Brevetti - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: Brevetti  (Letto 2596 volte)

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Dubbio

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Brevetti
« il: 13 Gennaio, 2009, 22:43:33 pm »
Apro questo topic per rispondere ad una richiesta di chiarimento fattami su un altro thread, nel quale non sarebbe stato possibile trattare specificamente questo argomento senza andare pesantemente O.T.

Citazione da: "marcowong"
dalle battute secche è difficile capire non dico un problema complesso come quello dei brevetti, ma nemmeno la posizione che hai in proposito

Giusto, chiarisco subito.

La mia posizione è che sono contrario ai brevetti e che ritengo che siano uno degli elementi non secondari della logica, che critico, con cui si è diffuso e sviluppato il capitalismo in occidente (Europa + nordamerica, a questo livello le differenze non sono significative): questo spiega la mia battuta secca.

Aggiungo che dire che quello dei brevetti è un problema complesso sa molto di giustificazionismo filobrevettista.

Il problema è semplicissimo: i brevetti istituiscono un regime di proprietà sulle idee, intese come frutti dell'ingegno.

Poiché la proprietà è un diritto esclusivo del singolo, in tal modo le idee brevettate sono sottratte alla comunicazione e allo scambio, salvo il caso che se ne faccia commercio in danaro.

Ci? crea ricchezza da posizioni di pura rendita, quella dei proprietari dei brevetti, e vincola le idee al servizio dell'arricchimento di pochi, ostacolando la condivisione del sapere in funzione del mantenimento in una condizione di subalternità economica e culturale di chi non lo possiede.

La classica contestazione che viene mossa a queste osservazioni è che i brevetti aiutano la ricerca e lo sviluppo, perché se non ci fossero i diritti di esclusivo sfruttamento che essi prevedono nessuno investirebbe in questa direzione con grave danno per l'umanità.

E' fin troppo facile rispondere che è sotto gli occhi di tutti che l'abolizione dei brevetti creerebbe grave danno alla parte, numericamente insignificante, dell'umanità che li possiede, e per gli altri sarebbe una liberazione.

La realtà è che la libera condivisione dei frutti dell'ingegno presuppone la rinuncia a porre alla base dell'organizzazione sociale e produttiva il profitto, sacrificandogli ogni altro interesse.

Ma forse sono l'unico italiano che ha pensato che il fatto che i cinesi copiassero tutto fosse una buona cosa.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Dubbio »

cavallo

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« Risposta #1 il: 13 Gennaio, 2009, 23:07:15 pm »
una volta tanto, in linea di principio, sono d'accordo con la posizione di Dubbio e per i suoi stessi motivi.

ma si dà il caso che pressoché tutti i paesi del Mondo e tutti i principali (si potrebbe aggiungere purtroppo) hanno aderito alle regole (largamente inique ma ormai universali) del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), Cina ionclusa, e che fra queste regole vi sia quella dei brevetti (anzi, stanno cercando di estenderla pericolosamente anche ad aree di prodotti materiali ed immateriali prima escluse, esseri viventi animali e vegetali inclusi) per cui che un singolo Paese, anche rilevante come la Cina, possa violare tale logica e chiamarsi fuori é del tutto impossibile.

petanto, mentre  ancora possibile (ed in effetti avviene, anche da parte di molte ONG) cercare di combattere l'estensione delle regole dei brevetti a settori come gli organismi viventi ed i saperi terapeutici tradizionali (battaglia effettivamente in corso in collaborazione con Paesi del Sud delMondo come l'India), e battersi perché il diritto alla salute sia fatto prevalere almeno nei casi di malattie epidemiche (come l'AIDS) rispetto alla logica dei brevetti (bataglia su cui si é impegnato a lungo il Sudafrica di Mandela), é del tutti ireale che su veicoli, macchinari, sostanze plastiche, ecc. si possano applicare da parte della Cina o di chiunque altro regole diverse da quelle vigenti nell'ambito WTO sui brevetti.

in questo senso un conto é rielaborare, e allora occorre capire giuridicamente se si tratta di violazione di brevetti o no (ma ad esempio il tribunale di Torino ha datom ragione alla FIAT, giarda caso, quello cinese alla sua competitrice cinese, guarda caso...), un conto é violare i copyrights dei loghi (tipo Gucci, YSL, ecc.) che NON SONO esattamente brevetti ma diritti di altro genere associati ad un marchio, un conto é pensare che si possa davvero copiare impunemente ci? che é brevettato.

lo si pu? provare a fare ma le conseguenze nel WTO sarebbero disastrose e la Cina in effetti, nonostante quel che si dice comunemente (e che si riferisce invece all'universo dei logo e dei marchi), non lo fa sistematicamente affatto perché non é suicida...
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

marcowong

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« Risposta #2 il: 14 Gennaio, 2009, 00:31:31 am »
un conto è quello che si vorrebbe, quello che si ritiene l'ideale, un altro conto è la realtà odierna.

