rileggiamo questo (che era già di aprile, e conteneva dati chiarissimi ed indiscutibili, ma che molti amano ignorare...): aiuta a capire e discernere il falso dal vero:
http://www.linkiesta.it/anche-nel-vino-l-italia-non-sfonda-cinaSu 100 bottiglie di vino che vengono importate in Cina, 6 sono italiane e ben 55 provendono dalla Francia. In dieci anni, inoltre, l’Italia ha dimezzato le proprie quote di mercato nel Paese, che nel 2020 sarà il primo mercato al mondo Se ci si concentra sui trend relativi alle quote di mercato (fonte: Nomisma) si può osservare invece una crescita del vino italiano in quasi tutti i Paesi, a eccezione di Brasile e Cina.
Cina e Brasile rappresentano attualmente le locomotive dell’economia mondiale e ciò vale anche per il comparto vinicolo. Già oggi la Cina è il quinto mercato al mondo per quantità di vino consumata e secondo numerosi analisti diventerà il primo entro il 2020. In secondo luogo perché i principali clienti dei produttori vinicoli italiani sono quei Paesi occidentali che, risentendo maggiormente della crisi, rischiano di diminuire la loro domanda verso prodotti di questo tipo. Svilupparsi in mercati dove esistono comunità italiane molto numerose come negli Stati Uniti significa “vincere facile” mentre la vera sfida è laddove il consumo cresce ma dove l’Italia è poco presente in tutti i sensi.
In Cina attualmente il comparto dei vini importati è assolutamente dominato dai produttori francesi mentre l’Italia, negli ultimi dieci anni, ha visto ridursi la propria quota di mercato dal 14,2% del 2001 al 6,5% del 2011. Quindi, nonostante i risultati positivi ottenuti nel 2010 e nel 2011 e i proclami trionfali di molte istituzioni, in Cina il vino italiano si trova ancora in una posizione marginale.
I transalpini si dimostrano più bravi di noi nel marketing, nella promozione dei prodotti e nella comunicazione, risultando così vincenti in un mercato come la Cina, un Paese dove il vino è un prodotto style-simbol, in cui gran parte dei consumatori dimostra una scarsa conoscenza dei marchi e un modestissimo livello di educazione eno-gastronomica.
Nel modello francese è quindi fondamentale il rapporto produttore-distributore, dove per distributore però, non s’intende la grande distribuzione organizzata, che in Cina conta solo per il 15% del mercato, ma l’importatore. I produttori francesi hanno infatti investito, negli ultimi anni, ingenti risorse per aiutare gli importatori/distributori a collocare i propri prodotti sul mercato e sono appunto gli investimenti in marketing che hanno portato alla grande differenza in termini di quota di mercato tra vini francesi e vini italiani sul mercato cinese. I francesi, inoltre, hanno investito milioni di euro per alimentare una presenza diretta sul territorio che conta circa 1.500 persone, in gran parte venditori e con la presenza anche di giovani di origine francese, dedicati al settore.
L’Italia, invece, è ancora alle prese con modelli superati, come la ricerca di un agente/importatore nelle fiere, che spesso ha significato lasciare la vendita dei propri vini nelle mani di un importatore spesso francese o spagnolo che non ha dunque il minimo interesse a promuovere la vendita del prodotto italiano.