chi rimarrà in paolo sarpi? - page 2 - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: chi rimarrà in paolo sarpi?  (Letto 7185 volte)

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babo

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« Risposta #15 il: 30 Giugno, 2007, 05:36:22 am »
Citazione da: "LiPo"
In risposta a Babo trovo che il concetto di ghetto etnico visto così sia personalmente abbastanza semplicistico. Voglio dire, a Milano il quadrilatero della Moda è allora molto più "ghetto" di ogni possibile Chinatown esistente al mondo: il senso di esclusione dal resto delle persone normali è totale. In fondo è molto più ghettizzante non entrare in una discoteca per motivi che nessuno sa (ghettizzazione da conto bancario). Inoltre, prendiamo il caso opposto, una comunità non riunita in un unico quartiere ma sparpagliata nel tessuto urbano. Forse che questo la rende più integrata ? Assolutamente no. Gli arabi a Milano sono ovunque (con preponderanza nel quartiere Morgantini e in via Padova)  non hanno una "Arabiacity", ma non per questo si pu? dire siano più integrati. Tutt'altro. Per giunta tramano anche contro alla città. Oppure prendiamo il caso della comunità filippina, la prima per dimensioni a Milano. Anche questa è sparsa per la città (con una leggera concentrazione in zona 1). Ebbene ? Il fatto di essere sparpagliata non la rende "integrata" bensì "invisibile". E' come se non ci fosse. Un po' come i fuoricasta in India. Idem per gli egiziani. Invisibili. Questa è una forma di ghettizzazione molto più violenta di quella del ghetto; oltrettutto aiuta le persone a non domandarsi nulla. In più mantenendo la coscienza in ordine.
Io sono per le porte colorate con i draghi. Che è come dire sono per le sinagoghe e per tutto ci? che è portatore di senso. Magari qualcuno penserà al ghetto, ma qualcun altro passerà un tantino oltre e si domanderà: ma cosa significa il drago per la cultura cinese ?
[/quote]
Io sono una persona semplice come tante ed e' questo il messaggio che mi arriva: la porta e' una soglia che separa 2 mondi diversi, anche se e' aperta e posso attraversarla, e' come entrare in una realta' a me estranea.
Se esistono "ghetti" peggiori e' un altro problema, qui si parlava di un eventuale Chinatown. Si dovrebbe lavorare per abolire le barriere e non crearne di nuove, facendo emergere anche le altre comunita'.
 "Mettere le porte" e' come viziare le prime generazioni, arrendersi alla loro apatia e miopia,  facendole cullare nell'illusione di vivere nella loro piccola Cina fuori dal tempo e dal mondo. Alla fine danneggia anche le volenterose 2g. Sinceramente non penso che ne abbiamo bisogno. Filippini e arabi non avranno raggiunto il massimo dell'integrazione, ma sempe meglio che Little Cairo/Manila.
Questa e' la mia considerazione e come ho gia' detto, da quello che sento in giro, non e la sola. Purtroppo anche semplici simboli sono portatori di messaggi piu' complessi: durante i disordini a Paolo Sarpi sono apparse bandiere della RPC, simbolo di appartenenza ad un comunita' separata dall'Italia e alla fine e' questo quello che ha destato piu' attenzione, poiche' per il resto simili "rivolte" sono avvenute e avvengono in altre parti d'Italia. Pensa a quale sarebbe stato il messaggio se fossero apparse bandiere italiane, la protesta avrebbe assunto tutt'altro significato,
ma vivendo in una chinatown...
Questa e' la mia considerazione e come ho gia' detto, da quello che sento in giro, non e la sola. Ovviamente non mi aspetto che tu la condivida.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da babo »

LiPo

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« Risposta #16 il: 01 Luglio, 2007, 12:47:01 pm »
Vediamo se riusciamo ad arrivare a un punto costruttivo perchè se ognuno rimane sulle proprie idee, primo è la dimostrazione che già non c'è integrazione tra i nostri pensieri, secondo che abbiamo buttato nel cesso il nostro tempo. Personalmente come sai non sono d'accordo con il messaggio che leggi dietro al portale (magari la realtà aprisse a infiniti mondi a me estranei !!!); però capisco il tuo punto di vista e so benissimo che è anche molto condiviso (anche se faccio più fatica a capire l'associazione Chinatown=ghetto: le Chinatown di San Francisco o di New York sono i quartieri con il più alto numero di turisti rispettivamente delle due città; sono tutto tranne che ghetti, sono mondi vivacissimi e pieni di energia, che danno molto alle rispettive città d'appartenenza; quando la Chinatown di New York agli inizi degli anni 80 superò in grandezza quella di San Francisco nella grande Mela ci fu quasi una festa; vero orgoglio municipalistico. Le Chinatown non sono mai dei ghetti perchè vivono sul lavoro e il tenore di vita complessivo è sempre alto. Questo anche a Milano dove la nostra Chinatown è un mondo magnifico e contribuisce tantissimo all'economia della città. E'una ricchezza in termini economici come ha dimostrato la Bocconi, non una sacca. Cmq, tornando alle porte : e se al posto di portali ci fosse una colonna, o un monumento che recitasse il messaggio della comunità cinese come ringraziamento alla città che ha permesso loro di espandersi e che sia un invito a conoscerla e non un ostacolo ad allontanarla, pensi che la gente potrebbe vederlo in maniera più positiva ? Voglio dire posto che non si pu? negare il diritto alle persone di andare a vivere o lavorare dove vogliono, quello non sarebbe uno dei modi per rendere il quartiere più "bello", accogliente e aperto agli occhi degli italiani ?
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da LiPo »
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babo

