Credo che non dovremmo concentrarci sul concetto di
Morte, oscuro a tutti noi, ma bensì sul nostra visione della
Vita: per quanto il medico voglia e abbia il dovere di tutelare la sopravvivenza biologica del paziente, egli non pu? far nulla sulla psiche e sulla mente di questo individuo.
Seguendo il post di Levin, Piergiorgio Welby non aveva alcuna minima possibilità di riprendere una vita dignitosa, sia perchè la ricerca non è ancora arrivata a terapie efficaci, sia perchè senza eutanasia le sue aspettative di vita non andavano oltre a 6 mesi di vita in più. E' così che il povero Welby ha perso ogni contatto col significato di Vita, per lui il concetto di Vita è morto 20 anni prima, non era più un uomo, ma solo un suo surrogato.
Sicuramente Vita e Morte non sono diritti, ma come la Natura ci concede la possibilità di esistere, altrettanto facilmente ci agnenta all'improvviso, trasformandoci dinuovo in cenere.
Anche il cattolico più ostinato pu? cambiare opinione se vive personalmente questa esperienza: la stessa compagna di Welby ha condiviso fino all'ultimo la sua scelta, perchè sapeva benissimo che presto o poi doveva lasciare questo mondo, e ha preferito che lo facesse nel modo più calmo possibile (a differenza di Luca Coscioni, che ha fisicamente sofferto).
Concludo: sono d'accordo che Vita e Morte non siano dei diritti, ma è altrettanto vero che la Vita è fatta di compromessi difficili da fare, e che spesso ci mette alla prova con difficili situazioni come queste; le leggi per l'appunto non devono essere per forza
giuste, ma devono tutelare le possibilità di agire di ogni singolo individuo.
Se qualcuno cerca lasciare questo mondo nel modo meno doloroso possibile, che male pu? fare al suo prossimo?
"La mie libertà finiscono dove iniziano quelle degli altri"