caratterizzazione di vetrine e spazi commeciali cinesi in It - page 2 - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: caratterizzazione di vetrine e spazi commeciali cinesi in It  (Letto 7522 volte)

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dorian

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« Risposta #15 il: 09 Luglio, 2008, 20:00:25 pm »
ben detto....!!!!!!!!!!!!!!!!!

EzumValgemom

 :)  :)  :)
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cavallo

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« Risposta #16 il: 09 Luglio, 2008, 20:24:43 pm »
il riferimento a Castroni era solo esplicativo.

Quel che credo é che sia importante culuralmente, economicamente, in termini interculturali, sopcialmente, identitariamente che in un contesto carico di pregiudizi come l'Italia alcuni negozi e ristoranti cinesi facciano dei loro spazi e dei loro prodotti, nonché del legame con elementi culturali, storici e dell'attualità (Olimpiadi comprese) cinese altrettante occasioni (attraverso il trattamento delle vetrine, le iniziative promozionali e di marketing, l'organizzazione degli spazi, depliants, ec.) di:
* valorizzazione degli apporti della cultura cinese all'Occidente ed alla sua stessa quotidianeità (seta, agrumi, carta, riso, pirotecnia, té, porcellana, ecc.);
* valorizzazione conseguente del fatto che é falso identificare la Cina come "il Paese che copia";
* valorizzazione conseguente del fatto che la Cina é meno "lontana" culuralmente dall'Italia si quanto si creda;
* valorizzazioone delle diversità culturali tutte, anche FRA Italiani, FRA Cinesi (es.: cucine regionali), come ricchezza invece che come problema.
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"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

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« Risposta #17 il: 09 Luglio, 2008, 21:00:59 pm »
Cavallo,

sulla "valorizzazione" sono perfettamente d'accordo, il problema è come valorizzare, ma soprattutto, che cosa vogliamo ottenere da un intervento di valorizzazione.

Azzardo alcune ipotesi che in genere richiedono 6/8 mesi di lavoro, io provo a farle in 3 minuti, quindi, in gran parte, saranno cazzate:

1. ipotesi economicista

Assoldiamo un esercito di vetrinisti, un plotone di concept store designer, 3 o 4 guru del marketing e trasformiamo l'area in una efficientissima macchina commerciale.

Costo: 1,5/2,3 milioni di euro, tra consulenze, comunicazione, formazione e interventi infrastrutturali.

Effetti a 2/3 anni: incremento consistente delle vendite (+30/40%), incremento del valore degli immobili (+4/5%), incremento del prezzo dei prodotti (+30/40%)

Effetti a 3/5 anni: la progressiva indifferenziazione rispetto alla concorrenza porta alla chiusura del 40/60% dei punti vendita

(Stime puramente nasometriche)

Effetti sull'ambiente sociale: ad altri la previsione

Sostenibilità: bassa
Durabilità dell'intervento: bassa

2. ipotesi romantica

facciamo un viaggetto nei mercati storici italiani (es. a Palermo), chiediamo da quanti anni funziona, ci sediamo al bar di Toto' e prendiamo un cannolo ed un caffè e stiamo a guardare, ascoltare, annusare.

Poi torniamo a Piazza Vittorio e cerchiamo un posto che faccia un caffè buono come quello di Toto' a Palermo.

Ci sediamo e osserviamo.

Sicuramente non ci verrà in mente di chiamare i vetrinisti ed i concept store designer.

Cosa ci verrà in mente?

Non lo so, poi ve lo dico.

Dopo il caffè.
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\"To know nothing of the culture of others is to impoverish one’s own; to destroy the culture of others is an act of self-mutilation. Respect for cultural diversity and its corollary dialogue, is essential to the survival of humanity.\" UNESCO

cavallo

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« Risposta #18 il: 09 Luglio, 2008, 21:14:19 pm »
facciamo anche una terza ipotesi (la mia), basata su esperienze dirette da me compiute in vari Paesi del Sud del Mondo (Etiopia, Nicaragua, Tunisia, Libano, Giordania) e in Sicilia e sull'analisi di quanto fatto con successo in Andalusia, Pas de Calais, Provincia di Trento, a Parigi, a Barcellona:

* sensibilizzare i commercianti cinesi e le loro associazioni e mostrare loro le esperienze fatte;
* costruire una rete di soggetti cinesi, italiani, indiani, bangladeshi a livello locale per costruire iniziative culturali/di marketing;
* realizzare alcune iniziative sperimentali e analizzarne i risultati;
* organizzare un incontro per discuterne, anche sulla base delle indicazioni UNESCO;
* adeguare gradualmente e generalizzare, diversificandole, le sperimentazioni, coinvolgendo artisti, fotografi, musei etnografici e d'arte orientale, collezionisti,  (per mostre dentro i negozi), ecc.;
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« Risposta #19 il: 09 Luglio, 2008, 22:05:07 pm »
mi piace,

e se si facesse sarei anche disposto a dare una mano aggratis e non dubito che i miei soci farebbero lo stesso.