Per esempio nell'industria dell'hi-tech, in cui lavoro, è una pratica diventata comune che le aziende si facciano causa vicendevolmente per dispute sulla realizzazione di standard.

Esistono numerosi casi di aziende e pubbliche amministrazioni che hanno fatto marcia indietro su scelte iniziali di prodotti open source per le minacce di possibili cause da parte dei fornitori di altri tipi di prodotti, e nei contratti di fornitura di molte aziende compaiono sempre più frequentemente clausole di protezione contro questo tipo di cause.
Questo ovviamente rende il problema complesso. Per le aziende perchè aumenta il loro rischio d'impresa, aumentano i loro costi fissi perchè devono dotarsi di dipartimenti legali agguerriti ed in perenne gestione di cause varie.

Anche le aziende che operano col modello dell'open source software lavorano sempre con la possibile minaccia di cause sui loro prodotti o addirittura di cause nei confronti dei loro clienti.
E' quindi impensabile che una nazione possa porsi fuori da questo sistema perchè le sue aziende non potrebbero vendere al di fuori del suo territorio.

Fatta questa premessa, ci sono le differenze nel modo di realizzare  queste protezioni.
Per esempio, in America esiste la tradizione dei punitive damages, class action ecc. che rendono altissimi i costi della perdita di una azione legale.
In Europa tradizionalmente tali costi sono più bassi, ed ancora più bassi nei paesi asiatici (anche in Giappone, per esempio).

La situazione cinese offre inoltre moltissime altre particolarità, e visto che siamo su un forum sulla Cina vale la pena di parlare di alcuni aspetti tralasciati dai media.
Per esempio, non si menziona quasi mai che esiste forte un protezionismo locale. Le aziende sono assai poco stimolate ad intraprendere azioni legali perchè azioni sotto una certa soglia vengono gestite da tribunali locali che difficilmente daranno torto ad aziende registrate nel loro territorio. Quindi, quanto capitato alla Fiat nel caso della Panda sarebbe tranquillamente potuto succedere ad una azienda cinese che avesse intrapreso la loro linea di azione in un tribunale "fuori casa". Ma una azienda cinese, probabilmente, si sarebbe comportata in modo diverso.

Altro discorso che tocca la Cina è per esempio il più basso costo delle royalties che il governo cinese ha aiutato a negoziare per conto delle aziende cinesi.
In un esempio di sistema paese, per esempio, nel corso dei negoziati per l'ingresso nel WTO la Cina ha ottenuto da diverse aziende chiave nel settore dell'hi-tech dei trattamenti preferenziali per il mercato cinese per cui, per molti prodotti di consumo il consumatore cinese paga di meno.
Se è vero che, nel caso dei mercati di esportazione, le royalties sono allineate, è ovvio che questo ha favorito un ciclo virtuoso per cui, per l'industria dell'elettronica, la Cina non è certo in posizione di inferiorità tecnologica.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da marcowong »

cavallo

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« Risposta #3 il: 14 Gennaio, 2009, 07:31:38 am »
grazie marco delle stimolanti precisazioni sulla realtà cinese dei brevetti e dei conflitti collegati, del tutto ignorata dai nostri media
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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« Risposta #4 il: 14 Gennaio, 2009, 09:17:56 am »
@marcowong

Il tuo intervento è molto interessante, presenta delle particolarità della situazione cinese di cui non avevo mai sentito parlare
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da nessuno »

Dubbio

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« Risposta #5 il: 14 Gennaio, 2009, 10:54:33 am »
Citazione da: "marcowong"
un conto è quello che si vorrebbe, quello che si ritiene l'ideale, un altro conto è la realtà odierna.

Beh, mi era stato chiesto di descrivere la mia posizione, non la realtà odierna che, credo, conosciamo, e questo ho fatto.

A parte ci?, da quanto scrivi traspare una sorta di concezione del "dover essere" della realtà odierna utilizzata in modo eccessivamente giustificazionista.

E' possibile che la tua intenzione sia solo descrittiva e allora ho frainteso.

Ma siccome il discorso è partito da una mia posizione critica e non meramente descrittiva, è bene chiarirsi.

