"occidente", giappone e dintorni - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: "occidente", giappone e dintorni  (Letto 1543 volte)

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cavallo

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"occidente", giappone e dintorni
« il: 30 Novembre, 2007, 18:47:41 pm »
per babo e per chi é interessato:
allora, proviamo a riprendere il confroto?
Io ti propongo di farlo in modo un po' "oganizzato", per non finire solo per riaffermare le nostre posizioni rispettive e favorire invece anche interventi (costruttivi, che non ci costringano a chiudere lì) di altri Associni, che io auspico molto e che dovrebbero mostrare l'interesse che tu affermi essi hanno per questo tema.

Propongo pertanto, come si fa nei dibatiti scientifici, di affrontare una questione per volta di una breve lista (cronologicamte e concettualmente strutturata).

Io propongo (nell'ordine seguente) questi argomenti:
1) concetto di "nazione": dove nasce e che conseguenze ha;
2) rapporto fra "nazione", "nazionalismo" e industrializzazione e strutturazione di nuovi sistemi di classi sociali: dove avviene e come si diffonde;
3) forme di egemonia della borghesia e loro rapporto con le ideologie relative allo Stato, alla religione, alla sacralizzazione dei leaders, all'educazione delle masse;
4) dialettica, in Occidente ed in Giappone, fra "tradizione" preindustriale, nuovi sistemi di potere, cultura e sacralità della fase industriale e reinvenzione artificiale delle "tradizioni antiche";
5) rapporto fra nazionalismo, militarismo, imperialismo, suprematismo, razzismo in Occidente e in Giappone.

Se ne hai altri da proporre discutiamone assieme: la mia lista non é vincolante ma propositiva.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

Xaratos

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« Risposta #1 il: 01 Dicembre, 2007, 04:27:53 am »
Sono le 4:02 quindi perdona se dico delle castronerie e comunque, non risponderò a tutte le tue domande, in quanto la mia scarsa cultura e conoscenza del mondo non mi dà gli strumenti adatti per essere esauriente come vorrei... Il concetto di nazione è basato sulla coesistenza di 3 fattori ugualmente importanti e necessari per poter parlare di "NAZIONE SOVRANA"

1) Territorio: Ogni nazione e stato sovrano ha dei confini politici e/o naturali ben deliniati che vengono devono venire difesi dalla belligeranza delle potenze esterne.

2) Sovranità: Ogni nazione e stato sovrano devono possedere un corpo armato e istituzioni atte a risolvere le controversie dentro e fuori i propri confini e deve poter imporre la sua volontà.. Dal latino "Iubeo ergo sum" (Comando, quindi sono!)

3) Popolazione: Ogni stato sovrano/nazione è composta da un insieme d'individui accomunati dalla religione, dalla razza, dalla lingua, dagli usi, dai costumi e via discorrendo.

Per l'Italia (come penso per tutti i paesi democratici) la nazione è uno strumento che serve al popolo per esercitare la sua "sovranità" in quanto serve per evitare che un intero popolo sia alla mercé delle potenze straniere (pensiamo al kurdistan, non so se si scrive cosi).. Altre realtà aldifuori di quelle italiane non ne conosco quindi mi limiterò a fare un sunto della situazione italiana (secondo il mio pensiero), ma credo ormai che questo concetto lo avrai gia notato in altri miei threads, quindi sarò molto breve per non ripetermi. Nel nostro secolo si parla di "globalizzazione" e di libero scambio tra persone e merci, si parla spesso di progresso e benessere sociale ma a mio avviso siamo sempre nella demagogia in quanto molte persone stanno ben radicate e ben salde al concetto di nazione che ti ho detto e anzi, come hai fatto notare tu i mass media e i politici, fomentano le masse a provare xenofobia e ad additare gli stranieri quali maggiori responsabili del nostro malessere sociale. A Prato se il tessile fallisce è colpa dei cinesi, se nell'edilizia mancano posti di lavoro colpa degli extracomunitari che ce lo fregano e via discorrendo. Nel nostro paese è nato il fascismo perché avevamo paura del confronto con il mondo esterno, gli italiani rimasti nel loro paese natio hanno sempre avuto paura dell'esterno, il concetto di nazione serve a a tenere fuori "l'uomo nero" o "l'uomo rosso". Le conseguenze del concetto di nazione sono l'acquirsi di paure verso l'esterno, la chiusura delle nostre mentalità e ovviamente, la creazione di false leggende e falsi miti sugli stranieri (come appunto quelle denunciate da marcowong).

