia umana di Valle dell'Indo, Bacino del Fiume Giallo, Mesopotamia, Scandinavia, Altipiano Andino, ecc. con quelli di Madagascar, Pirenei, Scozia, Bacino del Danubio)  non dipende affatto da caratteristiche intrinseche, da false inferiorità, ma da vicende storiche e da condiziioni geografiche/ecosistemiche (lo spiega egregiamente Felipe Fernandez-Armesto in "La nascita delle Civiltà"): migrazioni, invasioni, ecosistemi, rapporto col territorio, carovaniere, rotte, continuità istituzionali-concettuali, demografia, egemonie, commerci, ideologie, ecc.

insomma...Storia.

ricordo a questo proposito che é stato dimostrato (si vedano Armesto, Cavalli-Sforza, ecc.) che:
- ci vuole meno tempo e sforzo collettivo per acquisire dall'esterno una tecnologia /una pratica colturale/di allevamento, una religione che elaborarla in proprio;
- serve una massa critica demografica (possibile solo in taluni ecosistemi e non in altri) per poter produrre certe tecnologie, certe istituzioni, certe concezioni, certe pratiche, certe potenzialità economiche e militari, certe capacità commerciali, tanto più certe possibilità di costruire egemonia attorno a sè;
- le aree che hanno maggiori scambi commerciali producono SEMPRE maggiore innovazione in tutti i campi, materiali ed immateriali; esistono comunque anche export (portatori di stili, valori, mode specie di lusso) senza riscontro in un import: ad esempio la seta giungeva (attraverso numerose intermediazioni, mai per contatto diretto) nella Roma antica e poi a Bisanzio, ma nessun prodotto (tantomeno artistico o tessile) giungeva in Cina da quelle regioni nell'antichità!
- tali "scambi" commerciali non sono MAI basati su equità, ma sempre su squilibri e su egemonie, che fanno sì che spesso siano a senso unico (ad esempio, la Cina dall'VIII al XVI secolo....non importava quasi nulla perché....produceva quasi tutto: perfino gli Inglesi feceero la guerra dell'oppio nel XIX secolo per imporre un modo di pagamento diverso dall'oro per il té cinese!!!!) e spesso (era il caso della Cina Ming) concepiti come "tributi dovuti e doni di ricambio"!
- vi sono innumerevoli casi antichi  di "spionaggio" di tecniche da parte di chi non le possiede ai danni di chi le possiede e intenderebbe mantenerne il segreto: basti ricordare quelli medievali relativi all'allevamento del baco da seta e alla produzione della seta o quello settecentesco relativo alle tecniche della porcellana, entrambi AI DANNI del monopolio tecnico-produttivo della Cina nei due settori.

infine, proprio le fasi "suprematiste" di singole società (da quella romana d'occidente a quella iberocattolica, da quella asburgica a quella nazista, da quella nipponica moderna a quella USA....) e quelle di ripiegamento su se stessi e  chiusura all'esterno (compresa la fase cinese dopo le grandi spedizioni marittime dei primi decenni del XIV secolo  di Zheng He 1371-1433)....sono quelle che le avviano alla crisi e talora al suicidio di un modello
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

vasco reds

  • Livello: Cittadino del Mondo
  • *****
  • Post: 12.160
  • Sesso: Maschio
  • vasco rossi andrologo, psicoterapeuta
    • Mostra profilo
(Nessun oggetto)
« Risposta #27 il: 02 Agosto, 2011, 11:11:23 am »
Citazione da: "cavallo"
 alex scrive numerose cose interessanti che stimolano risposte:

--------------------------------------------------------------------------------
 
Per me il concetto di "debito culturale" non ha assolutamente senso, in quanto personalmente non riconosco i concetti di nazione e nazionalità.

Io non mi considero "italiana", perchè non ho scelto di nascere in questo spazio ed in questa epoca, è tutto frutto del caso.

Laddove la mia condizione non è determinata dalle mie azioni ma dal fato, non mi riconosco nè pregi, nè difetti, nè debiti, nè crediti. Naturalmente accetto di conformarmi alle norme sociali e leggi vigenti, per una questione di sopravvivenza, ma non mi dirò mai "orgogliosa" dell'essere italiana, per capirci.

credo legittimo non sentirsi appartenente ad alcuna nazione (se leggi nella misa scheda di presentazione troverai un'affermazione di un bel canto anarchico del XIX secolo dello stesso tipo), ma quando si analizzano economie, culture, arte, Storia e lo si fa sulla base di quanto abbiamo appreso nelle scuole, é abbastanza impossibile non usare concetti come "nazione", "popolo", "cultura", altrimenti salta tutto: la Storia dell'Arte, la descrizione dei conflitti fra nazioni, l'analisi dei fenomeni macroeconomici, ecc.

quindi io distinguo quel che mi sento dentro dalle analisi, dagli studi, dagli approfondimenti per i quali certi concetti non sono eliminabili; per provarlo basta tentare di eliminarli parlando del Futurismo, della Guerra dei Trent'Anni, della Rivoluzione Industriale, della musica di Verdi, della Costituzione Italiana, del. colonialismo, ecc.

