per xaratos:
Continuiamo comunque a dialogare, perché io pure imparo dialogando, stai tranquillo, e non sono un iper-esperto di Buddismo (né un tuttologo), ma sto solo attento alle connessioni fra elementi e alle coerenze.
Hai ragionissima: la gente cambia opinione, é legittimo (anche se alcuni lo fanno coscienti, altri perché si vendono): Biagi, Ferrara, Ingrao, Montanelli, Malaparte, Maroni, Bombacci, Brandirali, Bob Dylan, Rutelli, perfino Ratzinger (lo sapevi che inizialmente e fino al 1968 era un teologo di sinistra, allievo di Kung, da lui poi condannato?).
Ma quando il cambio di opinione coinvolge la sfera del sacro e della tradizione sacralizzata (tanto più se avviene ad opera di chi quella tradizione sacralizzata incarna o dice di incarnare), un mutamento vuol dire una RIFORMA (come quella luterana o come la nascita del Cristianesimo paolino dal tronco dell'Ebraismo) e conseguente ROTTURA della tradizione (spesso con scismi, conflitti, talora guerre, ecc.) e sua delegittimazione almeno parziale ma forte (ad esempio, se non ci fosse stata la rottura luterana non ci sarebbero stati, successivamente, neppure l'Illuminismo e il Marxismo!).
Da antropolgo non ho affatto paura di questo (e neppure dei conliti...) né mitizzo la tradizione (come invece nel caso del Tibet ed in altri fanno strumentalmente in molti, quando addirittura non se la inventano come Bossi blaterando a vanvera di "Padania"), ma mi piacerebbe solo che si discutesse del senso e delle conseguenze (ripeto CULTURALI ed IDENTITARIE) di certe riforme/rotture anche per svelare quanto siano strumentali certe difese, tutte politiche ed ipocrite , delle "tradizioni tibetane"...
E su questo, le opinioni mi interessano, non solo di chi é mastro buddhista, ma anche di comuni mortali come me e te