a parte agli "ignoranti o disinformatori" ed ai poveretti illusi che costituiscono la maggioranza degli studenti della Facoltà di Studi Orientali di Roma (con eccezioni come saru, difatti impegnata in Associna), appare evidente a tutti coloro che si intendono di studi di culture "altre" e di mercato del lavoro (lo sostiene anche il preside di quella Facoltà, Masini, senza essere ascoltato dalla quasi totalità dei suoi studenti) che:
- lo studio accademico privo di approcci diretti, personali, con la realtà complessa della cultura cinese (gastronomia, artigianato, lingua e dialetti, mode, tendenze, concezioni aziendali, import-export, ecc., ecc.), nella sua dimensione contemporanea oltre che storica, risulta del tutto inutile, contraddittorio col proclamato "interesse" per le culture orientali e incapace di sfruttare l'occasione rarissima data dalla collocazione di quella facoltà, a Roma, nel Rione Esquilino, ove abbonda la presenza commerciale (e umana) cinese;
- tale studio non offre che a 2-3 persone al decennio (delle MOLTE DECINE che si laureano solo in Cinese ogni anno, essendo a Roma gli iscritti a Cinese oltre 800) una occasione di lavoro nell'università o simili, mentre mancano persone che sappiano lavorare come mediatori culturali, come operatori del turismo, come promotori dei valori immateriali dei prodotti e nel marketing in generale, come interpreti, come soci di imprenditori cinesi, come consulenti alla diversificazione commerciale, ecc. e certo queste figure non nascono dall'appiattimento sullo studio accademico e dall'ignorare le occasioni di contatto reale con il variegato mondo cinese reale dove ci si reca a "studiare".
l'ironia sui camerieri, poi, é del livello di quella delle osterie sulla Via Emilia del tempo dei carrettieri descritti da Bacchelli, ma non ci si pu? aspettare di più da certuni....