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« Risposta #17 il: 01 Luglio, 2007, 14:00:47 pm »
Le chinatown non sono negative in se' ma sono un'ostacolo verso l'integrazione di una comunita', e' la riprova della divisione tra la comunita' cinese e il resto della citta'. Se funzionano economicamente e come attrazione turistica non centra nulla con il processo di integrazione, io parlo di percezione della diversita' e della distanza che non dovrebbe aumentare ma essere colmata. E' come dire di qua i cinesi e il resto dall'altra parte. Dopo i fatti di Milano, forse sarebbe fuori luogo ribadire l'identita' cinese, sarebbe come ravvivare la fiamma dell'intolleranza: se poi come e' stato appurato, la grande maggioranza dei residenti sono italiani, ma che chinatown sarebbe?
Tutto questo per dire che anche gli orpelli sono portatori di messaggi ben precisi e occorre riflettere su come questi vengono percepiti prima di procedere a iniziative del genere. Creare una chinatown a Milano o da altra parti a mio parere va contro l'idea (forse solo la mia) di integrazione, ma forse andrebbe a vantaggio del quieto vivere, come sostengono alcuni, poiche' la divisione evita lo scontro....e l'incontro.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da babo »

LiPo

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« Risposta #18 il: 01 Luglio, 2007, 23:54:02 pm »
Probabilmente dovremmo riflettere maggiormente sul significato di integrazione. Cos'è per davvero l'integrazione ? Diventare come il paese che ti ospita ? Dismettere la propria identità culturale per assumerne forzatamente un'altra ? O rispettare semplicemente le regole sociali ? O ancora, servire alla comunità ? Sposarsi ? Parlare la lingua ? Quando si pu? dire di una persona che è integrata ? E le singole persone di una comunità possono essere integrate e non esserlo la comunità ? Esistono per davvero comunità integrate ? Se gli unici quartieri etnici sono quelli cinesi, le altre comunità non raggruppate in quartieri ad hoc sono integrate ? O vicversa non lo sono ? I neri del centro Africa assolutamente sparpagliati nella città sono più integrati ? La lingua pu? costituire un deterrente soprattutto nei membri più anziani all'apertura della comunità ? esistono lingue più lontane e lingue più vicine al nostro paese ? Perchè a Milano c'è una comunità francese, perchè una svedese totalmente chiusa in se stessa (con locali, giorni della sett, aperitivi solo per svedesi), perchè esistono circoli di australiani dove possono entrare soltanto i cittadini dell'ultimo continente ? (all'ingresso devi mostrare la C.I. australiana altrimenti non entri). Perchè gli ebrei hanno sempre creato quartieri ad hoc suscitando l'ira dei nazisti ? La posizione dei nazisti allora nei cfr dell'autoghettizzazione degli ebrei pu? essere giustificata ? Bisogna impedire che il simile vada ad abitare o vivere vicino a chi gli è simile ? E allora perchè in Cina a Shanghai la comunità degli stranieri è tutta arroccata attorno a una zona specifica ? Perchè gli stranieri che vivono a Shanghai non si mischiano con la poplazione locale ? Perchè i turisti a Kathmandu sono tutti nel Thamel ? E perchè però i turisti stranieri amano così tanto il Thamel ? Esistono leggi che possono impedire alle persone di una stessa razza di trovarsi tra di loro e di negoziare una accanto all'altra ?  Perchè i siciliani stanno con i siciliani e i calabresi con i calabresi ? Perchè i giovani che abitano in Chinatown a Milano amano quel quartiere proprio in quanto Chinatown (facendo pure un'associazione) ? L'incontro deve solo avvenire in maniera univoca ? E cosa intendiamo per incontro ? Non è già un incontro/apertura usufruire tutti i servizi cinesi della zona come fa il sottoscritto e tutti i giovani italiani della zona ? (supermercati, alimentari, centri commerciali, bar, edicole, pasticcerie, enoteche, negozi di Tofu, oggettistica, cellulari, hi-tech, abbigliamento, fotografia, agenzie immobiliari, agenzie turistiche, ufficio visti per la Cina, corsi di lingua cinese, ristoranti mitici come Jubin e altro ?). Io delle altre migliaia di etnie in questa babele che è Milano non so praticamente nulla; non hanno un quartiere definito e per questo non li vedo. Ma i rapporti tra loro e la città sono ancora più inesistenti. Non c'è nemmeno il piacere di andare in un supermercato a scambiare quattro chiacchiere su come preparare gli involtini primavera surgelati (come mi è capitato). Che è poco, ma non niente. Va be', zio bono quante domande. Mi sono auto annoiato a scrivere questo post. Non oso immaginare te a leggerlo.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da LiPo »
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« Risposta #19 il: 02 Luglio, 2007, 08:58:54 am »
trovo che li po affronta assieme tre temi decisivi non solo per i Cinesi in Italia ma per tutti: quello dell'identità, quello dell'"integrazione" e quello della territorializzazione comunitaria e vorrei esprimere il mio parere di non-Cinese su questi temi e sui loro nrecci
Li po chiede cos'é "integrazione", e credo che prima dovremmo chiederci cos'é "identità culurale".
Credo che l'identità sia una realtà caratterizzata da:  polimorfismo e mutevolezza .
"Polimorfismo" perché ad esempio Lin po é Cinese ed io Italiano, ma allo stesso tempo ciascuno di noi ha altri elementi identitari forti e deboli:  penso alla passione (talora fanatica) con cui si é romanisti o juventini (ci sono immigrati tifosi di calcio più di tanti Italiani), all'adesione ad una fede religiosa (anch'essa pu? esere tiepida o anatica), ad un'ideologia politica (idem), ad una moda (punk, rasta, yuppie, ecc.), ad un genere musicale che veicola una filosofia di vita (rock, reggae, rap, ecc.), ad un rientamento sessuale (etero oppure omo o trans, ecc.).  A Roma quando la Roma ha vinto il  campionato, nel quartiere prevalentemente romanista di San Lorenzo sono apparse scritte "fuori i laziali!" ed ai "funerali" effettuati alla Juve partecipavano anche migranti senegalesi e bangladeshi. Poi, durante la festa dell'Aid el-fitr, i Bangladeshi (romanisti) musulmani pregavano a Piazza Vittorio e gli Italiani (romanisti) clerical-fascisti li deridevano razzisticamente.
Ecco un esempio di come l'identità sia complessa perfino quando si territorializza.
Se l'identità enica fosse più impotane di ogn altra allora non ci sarebbero le guerre civili pensiamo ad un Tedesco nazista e a uno comunista all'avvento di Hitler, ad un Francese cattolico e ad uno protestante nel '600, ad uno statunitense sudista e ad uno nordista nel 1860; la loro origine etnica-culurale non li accomunava AFFATTO. Pensiamo a guerre civili svoltesi tra vicini di casa e fratelli della stessa famiglia ed alle simbologie, ai sensi di appatenenza che in esse si sdno svuiluppate: quale identità comune avevano i combattenti? Eppure parlavano la stessa lingua, spesso credevano negli stessi valori religiosi ed erano pure parenti.

