cerchiamo di analizzare punto per punto la questione, partendo dall'ultimo riassunto delle sue posizioni fatto da Alex e di farlo distinguendo fra 3 livelli di problemi:
a) concettuali generali;
b) sul modello cinese rispetto a quello occidentale;
c) su aspetti specifici di quella comparazione.
a) concettuali generali-
a.1 non si pu? definire "capitalista" (ovviamente neppure "socialista") un modello in cui l'economia é pianificata, diretta da un partito-Stato, in cui la ricchezza economica non diventa anche potere politico, in cui educazione ed informazione non sono soggette ai meccanismi liberistici;
a.2 - gli effetti ed i mezzi sono cosa diversa dai modelli: il Feudalesimo, il Capitalismo, il Socialismo, il Corporativismo, il Nazismo, sono modelli; la guerra o la convivenza pacifica, la pulizia etnica o l'internazionalismo, la conversione o l'isolazionismo, lo sfruttamento minorile o il sistema pensionistico sono mezzi; la crescita economica o l'inflazione, le stragi o l'aumento della vita media, le guerre o il diritto internazionale, il consumismo o l'ecologismo sono effetti: le 3 cose non sono affatto collegate meccanicamente.
a.3 - conseguentemente, inoltre, non si pu? parlare di "geudalesimo" prima o altrove del medio evo europeo dove questo modello francogermanico si affermò: prima o altrove vi sono stati sistemi di subordinazione e aristocrazie (anche in Cina) simili al feudalesimo ma non era feudalesimo; allo stesso modo non esisteva il concetto di "Stato-nazione" altrove o prima della sua affermazione nell'Europa sette-ottocentesca e con l'espansione coloniale successiva di quel'Europa, quindi parlare di "nazioni millenarie", "nazionalismo romano", ecc. é pura follia; infine, si pu? dare espansionismo, politica di potenza, conquista spietata, ma non si dà "imperialismo" senza l'esistenza dell'affermazione piena del capitalismo (per Lenin l'"imperialismo" era addirittura la "fase suprena del capitalismo").
Questa premessa è molto utile, perchè permette di fare chiarezza dal punto di vista concettuale e terminologico.
E' giusto essere rigorosi nella scelta dei termini, quindi accetto che si confuti il fatto di definire "capitalista" la Cina, quando il modello economico che ha adottato non ne soddisfa tutti i requisiti.
Sono stata imprecisa dal punto di vista del linguaggio usato, però nel corso della mia trattazione ho cercato di focalizzarmi non sui modelli, ma sui mezzi e gli effetti, così come li hai distinti nel punto a.2. Ed è su questo piano di analisi che vedo delle analogie tra il modello occidentale e quello cinese.
b) comparazione Cina-Occidente-
b.1 in base al punto a.1 la Cina non pu? essere definita "capitalista" e pertanto neppire "imperialista";
b.2 - come ha definitivamente dimostrato weber, i modelli socioeconomici ed istituzionali moderni sono figli specifici di storie specifiche; il capitalismo é figlio dell'etica protestante e non sarebbe potuto nascere né fra gli Aztechi, né fra i Cinesi, né fra i Musulmani (salvo che non ci fosse stata l'assenza dell'aggressione crociata che strangolò il protocapitalismo islamico) e l'applicazione di strumenti, soluzioni, tecniche capitaliste in Cina (che sta avvenendo) come quella di mezzi, strumenti, soluzioni marxiste leniniste (che é avvenuta) non pu? prescindere da 2500 anni di evoluzione storico-culturale cinese, incluso il Confucianesimo 8ma non solo)
b.3 - c'é più differenza, paradossalmente, fra il modello cinese e quello ocidentale che fra quello sovietico e quello occidentale, dato che il marxismo-leninismo é comunque figlio della cultura occidentale; ad esempio per marx e Lenin la Rivoluzione doveva avvenire con la guida della classe operaia (per Marx nei Paesi PIU' industrializzati; già Lenin devi? da questa idea...). Mao rifiutò tale visione (che aveva portato ilPC alla sconfitta delle Comuni di Shanghai e Nanjing) e non solo la Cina ha visto una rivoluzione "comunista" CONTADINA, ma ha visto un Partito Comunista FONDARE le condizioni materiali (prima fra tutte l'industria) per avere sia una classe operaia vera (al contrario di quel che sosteneva Marx), sia addirittura soluzioni di tipo capitalistico oggi!