A causa di questa cosa del "debito culturale" vedo i nazionalisti cinesi, coreani e giapponesi scannarsi a più non posso nei forum in cui bazzico...questi begli argomenti li lascio volentieri a quella gente.
in realtà, uno degli aspetti caratteristici dei nazionalismi di ogni luogo é proprio.....negare le influenze culturali ed ho già detto che paradossalmente é proprio tale negazione che trasforma fenomeni storici che vengono censurati in "debiti" che non si vogliono onorare e tale negazione é una delle caratteristiche (necessarie per poter disprezzare come "inferiori" gli "altri" che si colonizzano) del pensiero occidentale dell'età coloniale e post-coloniale (esportata poi altrove, Giappone compreso), come spiega assai bene Bernal in "Athena Nera" (circa la rimozione delle radici afromediorientali della cultura greca operata dagli studiosi al servizio delle idee coloniali europee) ed altri esempi li fa Bellafiore circa le falsificazioni relative alla negazione delle radici islamiche della cosiddetta architettura "gotica" e "normanna" e se ne potrebbero fare a centinaia, compresi quelli da me citati in posts precedenti circa le radici cinesi e coreane di aspetti determinanti della cultura che in Giappone dall'epoca Meji e post-Meji in poi si é stati portatia credere "autoctoni"....
 in questi casi si tratta di "debito" eccome, almeno finché non si ristabilisce la verità storica

Tra l'altro non credo assolutamente che possano esistere "debiti a senso unico", come quello supposto tra Cina e Giappone...Specie in epoca moderna, è avvenuto anche che il Giappone influenzi la Cina. I popoli si influenzano reciprocamente, ed è una cosa naturalissima che non deve creare presupposti di superiorità o inferiorità, e far parlare di "debiti", quasi a sottintendere una dovuta sudditanza di una nazione verso un'altra.

Influenze a senso unico esistono eccome, soprattutto in epoca pre-industriale, che rappresenta circa il 98% della Storia dell'Umanità:
- se si analizzano campi specifici (ad esempio la carta, la seta, la porcellana, la coltivazione del riso, ecc. sono nati in Cina e l'Occidente in questi campi non ha influenzato la Cina fino al XIX secolo in alcun modo; il Buddhismo é nato in India e raggiunto Cina, Giappone, ecc. e la Cina, il Giappone, la Corea  non hanno esportato alcuna religione in India, ecc.);
- se si tiene conto del processo acquisitivo di nozioni, tecniche, conoscenze che pu? non essere affatto a doppio senso (ad esempio nei casi sopra-citati ed in mille altri):
- se si tiene conto delle conseguenze delle migrazioni spontanee o forzate (ad esempio Bulgari e Magiari vengono dall'Asia Centrale, Arabi in Nordafrica vengono dall'Arabia, mentre non vi sono state migrazioni in senso opposto fra quelle regioni), delle deportazioni (ad esempio dei Neri dall'Africa alle Americhe e non degli autoctoni americani in Africa), dell'imposizione a popoli conquistati di concezioni, espressioni artistiche, consumi dei nuovi dominatori (processo di deculturazione e riacculturazione forzata),  che spesso sono a senso unico, specie appunto, ma non solo, prima dell'età industriale;
in età coloniale-postcoloniale, industriale, figlia della prima globalizzazione di concetti e pratiche occidentali (fra cui quello di "nazione"....) la cosa diventa più complessa, ma si basa su elementi di egemonia, ad esempio come la moda della Coca-Cola (o di quel jazz che pure é figlio dei sincretismi afroamericani) fuori dagli USA; per capirsi, basta fare il raffronto fra la diffusione di mode, consumi, tecnologie, concezioni madeinUSA in Perù, in Ghana, in Bangladesh, in Portogallo, in Danimarca,  ecc. e di mode di quei Paesi negli USA.....

questo non giustifica alcun senso di "superiorità" ma non si pu? affatto negare che ci siano influenze reciproche ed influenze a senso unico determinate da fattori STORICI, fra cui va considerata l'egemonia economica, militare, culturale di una società su altre, in un determinato periodo.

in genere sono proprio le società in cui dominano gruppi suprematisti che, negando queste influenze e soprattutto quelle a senso unico VERSO DI LORO NEL PASSATO (sono quelle che danno più fastidio ai suprematisti che cercano di  far credere che la loro società é "superiore"!) trasformano tali influenze in "debito" (naturalmente negato e non pagato.....), perché negano le vicende (spesso terribili) che hanno portato a quegli apporti (spesso niente affatto volontari, come nel caso dei Neri nelle Americhe, delle schiave musulmane nella musica provenzale, degli artigiani della carta cinesi prigionieri  nel Mondo Islamico, degli artisti greci schiavi a Roma, ecc.)