Se io sono critico nei confronti delle prassi economiche e commerciali dell'occidente industrializzato, e di chi in oriente ne ha seguito le tracce, e mentre all'interno di un paese occidentale opero per favorire le forze che lavorano per un cambiamento di rotta rispetto a tali prassi, guardo ai paesi in via di sviluppo come a una possibilità in più per tale cambiamento, quando vedo che essi fanno scelte del tutto analoghe a quelle che critico in occidente, li critico pari pari, senza distinzione.

Come ho scritto, non ho due pesi e due misure. come probabilmente chi apprezza le pessime notizie che hai dato sulla Cina.

L'esempio che hai fatto dell'open source è illuminante.
Lì si combatte una battaglia che potrà avere notevoli conseguenze sui modelli di sviluppo.
E' la battaglia per la libertà del sapere che si gioca sulla questione della tutela giuridica del software, che dipende da come il software viene considerato (cultura, merce, risorsa essenziale per lo sviluppo, oggetto di proprietà, ecc...) e che è particolarmente strategica per l'importanza che il software ha via via assunto nelle nostre società.

In nordamerica il legislatore non ha avuto dubbi (Microsoft insegna) e ha considerato il software alla stregua di un'invenzione brevettabile.

In Europa la lobby delle multinazionali americane continua a cercare di ottenere una direttiva per la brevettabilità del software, ma finora non ci è riuscita anche perché molti hanno deciso che non fosse sufficiente l'aggressività del cartello dei produttori di software "proprietario" (non open source) per abbandonare l'open source.

Non discuto la comprensibilità dell'atteggiamento di chi per timore che i suoi affari vadano male accetta di omologarsi alle logiche di un sistema dannoso ed iniquo (oltre che tutt'altro che liberistico, come dimostra il monopolismo di Microsoft), ma dico che chi fa così rinuncia ad ogni possibilità di cambiare quelle logiche, e quindi lo critico.

Perché al contrario, esistono aziende fortemente impegnate per la promozione del software open source, pubbliche amministrazioni che ne hanno deciso l'adozione, gente che ha capito che da lì passa una possibilità molto importante nella strada per costruire una società più giusta.

Per cui leggere che in Cina vi è un forte localismo nei tribunali (il che è indice di forti limiti culturali nell'amministrazione della giustizia, o di assoggettamento di tale amministrazione ad altri interessi, che è peggio) o che la Cina negozia con le multinazionali sconti sulle royalties, non rappresenta per me motivo di conforto nell'ottica che ho indicato.

Per chi nutre qualche interesse ad approfondire i termini cruciali sotto il profilo economico e culturale che la questione del software open source pone, mi permetto di suggerire due letture.

Una è costituita da un carteggio risalente al 2002, in occasione della discussione da parte del Parlamento del Perù di un progetto di legge per imporre a tutte le amministrazioni pubbliche l'uso di software open source.

Il carteggio è costituito da una lettera di Microsoft al parlamentare autore della proposta di legge, Edgar Villanueva Nunez, e dalla sua risposta, a mio parere memorabile.

Lo trovate a questo link: http://www.interlex.it/pa/peru.htm

La seconda lettura è costituita dal libro di Pekka Himanen "L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione", edito da Feltrinelli nel 2003.

Sono stato decisamente troppo lungo, ma poiché non capita spesso vi prego di perdonarmi.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Dubbio »

marcowong

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« Risposta #6 il: 14 Gennaio, 2009, 13:06:29 pm »
Citazione da: "Dubbio"
A parte ci?, da quanto scrivi traspare una sorta di concezione del "dover essere" della realtà odierna utilizzata in modo eccessivamente giustificazionista.

E' possibile che la tua intenzione sia solo descrittiva e allora ho frainteso.

La mia intenzione era solo descrittiva, e non potrebbe essere altrimenti.
Credo che la realtà non sia così conosciuta come pensi, e quindi sia comunque interessante spiegarla.

Citazione da: "Dubbio"
Per cui leggere che in Cina vi è un forte localismo nei tribunali (il che è indice di forti limiti culturali nell'amministrazione della giustizia, o di assoggettamento di tale amministrazione ad altri interessi, che è peggio) o che la Cina negozia con le multinazionali sconti sulle royalties, non rappresenta per me motivo di conforto nell'ottica che ho indicato.


