Eppure io credo che qualcosa sia cambiato: parlo per me, almeno.
Una decina di anni fa la morte mi faceva paura. L'idea che qualcuno potesse uccidere qualcun'altro non mi avrebbe fatto dormire la notte. Vedevo i servizi sulla Guerra del Golfo, le bombe che cascavano, le immagini dei feriti, e provavo un senso di inquietudine.
Oggi, sarà che per il lavoro/studio che mi ritrovo a fare con la morte mi ci confronto ogni giorno; sarà che le TV ci bombardano con notizie di omicidi, vittime di guerra ed altre forme di violenza, con i loro bollettini di morti e feriti; ma quelle stesse notizie che 10 anni fa mi turbavano oggi rientrano in una routine che non mi consente di percepirle emotivamente. Con questo, non dico che troverei normale prendere una sega circolare ed andare a fare a pezzi il mio vicino di casa...Però una notizia del genere, non mi tocca più come prima. Come se, alla fine, tutto ci? sia diventato di "normale amministrazione".
E' come se ci avessi "fatto il callo". E non è normale.
Non voglio fare il sociologo, perchè non lo sono. Non accuso Tarantino (che, tra l'altro considero un genio) ne i video-games (con i quali son cresciuto, insieme ai libri, alla musica ed allo sport). Ho avuto dei genitori che mi hanno seguito, pur lasciandomi sempre molta libertà d'azione ed autonomia di pensiero fin da adolescente.
Forse si parla troppo di morte. Troppo di violenza. In servizi di 2-3 minuti, che fanno sparire la persona, riducendola ad un numero, ad una circostanza di morte, ad un fatto di cronaca. E facendocela percepire, alla lunga, srvizio dopo servizio, esclusivamente come tale. Come se la vita e la morte, alla fine dei conti, fossero cose che non ci riguardassero...