"Mutevolezza", vuol dire per me due cose: che le identità si possono fabbricare a tavolino e che comunque non restano uguali a se stesse.
Identità come quella "padana", come quella nazista, come quella dei supporters fanatici di una squadra di calcio (e ricordo che il calcio non esisteva fino al secolo scorso, non é una "tradizione secolare"), come quella militarista giapponese, come quella croata, come quella dei rappers (il fenomeno rap é recentissimo) sono state fabbricate, in alcuni casi partendo da concatenazioni concettuali precedenti (es.: il mazismo dal nazionalismo tedesco, da elementi dell'esoterismo e dall'antisemitismo), in altri dal nulla e quasi sempre costruendo a posteriori simblogie, miti, finte tradizoni con richiami artificiali ad una antichità  (l'arianismo, la romanità, l'impero mllenario giapponese, ecc.) che non aveva invece NULLA a che vedere.
In più tutte le identità mutano nel tempo, attraverso l'evoluzione delle società e i molti influssi dall'esterno, rielaborati autonomamente (nei casi migliori) o imposti con la forza militare o economica.
Ad esempio, l'identità culturale cinese era diversa prima che dall'India arrivasse il Buddhismo, era diversa soto le dinastie di matrice mongla, era diversa nel periodo maoista, era diversa prima che si diffondesse la TV.
In questo senso, poi, ci sono  processi (mai spontanei) che unificano forzatamente alcune identità; ad esempio Sardi, Siciliani, Friulani, Pugliesi , Milanesi,  hanno elementi di identità culturale diversissimi in termin linguistici, gastronomici, musicali rituali, di retroterra sociale, storici, e spesso sono meno simili fra loro che rispettivamente con i Catalani, i Tunisini, gli Sloveni, gli Albanesi ed i Ticinsi, ma sono stati obbligati storicamente (alcuni non lo volevano affatto) a diventare "Italiani" e l'esercito, la scuola, poi la TV hanno contribuito a questo, eppure ci sono associazioni regionali, risorge un forte autonomismo, sopravvivono i dialetti, si affermano i valori ocalistici nella cucina, nell'artigianato, nelle feste.
Secondo me "integrazione" non é un concetto positivo (e tanto meno lo sono "apartheid", "chiusura", "omologazione", "assimilazione",
"ghettizzazione"). Ci si "integra" in qualcosa che già esiste precosttuito e con le sue regole, ma questo significa:
1) che quel qualcosa, identitariamente é stabile e omogeneo, il che (ad esempio in Italia, ma anche nella Francia che nega le diversità regionali e ovunque) é falso, per i motivi che ho detto prima;
2) che quel qualcosa non abbia già in sé elemeni di altre culture, assimilati durante  secoli, il che é falso;
3) che quel qualcosa si ritiene non muti con l'arrivo di migranti, il che é falso;
4) che ciascuno abbia una sola identità ad esempio SOLO quella etnica, SOLO quella religiosa, SOLO quella di orientamento sessuale, SOLO quella di appartenenza politica, ecc.), il che é falso.
Personalmente credo che invece di cercare un'integrazione (che non é mai totale se non diventa l'orrore dell'assimilazione, della cancellazione di se stessi dentro la gabbia di regole e valorialtrui) bisognerebbe cercare la RECIPROCA CONTAMINAZIONE, che é poi l'unico processo che ha fin qui arricchito TUTTE le società, con apporti e scambi materiali ed immateriali (es.: imparo a mangiare le albicocche, tu impari ad usare i tamburi, lei impara a tessere, lui impara le favole persiane, l'altro impara ad allevare i bachi a seta, ancora imparo a fare kla carta, a credere nella reincarnazione, a scrivere, a navigare di bolina, a consumare la patata, a cantare in falsetto, a sgranare il rosario, a suonare il sassofono, , a lotare contro l'assolutismo monarchico, a stampare, a riconoscermi nel concetto di nazione, a giocare a scacchi, a tatuarmi, a radermi il cranio, a ballare il tango, a fondere i metalli, a fare la pizza ed usare i pomodori, ecc.).