Ma la vedo molto pallida da realizzarsi oggi, con l'aria che tira.

A meno che non sia un'iniziativa che parte dal basso, dalla società civile, e senza una lira di finanziamento esterno.
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« Risposta #20 il: 09 Luglio, 2008, 22:25:45 pm »
il costo é minimo, specie se ci fosse un ruolo delle Associazioni dei Commercianti Cinesi (assai meno di una sfilata del dragone o simili...) e si potrebbero coinvolgere a gratis artisti, fotografi, l'ARCI, asssociazioni varie, l'Istituto Confucio, ecc. ....
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« Risposta #21 il: 09 Luglio, 2008, 22:45:14 pm »
pu? darsi,

ma la mia esperienza, enormemente più modesta della tua, mi insegna che le cose sono un tantino più complesse di quelle che con tanto entusiasmo vengono fuori da un forum su Internet.

Al paese mio si dice: parlare è arte leggera, fare è tutt'altro.

Se e quando questo progetto diventerà meno immateriale, saremo a vostra disposizione.
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« Risposta #22 il: 09 Luglio, 2008, 22:57:09 pm »
infatti le difficoltà sono assai grandi ed i tempi assai più lenti di quelli che speravo e che ho sperimentato in altri Paesi (europei e non), ma io amo seminare....
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« Risposta #23 il: 09 Luglio, 2008, 23:31:29 pm »
Bene,
facciamo lo stesso mestiere.

Stiamo a vedere se i semi germoglieranno.

Ma la mia origine contadina mi insegna che:

1. ogni terra vuole il suo seme, ed ogni seme vuole la sua terra;

2. se un terreno ha deliberatamente deciso di rimanere desertico, a noi potrebbe non piacere, a noi la cosa potrebbe sembrare stupida, ma di sicuro dietro quella decisione una ragione c'è.
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« Risposta #24 il: 09 Luglio, 2008, 23:34:35 pm »
hai ragione
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SAILOR

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« Risposta #25 il: 10 Luglio, 2008, 14:57:22 pm »
Citazione da: "EzumValgemom"
2. se un terreno ha deliberatamente deciso di rimanere desertico, a noi potrebbe non piacere, a noi la cosa potrebbe sembrare stupida, ma di sicuro dietro quella decisione una ragione c'è.


Concordo su questo ultimo punto e lo riporto a quanto vediamo succedere con i negozi cinesi: la mancata caratterizzazione delle loro vetrine ha un  motivo molto semplice ...non c'è ragione di cambiare, esporre dragoni, allestire angoli orientali o quant' altro ... la maggior parte dei negozi non rimarrà li per un lungo periodo, se gli affari andranno male il cinese è pronto a cercare un attività più profittevole altrove ( i periodi di crisi come questo tanti adesso cercano licence ambulanti per diminuire i costi fissi di un negozio).
Inoltre la gestione di un negozio con oggetti a basso costo è molto laboriosa, sopratutto per il magazzino e si cerca quindi di sfrondare e ridurre all' essenziale ogni altra attività.

La ragione per cui le vetrine ed i negozi cinesi non sono "cinesizzati" è la stessa per cui non sono molto curati, la mobilia non è nuova od elegante, il 99% della volte è quella standard ( il classico pannello bianco con le guide di alluminio orizzontali dove spuntano i ganci per appendere gli articoli  :-D  ) e stop.

Ovviamente, e parlo per esperienza diretta avendo visto il negozietto della mia fidanzata, non costa molto cercare di tenere il negozio pìù simile a quelli italiani: esporre meno roba, esporla meglio e non disordinata, pulire sempre per terra, illuminare meglio la vetrina, fare l' albero per Natale od addobarla per altre feste..ed i risultati arrivano !

Ma ovviamente conta anche l' ottica in cui ti muovi come negoziante, se starai in quel posto a lungo, se hai libertà di manovra nel negozio o se sei solo uno messo lì per conto di altri etc etc
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EzumValgemom

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« Risposta #26 il: 11 Luglio, 2008, 15:14:29 pm »
Interessante ipotesi Sailor.

Allora provo a fare una capriola.

E se invece di intervenire all'interno dei punti vendita si intervenisse al loro esterno?

Mi spiego, esistono un sacco di teorie che riguardano le politiche di contrasto alla criminalità e/o al senso di insicurezza legato ad un certo territorio (es. broken windows theory, teoria dell'inciviltà, teoria del panico morale, ecc...) che si basano su una ipotesi semplice: se migliori l'ambiente dove la gente vive aumenta il senso di sicurezza, aumenta la vita sociale di quell'area, aumenta il controllo sociale, aumenta l'ordine e la pulizia delle strade, diminuisce la microcriminalità, ecc...

Esistono evidenze in varie parti del mondo della efficacia di tali teorie.

L'ipotesi è che se si migliorasse l'ambiente "Piazza Vittorio", probabilmente, dopo un po', si avvierebbe un processo virtuoso per cui quasi automaticamente comincerebbero a modificarsi anche i punti vendita.

