Una amica mi ha giustamente chiesto se si parla dell’anniversario di Tian An Men nella comunità cinese in Italia e devo ammettere che questa domanda mi ha messo in difficoltà. Nel Giugno del 1989 ero uno studente universitario ed ero appena tornato da un periodo di studi in Cina.
Avevo vissuto l’atmosfera dei campus universitari cinesi ed osservavo con estremo interesse il clima di promesse e di speranze che si viveva durante quella primavera pechinese.
Il clima politico mondiale d’altronde induceva a queste speranze, nell’Unione Sovietica la perestroika e la glasnost gorbacioviana stavano modificando per sempre gli equilibri mondiali e gli studenti universitari cinesi erano influenzati da quei cambiamenti.
Ero convinto che quella primavera sarebbe stata destinata ad essere storia, e presi a collezionare gli articoli di giornale che ne parlavano, le foto che ritraevano i simboli di quel momento giovane e creativo che coinvolgeva centinaia di migliaia di persone in quella piazza, come la statua dedicata alla libertà, le foto di quei ragazzi.
Fino al giorno in cui quelle foto di gioia e di speranza lasciarono il posto ad altre immagini, quelle dei carri armati, e degli stessi ragazzi feriti, sanguinanti, disperati. Morti.
Seguii ancora per qualche giorno le vicende, portai il lutto al braccio e lo urlai e lo piansi di fronte alle manifestazioni che si organizzarono per l’occasione.
E poi chiusi quella cassetta con i ritagli di giornale e di foto. La chiusi per anni, solo ogni tanto una menzione con qualche amico, immaginando cosa sarebbe successo se gli eventi avessero preso una piega diversa.
Ci ho messo tanto a metabolizzare quegli eventi, per tanto tempo ho pensato che fosse un fatto da tenere per sè, come riguardasse solo il tuo intimo.
Solo negli ultimi anni ho pensato che era giusto ricordare quegli eventi. Perchè il tempo passa e se allora ero giovane adesso non lo sono più, ed allora la memoria va tenuta viva. Per ricordare quelli che nel 1989 erano giovani, e dopo il 4 di giugno non lo erano più.