"Reciproca contaminazione" vuol dire il contrario sia della invisibilità di certi migranti di cui parla giustamente li po, sia dei quartieri etnici trasformati in comunità chiuse e/o in attrazioni turistiche, ossia in ZOO UMANI.
Se ciascuno valorizza la sua (mutevole) identità in vari modi (es.: creando un gruppo musicale, addobbando e vetrine, facendo feste, affiggendo manifesti, offrendo prodotti densi di valore culurale, divulgando la Storia,  facendo un video, seguendo  lanciando una moda di abigliamento, pregando, ecc.) ma al tempo stesso CERCA QUALI ELEMENTI HA IN COMUNE CON ALTRI (es.: le percussioni  , i fuochi d'artificio, la passione per il té, i tifo calcistico, l'essere gay, la religiobne cristiana, la fotografia, il rock, ecc.) allora nascono quelle "contaminazioni positive", ci sono giovani che si tatuano finalmente sapendo il senso di quei tatuagi, gente che mangia il couscous sapeno da dove deriva, percussionisti senegalesi, romani cubani e napoletani he suonano assieme, rasta milanesi ed etiopi e giamaicani che agiscono insieme, e nei quartieri non sevono porte, orpelli, e neppure muri (e ce ne sono di visibili e i invisibili ma non meno separanti), ma un arcobaleno di immagini, di suoni, di dialoghi, di conflitti anche (non credo al buonismo) a cui nascono ee mutano identità plurime, come é avenuto nei grandi centri propulsoro della civiltà umana del passato.

Poi é ovvio che ci siano motivazioni CONCRETE  che portano a esempio i migranti della stessa origine spesso a cercare di vivere assieme per ricreare una rete di solidarietà (in primo luogo se si hanno dificltà linguistiche, ma non solo), ma sappiamo tutti (Italiani, Cinesi, ecc.) che spesso la cosa non funziona: basta leggere il topic aperto ca Cinosuperior sui Cinesi che si mordono la coda da soli....

Dunque credo che si dovrebbero sempre usare due strategie assieme: prendere tutto quel che i rapporti dentro la propria "comunità di origine" ci pu? offrire (es.: per trovare casa, lavoro, parlare la propria linua, fare massa critica per una festa o un rito, avere visiblità per le Istituzioni, ecc.), ma senza farne lo spazio esclusivo di vita (altrimenti non si "segna" il territiorio, non si "contamina" e non si é "contaminati" in positivo, non si ampliano gli orizzonti propri ed altrui, si diventa preda dei caporioni potenti di quella comunità e si offrono argomenti ai razzisti) e contemporaneamente segnare con la propria presenza i luoghi di studio,i lavoro, di divertimento, di vita, ma non con orgoglio etnocentrico chiuso, bensì aiutando se stessi e gli altri a scoprire ASSIEME "l'altro che c'é in noi", ossia gli elementi comuni (per ragioni storiche o scelte personali odierne) fra le divese "idenità", per costruire a partire da queli elementi una valorizazione complessiva della nostra condizione di ESSERI UMANI e dei diriti orrelati, combattendo civilmente chi invece affrma concezioni razziste, suprematiste, ghettizanti, discriminanti e chi falsifica a tale scopo la Storia.