Credo di essere fuori tema e di non aver rispettato le tue richieste, ma è tutto quello che sono riuscito a fare adesso.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Xaratos »
"Ho pieta di coloro; che l´amore di se ha legato alla patria. La patria non è altro che un campo di tende, in un deserto di sassi!" - Antico Canto Tibetano.

cavallo

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« Risposta #2 il: 01 Dicembre, 2007, 08:26:40 am »
in attesa che babo riprenda la discussione (che ricordo ha come tema centrale il rapporto fra elaborazione autonoma in Giappone ed influenze occidentali di alcune concezioni e pratiche che ne hanno caratterizato la storia moderna in senso ipernazionalista, genocida, imperialista,: i punti da me elencati sono solo una PROPOSTA di ordine del giorno della discussione, non il tema centrale del topic), mi permetto di iniziare  sul punto (1): concetto d "nazione".

In epoche antiche e medievali "natione" significava qualsiasi gruppo umano accomunato da alcuni tratti relativi alla lingua, alla cultura, alla residenza e senza alcun rapporto con lo Stato di apartenenza (e tanto meno con le dinastie regnanti, che non erano affatto della stessa matrice dei sudditi); si parla così di "nazione" sannita (per dire "popolo", di "nazione perugina" ad ssisi (per dire i mercanti di Perugua in quella città), di "nazione" ugonotta a Parigi (per riferirsi alla fazione di religione protestante), di "nazione turca" a Venezia comprendendovi sudditi del Sultano ottomano ma anche dei sovrani mamelucchi egiziani, di "nazione" lodigiana a Milano (relativamente ai filatori provenienti dal Lodigiano, mell'ambito dello stesso Stato: la Signoria viscontea)

In nessun luogo del Pianeta, prima della Rivoluzione Francese,  esiste il concetto moderno di "nazione" fatto coincidere coi cittadini di uno Stato tendenzialmente monoculturale e monolinguistico, il ui otere ne diventa espressione funzionale, simbolica e sacrale e quel concetto (rurro e solo occidentale) emigra sulle baionette rivoluzionarie francesi e poi con l'affermarsi della borghesia europea, con il colonialismo e con i processi di decolonizzazione che portano alla creazione appuno di nuove "nazioni" (in confini di solito fittiziamente stabiliti in età coloniale).

In sintesi: perché esistano "nazione" e "nazionalismo" devono esistere:
- una borghesia moderna collegata all'industrializzazione (non quela mercantilistica forentina, cinese, indiana, catalana, giapponese o portoghese);
- un'ideologia espressione di quella borghesia elaborata in termini letterari, simbolici e politico-istituzionali;
- un'egemonia di fatto di quella borghesia nell'economia e (almeno in pate) nella politica.

Tutto questo é avvenuto solo in Occidente e dall'Occidente é stato diffuso altrove.

Ritengo perci? improprio parlare di "nazione" e quindi di "nazionalismo" in Giappone prima dell'assunzione da parte del Giappone stesso (fra l'epoca Meji e la post-Meji) del modello concettuale di "nazione" occidentale.

Naturalmentequeto non vuol dire che non esistesse un concetto collettivo di comunità secondo ideologie dominanti (ed in evoluzione)in Giappone in epoche anteriori, su cui si potevano perfettamente strutturare (come in effetti é avvenuto) suprematismi, razzismi, strategie aggressive, appartenenze, simbologie, ma tale concetto non corrispinde a quello di "nazione". Ci? vale anche per il Giappone e rappresenta il primo e fondamentale  elemento di mutamento radicale e profondo del panorama giapponese (assieme, non a  caso, all'industrializzazione e quindi alla creazione di nuove lassi sociali, borghjesia e proletariato industriale, su cui torno quando affronteremo il punto 2) ad opera di fattori provenienti dall'Occidente.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)