La Cina ha forse un "debito culturale" con l'Europa, dato che il comunismo è stato concepito in Europa?
prima del XIX secolo in Cina non esistevano né i concetti di "nazione", né tantomeno elaborazioni di tipo marxiano, quindi si tratta di "import" dall'Europa, certamente! ma non sempre quando si importa si copia e basta, specie se si ha una continuità storica plurimillenaria e così la versione maoista (non quella iniziale strumento del Komintern dominato da Mosca....) del marxismo-leninismo in Cina é RADICALMENTE OPPOSTA in alcuni elementi concettuali (ad esempio il ruolo delle classi operaia e contadina nella Rivoluzione) a quella di marx e lenin, oltre che radicata su concezioni imperiali e comunitarie cinesi millenarie (assenti in Europa)  il che non muta il fatto che il marxismo ha certo origine dalla filosofia tedesca e non da quella indiana, peruviana, cinese o giapponese.....

Se si legittimano questi discorsi sui debiti culturali, allora si finiscono col legittimare anche i nazionalismi, le teorie secondo le quali ci sono popoli più creativi di altri (che invece si limiterebbero a "copiare") e tante altre farneticazioni. Io mi dissocio da questa mentalità, poi ognuno è libero di usare la terminologia che preferisce.
ritengo errato confondere "nazione", "etnia", "cultura" con "nazionalismo" (sebbene sia ovvio che non si pu? avere nazionalismo in assenza del concetto di nazione, ossia....prima della diffusione del concetto nato in Europa sul finire del XVIII secolo!) e anche confondere "nazionalismo" in ogni caso con "le teorie secondo le quali ci sono popoli più creativi di altri" (ad esempio Sun Yat-sen era nazionalista eccome ma non abbracciava simili deliranti teorie....).

nessun popolo si limita a copiare, tutti elaborano, rielaborano, acquisiscono, importano ed esportano idee, tecniche, merci, mode, ecc., e se lo fanno in modi e quantità che sono INNEGABILMENTE DIVERSE (basta confrontare quanti-qualitativamente gli apporti alla Storia umana di Valle dell'Indo, Bacino del Fiume Giallo, Mesopotamia, Scandinavia, Altipiano Andino, ecc. con quelli di Madagascar, Pirenei, Scozia, Bacino del Danubio)  non dipende affatto da caratteristiche intrinseche, da false inferiorità, ma da vicende storiche e da condiziioni geografiche/ecosistemiche (lo spiega egregiamente Felipe Fernandez-Armesto in "La nascita delle Civiltà"): migrazioni, invasioni, ecosistemi, rapporto col territorio, carovaniere, rotte, continuità istituzionali-concettuali, demografia, egemonie, commerci, ideologie, ecc.

insomma...Storia.

ricordo a questo proposito che é stato dimostrato (si vedano Armesto, Cavalli-Sforza, ecc.) che:
- ci vuole meno tempo e sforzo collettivo per acquisire dall'esterno una tecnologia /una pratica colturale/di allevamento, una religione che elaborarla in proprio;
- serve una massa critica demografica (possibile solo in taluni ecosistemi e non in altri) per poter produrre certe tecnologie, certe istituzioni, certe concezioni, certe pratiche, certe potenzialità economiche e militari, certe capacità commerciali, tanto più certe possibilità di costruire egemonia attorno a sè;
- le aree che hanno maggiori scambi commerciali producono SEMPRE maggiore innovazione in tutti i campi, materiali ed immateriali; esistono comunque anche export (portatori di stili, valori, mode specie di lusso) senza riscontro in un import: ad esempio la seta giungeva (attraverso numerose intermediazioni, mai per contatto diretto) nella Roma antica e poi a Bisanzio, ma nessun prodotto (tantomeno artistico o tessile) giungeva in Cina da quelle regioni nell'antichità!
- tali "scambi" commerciali non sono MAI basati su equità, ma sempre su squilibri e su egemonie, che fanno sì che spesso siano a senso unico (ad esempio, la Cina dall'VIII al XVI secolo....non importava quasi nulla perché....produceva quasi tutto: perfino gli Inglesi feceero la guerra dell'oppio nel XIX secolo per imporre un modo di pagamento diverso dall'oro per il té cinese!!!!) e spesso (era il caso della Cina Ming) concepiti come "tributi dovuti e doni di ricambio"!
- vi sono innumerevoli casi antichi  di "spionaggio" di tecniche da parte di chi non le possiede ai danni di chi le possiede e intenderebbe mantenerne il segreto: basti ricordare quelli medievali relativi all'allevamento del baco da seta e alla produzione della seta o quello settecentesco relativo alle tecniche della porcellana, entrambi AI DANNI del monopolio tecnico-produttivo della Cina nei due settori.

infine, proprio le fasi "suprematiste" di singole società (da quella romana d'occidente a quella iberocattolica, da quella asburgica a quella nazista, da quella nipponica moderna a quella USA....) e quelle di ripiegamento su se stessi e  chiusura all'esterno (compresa la fase cinese dopo le grandi spedizioni marittime dei primi decenni del XIV secolo  di Zheng He 1371-1433)....sono quelle che le avviano alla crisi e talora al suicidio di un modello


non hai capito nulla di quelli che ha scritto alexia e dubbio....
se non ci sono debiti non c'è nulla da "onorare"....
 :roll:
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da vascoexinhong »