Scusate la lunghezza, ma le questioni mi sembrano decisive. Grazie Li po e Babo che le avete  poste con grande chiarezza! Credo che Associna sta già facendo molto su questo terreno e molto di più ancora pu? fare, anche grazie alle riflessioni come le vostre!!!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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« Risposta #20 il: 03 Luglio, 2007, 09:49:39 am »
in un alro topic di questo Forum (quello aperto da Idra sulla "madre" ed il "padre" identitari) lichuhuang ha inserito un'interessantissima citazione sul trattamento delle coppie miste anglo-cinesi a Liverpool dopo la Seconda Guerra Mondiale:

http://www.halfandhalf.org.uk/index.htm

ma quel che interessa invece queto topic é che nel sito citato si ricostruisce anche perché negli USA (e solo lì) sono nate VERE Chinatowns (ossia a quasi esclusivapresenza di RESIDENTI cinesi) e come ci? non sia affato avvenuto per scelta libera dei Cinesi ma in risposta alle discriminazioni yankee conro i matrimoni misti e/o in relazione ad un caso fortuito (terremoto di San Francisco) che ha permesso di aggirare le leggi USA dell'epoca  contro le riunificazioni familiari, distruggendo gli archivi comunali.

In effetti, si fa notare in quel sito che in Gran Bretagna quel che é chiamato "Chinatown" non vede affatto la presenza maggoritaria di RESIDENTI cinesi (idem a paolo sarpi).

Forse é bene riflettere su quel che dice il sito "halfandhalf", che é un sito inglese diCinesi G 2 ( e G 3).

E anche pensare alla condizione terribile (materiale ed emotiva) in cui gli Inglesi hanno fatto vivere i bambini e le mogli di quei marinai cinesi, chiamati ad aiutare l'Inghilterra durante la Guerra e poi scacciati come bestie, separandoli per sempre da mogli e figli!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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« Risposta #21 il: 03 Luglio, 2007, 11:00:01 am »
wow..ancora la storia dell'integrazione..ma sei sicuro che siano i giovani cinesi a non voler conoscere e integrarsi con ragazzi italiani?..se tutti gli italiani fossero come te..i problemi non esisterebbero;)
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cinosuperior »

LiPo

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« Risposta #22 il: 04 Luglio, 2007, 22:53:30 pm »
Volevo solo aggiungere che chi vi scrive non è cinese ma italianissimo anzi milanesissimo (che è una rarità). Il nick Li Po è in onore del grandissimo poeta taoista cinese dell'epoca T'Ang Li Po appunto, vissuto tra il 701 e il 762 d.C. uno dei massimi poeti cinesi assieme all'amico confuciano Tu Fu (712-770) e al buddista Wang Wei (701-761).
Sarebbe bello organizzare in chinatown a Milano una serata di poesia cinese ancora troppo -ahimè- sconosciuta ai più.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da LiPo »
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SHiVA

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« Risposta #23 il: 05 Luglio, 2007, 17:34:15 pm »
intanto giusto per precisare... non era mia intenzione avere informazioni sugli involtini per realizzare un delitto come le polpette sugli spaghetti..
era perchè un avolta ho visto rosolare l apasta di riso senza friggerla rendendola comunque croccante.. ;-)