Come ho detto nel precedente passaggio, mi è chiaro come sia improprio parlare di capitalismo per la Cina dal punto di vista "ideologico", perchè significa trascurare un substrato culturale frutto di una storia diversa da quella occidentale, e anche un assetto politico che presenta comunque delle proprie peculiarità nella gestione del sistema economico. Tuttavia la mia intenzione era quella di porre l'accento, per l'appunto, sulla questione mezzi ed effetti, sulla quale mi sembra che siamo entrambi sostanzialmente concordi: la Cina attualmente, per sostenere la propria crescita, sta sfruttando strumenti attinti dal modello capitalista.
c) questioni specifiche-
c.1 - non é vero che le delocalizzazioni hanno avuto un ruolo essenziale nella recente crescita della Cina come CAUSA, semmai avvengono perché oltre ad avere salari bassi (meno bassi di molti altri Paesi, come Bangladesh, Etiopia, ecc.) la Cina offre prioprio infrastrutture, manodopera di alto livello di formazione, tecnologie di base, ecc. grazie al SUO sviluppo:
Dire che le delocalizzazioni sono avvenute perchè la Cina offriva un terreno particolarmente fertile affinchè avvenissero, non nega il fatto che, a sua volta, abbiano alimentato la crescita, avendo permesso grossi investimenti stranieri in quel Paese e l'importazione di innovazioni tecnologiche. Una domanda utile da porsi, è: in assenza di questa influenza straniera, la Cina avrebbe potuto ritrovarsi ora, nella situazione in cui si trova? E' difficile rispondere, perchè bisogna sforzarsi di immaginare uno scenario completamente opposto a quello che si è in effetti verificato. Io però ne dubito, e reputo che la chiave del successo cinese sia da attribuire al frutto dell'interazione tra il modello locale e la penetrazione occidentale. Il fatto stesso che questa "penetrazione" sia stata autorizzata, per anni, dal governo, significa che la riteneva in qualche modo come una possibile risorsa, che avrebbe potuto dare i suoi frutti in un secondo momento, come infatti sta avvenendo. Altrimenti ci sarebbe stata, penso, una massima chiusura nei confronti dell'Occidente.
E' per questo che non credo di sbagliare quando sostengo che, per arrivare al successo economico, si è comunque accondiscesi ad una logica fondata sullo sfruttamento; a questo punto, poco importa che tale sfruttamento sia stato il motore principale della crescita o abbia concorso solo marginalmente ai risultati...mi rendo conto che se pretendo di fare un'analisi in termini quantitativi, potrei sicuramente sbagliare, ma se mi soffermo sul piano qualitativo, credo di poter arrivare a simili conclusioni con una certa sicurezza.
c.2 - la politica estera e specificamente quella africana della Cina sono quanto di più continuativo dal tempo del maoismo ad oggi (a parte la verbosità demagogica di allora): la Cina da Mao a oggi ha sempre sostenuto di lottare contro ogni "egemonismo" e di volere ottime relazioni (soprattutto economiche) con CHINQUE, senza badare al sistema economico o politico din questo chiunque; osia la Cina (vedi in Africa( non cerca di esportare né un modello, né un'ideologia, né uno stile di vita, né scelte politiche (al tempo di Mao erano gli Albanesi a dichiararsi maoisti ma la Cina aveva ottimi rapporti con anticomunisti come i Sudanesi, con la Francia gaullista e non con gli studenti sessantottini, con il Messico stragista di studenti e se non li avevano con altri era per rifiuto degli altri...);
c.3 si pi? aggiungere che fino alla "chiusura in se stessa" dell''epoca Ming, questa era stata già la politica della Cina antica, tanti secoli prima che si inventassero da parte dell'Occidente colonialismo e capitalismo, in epoche in cui altri Imperi (es.: quello Romano) usavano modelli di espansione del tutto opposti, ossia che vedevano l'economia seguire come risultato scelte e strategie di conquista e poi di diffusione di un UNICO modello ideologico.
La politica estera della Cina, almeno formalmente, sembra meno ipocrita di quella dell'Occidente, che col suo interventismo (anche militare) in nome della democrazia, non fa altro che difendere i propri interessi strategici. Tuttavia, nel momento in cui, ad esempio, mi metto a vendere armi ad un Paese in cui è in corso una guerra, anche se dico di non influenzare la politica del Paese in questione, all'atto pratico la influenzo eccome, perchè se questa nazione non ricevesse determinati approvigionamenti, prima o poi si ritroverebbe nella condizione di non poter protrarre il conflitto ad oltranza.
Prima che qualcuno mi accusi di faziosità, sia ben inteso che non sto dicendo che SOLO la Cina vende armi all'Africa...Lo scopo della nostra argomentazione non è quello di stabilire chi sono i "buoni" e i "cattivi" della situazione, ma di analizzare due sistemi, per riscontrarne analogie e differenze.