Anche questo non voleva essere un conforto, una posizione o altro, ma una semplice descrizione.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da marcowong »

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« Risposta #7 il: 14 Gennaio, 2009, 13:45:12 pm »
sono molto contento che marco abbia dato le sue ingormazioni peché credo che spesso (talora anche su questo Forum) si parli senza avere le necessarie informazioni di base, ci si concentri più su illusioni, speranze, stereotipi o elementi superficiali che sull'analisi della realtà.

analizzare la realtà, senza finzioni, ipocrisie, sogni, confusioni terminologiche, ritengo sia il passo sine qua non se si vuole poi capirla, magari giudicarla, perfino e soprattutto cambiarla o battersi per tale fine.

e per questo, su qualsiasi argomento, la sconfitta delle menzogne, delle confusioni, delle disinformazioni, della mancanza di elementi informativi io la trovo propedeutica ed indispensabile rispeto a qualsiasi altra azione, anche di lotta per modificare quel, che avviene (quando non é da delirio di onnipotenza credere di poterlo fare...); ecco perché le ingormazioni di marco, che delineano una situazione ben più articolata di quella cara a media ed "esoperti" italici (come del resto quelle sul guanxi) sono utilissime e sarebbe forse il caso di approfondire la dialettica esistente in Cina fra strategie di adattamento alle norme WTO, di rielaborazione di elementi stranieri, di rapporto differenziato con la questione marchi, logo, brevetti e di correlazione fra significato stesso della "giustizia amministrativa" e "civile" e politica complessiva della nazione e dello stato.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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« Risposta #8 il: 14 Gennaio, 2009, 22:54:59 pm »
Quoto totalmente Dubbio.
Il problema è che la cosa più importante per l'essere umano è il denaro. Troppo spesso più importante anche delle persone. In quest'ottica ogni cosa viene creata per produrre profitto e non per essere utile (con questo non voglio dire che ogni cosa realizzata è inutile, ma semplicemente che quasi sempre lo scopo principale all'origine è il denaro). Ovvio che le aziende (ma non solo, anche i singoli), quando creano qualcosa di nuovo, sentano la necessità di impedire ad altri di poter "sfruttare" le proprie idee, i propri progetti.
Questo, come dice anche Dubbio, rallenta lo sviluppo e soventemente mina la libertà dei singoli.
Quando viene realizzato un prodotto utile e questo viene brevettato, ogni evoluzione di tale prodotto dipenderà solo dal detentore del brevetto o da chi si accorda (con cifre cospicue) con lui.
Gli altri saranno tagliati fuori, o devono re-inventare il prodotto in modo diverso (stando bene attenti a non violare in alcun modo il brevetto).

Per quanto concerne il settore software, fortunatamente l'Europa, per ora, mantiene una posizione solida e opposta a quella Americana in tema di brevetti e non solo (vedi maxi multe inflitte a Microsoft, società simile al "cancro" che erode la libertà degli utenti di "computer").
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da ewendel »

cilex

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« Risposta #9 il: 15 Gennaio, 2009, 10:46:47 am »
comunque sono d'accordo con te Dubbio.

Magari voi adesso parlate della tecnologia come cellulari o armi di distruzione di massa... che non hanno diciamo un interesse esistenziale!!!

Però se metti dall'altro lato, quello dei farmaci, e quelle delle tecnologie biomediche allora veramente ti vedi cadere il mondo addosso!!!
Poveri malati che non possono permettersi una cura, perchè un valvola viene venduta a 30mila euro, e ne costa meno di cinquanta farne una....... tutto il resto sono costi di brevetti ed avvocati. Non si pu? guadagnare sulla salute delle vite delle persone!!!

Facciamo una petizione per abolire i brevetti, dico almeno nella Sanità..... il diritto alla salute non è un diritto di tutti???? :cry:  :cry:  :cry:  :cry:
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cilex »
Non lasciatevi scoraggiare da coloro che delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi ed autentici del loro Cuore!!!

Giovanni Paolo II 16.X.1978 - 2.IV.2005

cavallo

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« Risposta #10 il: 15 Gennaio, 2009, 13:13:47 pm »
segnalazione (anche per sotolineare che essere realisti ed analitici non impedisce affatto di patecipare ad iniziative di prospettiva...):

sabato 24 gennaio 2009 alle ore 15.00 a Roma

presso la sede dell'UNICEF di Via Palestro 68
 si terrà un'iniziativa conclusiva (in forma di congronto-dibattito ONG-Istituzioni) della campagna "SIRITTI DI PROPRIETA' E DIRITTO ALLO SVILUPPO: SENZA PATENTE, PER LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI DIRITTI"/Campagna di sensibilizzazione sugli effetti della tutela della proprietà intellettuale sui processi di sviluppo,

organizzata dal COCIS e da "Ricerca e Cooperazione" (ONG con cui collaboro organicamente).

parteciperà anche Vandana Shiva (per chi non sa chi é: http://erewhon.ticonuno.it/riv/societa/ ... andana.htm)
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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