per quel che riguarda l'integrazione direi che questa potrà avvenire nel momento che il voler integrarsi, ma io prefeirrei dire "mescolarsi", sia un processo spontaneo.
dico spontaneo per indicare quando la sura di paolo sarpi chiachiererà in cortile con la signora cinese, parlando magari dell'ultima puntata del loro telefilm preferito... forzo la mano sui luoghi comuni per rendere meglio l'esempio..
finchè saranno pochi e non del "popolo", le persone (sia cinesi che itlaiani) intenzionate ad avvicinarsi per dialogare, credo che ogni sforzo sarà vano.
tento peggio se i momenti di incontro siano solo per "interesse" verso aspetti della cultura dell'altro..
insomma non credo che funzioni se poi i motivi per cui due persone si frequentano si basa sullo scambio di informazioni delle rispettive culture..
la vera integrazione che io credo, è quella quando dalla finestra vedo un bambino italiano e uno cinese scorrazzano per le vie giocando e rincorrendosi. quella è vera integrazione.. spontanea e non proiettata verso una cultura, ma determinata per il solo motivo di essere un momento ricreativo ludico. i bambini giocano assieme proiettando su un comune obiettivo il motivo del loro stare assieme: giocare.
questo dovrebbe avvenire anche fra i grandi.
attraverso questa riflessione allora potremo, forse, porci una domanda..
che si abbiano obiettivi diversi? è questo il motivo della non integrazione?
quali potrebbero essere gli obiettivi comuni per cinesi e italiani? cosa hanno i ceti medi in comune? parlo di cose terra terra, come discutere al bar di calcio..
non trovo grandi punti comuni di interesse..
certo una cosa ho notato e forse pu? essere di spunto..
conoscendo persone di altre comunità (est- europa, africa..), ho sempre compreso che il loro desiderio numero uno era quello di essere italiano.
Ma non italiano in termini giuridici; voler essere italiano nel vivere da italiano, di frequentare spazi, persone e situazioni italiane. non di vivere ai margini di unitalianità. il loro desiderio è di poter avere qui una famiglia (portarla o crearla) di mandar ei figli a scuola e di essere il più possibile integrato il che significa, e qui qualcuno torcerà il naso, il più possibile italiano. essere italiano mantenedo la propria identità. insomma queste persone vogliono fondersi al substrato e diventarne parte integrale, indistinguibile. è lo stesso per la parte maggiore dei cinesi in italia?
a volte devo dire che la sensazione passeggiando per il mio quartiere è quella di sentirmi un "organismo ospitante" e mi chiedo:  i cinesi sono qui, perchè questo territorio è fertile e di fatto si vive in una sgangherata democrazia che per quanto sia non è un regime e possono trovare situazioni economiche migliori per espandersi economicamente e demograficamente? oppure sono qui perchè amano questo luogo e noi itlaiani? ovvia la risposta...se fossero stati bene al paese loro col cavolo che ci venivano qui..
ma allora cosa fare?
forse si tratta di aspettare che le seconde e forse più le terze generazioni, ormai svuotate dei motivi che hanno portato qui i loro genitori/nonni vivranno in modo "naturlmente" integrato in quanto la loro realtà sarà quella italiana e ben poco cinese. insomma come le terze generazioni di italiani in USA, continuano a sentirsi itlaiani, ma di italiano hanno ben poco e sono americani in tutto e per tutto, se non di più..
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da SHiVA »

ChinaHxC

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« Risposta #24 il: 05 Luglio, 2007, 19:32:38 pm »
io condivido in toto il tuo discorso shiva, penso anchio così, però in italia c'è un problema GIGANTESCO che è quello dei diritti e se l'Italia non risolve alquanto prima questa situazione non fa altro che creare nuovi immigrati e addio seconde terze quarte quinte generazioni....
quindi per integrazione (che parola del cazzo) come detto tu nella seconda parte basta il tempo, per integrazione dei diritti serve mobilitarsi in massa ora per non tagliare le gambe all'integrazione che verrà portata dal tempo.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da ChinaHxC »
Solitudo punk hardcore.

babo

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« Risposta #25 il: 06 Luglio, 2007, 06:59:46 am »
Ottimo Shiva!
Finalemente un discorso che ha centrato appieno il tema dell'integrazione o come la si vuole chiamare.
Ottimo ancora perche' hai individuato il problema specifico della comunita' cinese, che e' diverso da quello delle altre comunita' immigrate e che qno qui fa ancora finta di non capire...

Si possono comprendere i motivi delle G1 (giustificarli pero'...), il reale disagio dell G2, mentre le G2+ (nate,cresciute, istruite,integrate ecc) e le G3 se continuano a menarsela mi dispiace ma prendono in giro se stessi.
Riguardo alle inadempienze, le resistenze, le ostilita' da parte del governo e del popolo italiano, esistono e creano solo altri problemi invece di risolverli, ma prenderli ogni volta come scusante per tornare indietro e' altrettanto controproducente. Parafrasando Shiva, siamo davvero sicuri che i cinesi non si integrano per via di problemi burocratici, di regolarizzazioni e quant'altro? Ammesso per certo che possano esistere casi simili e tutti gli altri?  Onesta' con se stessi prima di tutto.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da babo »