Il problema, però, è quello di stabilire cosa cominciare a migliorare, vista la scarsità di fondi comunali per questo tipo di interventi.

Vado a prendere un caffè...
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kenny

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« Risposta #27 il: 11 Luglio, 2008, 16:12:03 pm »
come al solito nn ho letto tutti i post..e quindi mi riferisco solo al topic iniziale.
hanno ragione..anche troppo...piazza vittorio e' molto triste..tutti i negozi sono praticamente identici...se facessero qualcosa per renderla piu' "commerciale"..sarebbe davvero bello. tipo una via per fare shopping ecc...invece li' se nn compri all'ingrosso..ti ridono in faccia...molto meglio in cina..
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da kenny »
\"Se questi cinesini vogliono polverizzare Taiwan entro l\'anno, farebbero\' meglio a darsi una mossa e tirare fuori i soldi\" - J.Nicholson \"The Departed\"

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« Risposta #28 il: 11 Luglio, 2008, 17:14:35 pm »
per EzumValgemom:

sono d'accordo anch'io che miglorare un contesto (es. Piazza Vittorio) favorisce la valorizzazione  sociale (e si dà il caso che è dal 2004 che cerco con altri soggetti, come l'Associazione "Il Cielo Sopra Esquilino" e alcuni amministratori del Municipio I, di contribuire in tal senso), ma da un lato non mi pare che la tendenza del conesto generale (italico e romano) negli ultimi tempi vada in tal senso, dall'altro esistono in ogni caso 3 questioni:

* interventi strutturali sul contesto sono lenti, costosi, complessi (anche perché necessariamente coinvolgono istituzioni con competenze e linee progettuali e talora politiche diverse) mentre le iniziative dentro/dai negozi sono rapide, a costo bassissimo, sempluci e non necessariamente coinvolgono subito le Istituzioni (ma possono fare pressione eventualmente su di esse);
* non credo si debba perdere il senso dell'iniziativa autonoma, dell'auto-organizzazione  ed aspettare sempre che muti il contesto per iniziare a mutare quel che dipende da noi;
* per me si tratta anche (sulla scia peraltro di quanto afferma anche l'Unesco) di affermare il valore culturale, immateriale, di certi prodotti, saperi, saper fare, e di rivalutare in questo senso (ma con ricadute economiche positive per i commercianti) il ruolo stesso dei negosi come fattore essi stessi di riqualificazione del contesto.

per kenny:
ci sono alcuni tentativi di diversificazione da parte di alcuni operatori cinesi a Piazza Vittorio e dintorni; ad esempio un'enoteca, un bar, alcune bigiotterie, ecc., ma:
* sono pochi, sporadici, limitatissimi (ad esempio, nonostante che la Cina sia la prima produttrice mondiale di giocattoli non c'é un negozo cinese di giocattoli, pelouches, ecc.; inoltre non c'é una sala da té, non c'é un negozio di animali tropicali, non c'é un negozio di tessuti di seta a metraggio, ecc.):
* anche i negozi che vendono al minuto (es.: alimentari, l'enoteca, ecc.) non valorizzano in alcun modo i prodotti e i loro elementi immateriali/culturali (che pure hanno un rilevante valore economico potenziale);
* a 4 settimane dalle Olimpiadi non un solo negozio di articoli sportivi cinese (tantomeno gli altri) gha cominciato a caratterizzare le sue vetrine e i suoi spazi interni con riferimenti ad ese.

Ho letto in altro topic, kenny, che tu stai per avviare una tua attività economica autonoma; spero che almeno tu ti rivolga ad una differenziazione/diversificazione/valorizzazione che pu? essere da esempio anche ad altri (scommetto che se comincia qualcuno, molti si adeguano....).

Se vuoi qualche consiglio concreto  in merito scrivimi un messagio privato e vediamoci: sono gratuitamente disponibilissimo.
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« Risposta #29 il: 11 Luglio, 2008, 18:43:53 pm »
Citazione da: "EzumValgemom"
E se invece di intervenire all'interno dei punti vendita si intervenisse al loro esterno?


Sono d' accordo assolutamente su questo, la teoria della broken window la trovo molto azzeccata ... peccato che i fondi degli enti locali siano scarsi e gli interventi lenti di ristrutturazione lenti.

A volte una presenza commerciale "pionieristica", che sfrutta territori urbani altrimenti lasciati vuoti, come quella cinese però pu? far molto già da sola.
Non conosco Roma, ma ho presente la situazione di Genova: vaste zone del centro storico sono in condizioni di degrado estremo e per una via che viene risanata, magari mettendo case x studenti, altre due si "perdono" ... da qualche anno però, anche se certe vie non sono diventate di certo di stile svizzero, la presenza dei negozietti dei cinesi ha contribuito a fare un po' di contrasto al degrado, anzi , chiudendo più tardi degli italiani ci sono vetrine aperte anche dopo le 20:00 , cose che gli italiani, quando non erano ancora scappati, non facevando di certo !
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