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« Risposta #26 il: 06 Luglio, 2007, 09:20:00 am »
shiva pone problemi veri ed importanti. Su alcuni punti sono d'acordo, su alri no e cerco di spiegare questa differenza.
Sono totalmente d'accordo che un rapporto positivo (mi ostino a non chiamarlo "integrazione" ed ho già spiegato perché non amo questa parola e tanto meno "tolleranza", che dicono subito che A deve accettare quel che B crede essere la "sua" identità e B accetta solo, benevolmente, ..che A faccia questo percorso) nace solo NEL POPOLO, ossia fra la "gente comune"e se non avviene ci? non nasce AFFATTO! I cicli di films, le mostre, le feste etniche, i villaggi di stands "intermundia" soprattutto i Convegni, Seminari, ecc. (in Italia se ne fano iù che in utta Europa) se sono frequentati solo da chi già é filo-stranieri (xenofilo), dagli operatiori, dagli organizzatori, dai rappresentanti istituzionali, dagli studiosi, dai docenti, dagli studenti obbligati dai loro professori 8e solo se danno crediti...) NON SERVONO A NULLA se non sono accompagnati da iniziative che invece stimolino le forme di "mescolamento" fra aduli, fra iovani, fra bambini, fra gente di diverse età su temi e interessi veri e concreti.
Detto questo, l'Uomo é un animale culturale (e sociale). Noi siamo cultura in ttto qul che faciamo e siamo figli di stimoli culturali: NULLA E' "SPONTANEO"  neppure il modo in cui ci nutriamo (es.: ai Vietnamiti non fa schifo mangiare insetti ma non mangiano cavallo, per gli Europei é il contrario), certo non i nostri interesi (sportivi, hobbistici, politici, economici, ec.) e tanto meno il modo in cui ci rapportiamo agli "alri".
Neppure nel gioco dei bambini c'é pura spontaneità (sono deceni che gli psicologi ed i pedagogisti lo insegnano). I loro giochi sono imparati, derivano da antichi rituali (come gli aquiloni, i "quattro cantoni", il gioco della palla, ecc.) oppure simulano la realtà degli adulti ("giocare alla famiglia", "al ottore" "a indiani e cowboys", a guardie e ladri", ecc.) attraverso il filtro dei genitori, della scuola dei cartoni animati, dei ideogiochi, della TV.
Portano con sé tutte le forme di cultura di come i bambini sono stati abituati a "leggere" la realtà (es.: i bimbi palestinesi NON giocano a "guardie e ladri" ma a "israeliani occupanti e palestinesi resistenti":  ne ho esperienza diretta!) e utti gli stereotipi rappresentativi (ascoltateli mentre giocano) dei cartini animati, della pubblicità, delle canzoncine, della scuola, dela famiglia, ecc. .
Ho detto dei bambini, ma per gli adulti la cosa vale mille volte di più: quando A e B (importa apparentemente poco se si tratta di una signora cinese ed una italiana "integrate" o di altre persone) parlano di una soap opera lo fanno in rappoto con un tema ("soap opera") culturalmente non neutrale (modello USA di TV), che ha invaso coi soi modelli la vita e lo stesso vale per il calcio, per le tasse, per il trafico, per i cambiamenti climatici, per la ricetta del risotto alla milanese, ecc.
Dunque, se TUTTO QUESTO E' CULTURA non si pu? pretendere in nome di una astratta "integrazione" che l'approccio sia identico ra persone potatrici di culure diverse (non solo fra "stranieri", ma pure fra giovani e anziani, conservatori e progressisti, eterosessuali ed omosessuali,  credenti e non credenti, ecc.) e tanto meno lo é sull'altro piano forte dell'esistenza umana, quello degli NTERESSI ECONOMICI (che sono CULTURA pure quelli, sia perché l'economia non ha nulla di "naturale" e le sue regole le abbiamo create noi umani e noi umani le cambiamo, di epoca in epoca, come nel pasaggio da società schiaviste a feudali e poi borghesi, sia perché usano elementi culturali come i  valori immateriali delle tradizioni, delle mode, dei luoghi e dei prodoti, ad esempio nel turismo, negli spettacoli, nei negozi etnici, nei ristoranti esotici, ecc.), sebene la gente si rapporti positivamente o negativamente di volta in volta (mai spontaneamente, sempre per gli stimoli ricevuti e rielaborati) SU SPECIFICI TEMI in modo diverso (come ho già detto, l'insieme juventini versus romanisti, quello fascisti versus comunisti, quello milanesi versus sardi, quello vegetariani versus appassionati della bistecca, quello cattoli versus ebrei, quello gay versus eterosesuali, quello amanti delle saps versus nemici delle soaps, ecc. non coincidono e l'identità di ciascuno INTERSECA centinaia di "appartenenze" diverse), rovando argomenti comuni di cui palare, comportamenti comuni con cui agire, valori comuni da esprimere,  loghi omuni da frequentare, con DIVERSI gruppi e individui nel corso della vita, dell'anno, della stessa giornata sui singoli temi.
Proprio dato che NULLA E' SPONTANEO in tutto ci?, perché intervengono educazione familiare, scuola, tradizioni coetanei, TV, pubblicità, religioni patiti, ecc., ci sono due problemi.
Il primo é se vogliamo favorire il "mescolamento" o no. Ogni idea (prodotto culturale) che preveda il "suprematismo" ("il gruppo A vale sempre più del gruppo B per varie ragioni"), il che sul piano dei gruppi enico-linguistici si chiama "razzismo" comunque si presenti, é nemica del "mescolamento" rispettoso (he per essere tale non pu? patire dal "supematismo") e accetta solo il "mescolamento" in cui A usa e sfrutta B; esempi:
* il turismo sessuale europeo in Ameica Latina o Thailandia;
* la passione per la cucina etnica asiatica da parte di chi sfrutta la cameriera filippina;
* la "tolleranza" verso i migranti solo come carne da lavoro a basso prezzo, ma negando loro diritti e visibilità (Lega e AN e molti altri);
* la "compassione" verso i "poveri immigrati" condita di pietismo paternalistico che naconde i profitti di certe oganizazioni "assistenziali";
* lo sfruttamento decontestualizato di schegge di cultura degli "altri" (ogeti, danze, musiche, ricette, luoghi, ecc.) per realizzare sovraprofiti sul loro valoe immateriale e sulla differenza enorme fra costo di produzione e prezzo di vendita in Occidente (es.: artigianato asiatico e nordafricano).
Tali esempi si possono iferire ANCHE A NON MIGRANTI; lo srutamento commerciale delle tradizioni salentine o il disprezo per i "terroni" meridionali in talia non ha nulla a che vedere con le migrazioni.
Il secondo é la situazione specifica dei migranti. Trovandosi in una società diversa da quella di origine e avendo come primo obiettivo lavorare (per sopravvivere e spesso per mantenere le famiglie lontane) il loro scopo (prime generazioni) é FARSI ACCETTARE ed usano varie strategie. Possono cercare di assimilarsi alla cultura egemone (attenzione! la cultura egemone non é affatto condivisa da tutti gli "autoctoni", basta pensare alle mode diverse, alle minoranze lingistihe, alle tradizioni regionali, ma è solo..egemone; in più in Italia essa non é affatto autoctona, ma prima é stata franco-britannica, nell'Ottocento, ora USA!) in tutto (es.: imparano la lingua, adottano usanze locali, insegnano ai figli solo la linua locale) fino ad estremi ciome parlare il dialetto locale, tifare squadre di calcio locali, diventare...anti-immigrati (ci sono Senegalesi segretari di sezione della Lega!!!).
Se la loro cultura (e lingua) d'origine é molo diversa e non sono tantissimi(es.: Cinesi, Vitnamiti, ecc.) possono cercare di edicarsi solo a lavoro, in nicchie specifiche (es.: commercio), senza assimilarsi linguisticamente, senza occupare spazi pubblici (avete mai visto pubblcità cinesi sui muri italiani?), senza rivolgere l'attenzone fuori delle "comunità".
In entrambi i casi, le G 2 e G 2+ hanno avuto stoicamente 2 scelte (vedi Francia, Gran Bretagna, ecc.) suklla base del'interazione ra quel che LORO sono stati capaci di fare e quel che LE ISTITUZIONI E LA GENTE del Pase in cui vivono ha fatto:
a) hanno lottato CON SUCCESSO ALMENO PARZIALE per i diritti (propri e di tutti inscindibilmente) e hanno agito "fra la gente comune" per il "mescolamento rispettoso" e contro razzismi e "mescolamenti strumentali", creando occasioni in cui non solo ci si "mescola" su singoli temi (es.: musica, cibo, sport, ecc.) ma soprattuto ci si stimola a riflettere sui tantissimi elementi di "mescolamento" che in Europa già ci sono storicamente (grazie a processi nterni alla stessa Europa e alla stessa Italia, grazie a scambi materiali ed immateriali con culture che fino al XVIII secolo erano speso assai più ricche e progredite di quelle europee coeve e anche dato che sono stati gli Europei a inventare il colonialismo);
b) si sono visti trattare come persone di serie B (o anche Z), discriminare negli alloggi e sul lavoro, considerare sempre "inferiori" anche quando sono laureati, medici, professionisti, commercianti ed allora si sono chiusi in gruppi, hanno rigettato la realtà del Paese "ospitante" dentro i cuori (pure quando esteriormente si sono "assimilati"),  hanno cercato osessivamente la "purezza" delle loro origini (che  é artificiale come quella dei "suprematisti" europei), si sono rivolti fanaticamente alla logica del gruppo autoghettizzandosi, alla religione, al radicalismo politico: i risultati li vediamo nela rivolta delle periferie francesi (i cui giovani sono cittadini francesi, G 2 e G 3) e nell'adesione di tanti musulmani britannici alle idee estremiste anceh quando sono "integrati" (apparentemente e solo professionalmente).
Ma la responsabilità primaria di quei diversi tipi di violenza (in Italia non ancora esplosi solo perché il Paese ha una storia immigratoria più recente) é delle Istituzioni, dei media e della magioranza della gente del Pase ospitante, che ha oscillato tra rifiuto e teorie "integrazioniste", fra "comunitarismo" britannico e "assimilazionismo" francese, non accettando mai di giocare con le regole del "mescolamento rispettoso".
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

babo

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« Risposta #27 il: 07 Luglio, 2007, 16:31:00 pm »
Chi restera' a Paolo Sarpi?
Beh, visto che sono immortali.....
THERE CAN BE ONLY ONE!!!!!!!!!!!!!!  :smt044
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da babo »