La riforma del lavoro in Cina - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: La riforma del lavoro in Cina  (Letto 2249 volte)

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simoneb

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La riforma del lavoro in Cina
« il: 07 Gennaio, 2008, 22:56:38 pm »
2 gennaio 2008

ò entrata in vigore dal primo gennaio la riforma del lavoro in Cina. La norma, che assegna un ruolo significativo alle organizzazioni sindacali e regola i tempi dei contratti e l'ammontare dei salari (con obbligo di pagamento degli straordinari, stipendio minimo e buonuscita per chi viene licenziato), ha messo in allerta le società straniere dislocate nel Paese del Dragone .

½Il Governo cinese sta facendo uno sforzo corale per proteggere i diritti dei lavoratori?, ha commentato a Bloomberg Auret van Heerden, a capo della Fair Labor Association di Ginevra, l'organizzazione che monitora le condizioni dei lavoratori in 60 Paesi. Ma c'è chi non apprezza il tentativo. Olympus, quarto gruppo a livello mondiale nella produzione di macchine fotografiche e Yue Yuen Industrial, leader nella produzione di scarpe per marchi globali come Nike, sono tra le società che hanno deciso di spostare rami produttivi in Vietnam per tagliare i crescenti costi del lavoro.

Il trend è generalizzato nella regione, se si pensa che anche Quanta Computer, il più grande produttore di laptop (computer portatili) per altri gruppi, ha come obiettivo dichiarato l'apertura del primo impianto fuori dai confini di Taiwan, che sarà localizzato proprio in Vietnam, nella seconda metà del 2008. ½L'anno prossimo assisteremo alla chiusura di altre fabbriche in Cina - ha pronosticato Stanley Lau, vice-presidente dell'associazione industriale di Hong Kong - in particolare perché la nuova legge rende più difficile l'assunzione temporanea, una pratica in uso soprattutto nelle società di export per affrontare le fluttuazioni negli ordini?.



Will China's new labor contract law mean a better image and a move up the industrial ladderò Or will it push up wages and erode the country's competitive advantage? And among these possible outcomes, which matters more? It depends on who you ask.

Zhao Yumin, an expert with the Chinese Academy of International Trade and Economic Cooperation, which is under the Ministry of Commerce, told Xinhua that China should shed its sweatshop image. "We will develop the economy with the purpose of promoting people's welfare and the new law aims to ensure that workers' rights are protected," in line with world trends.

The Labor Contract Law, due to take effect on Jan. 1, 2008, entitles employees of at least 10 years' standing to sign contracts that protect them from dismissed without cause. The law also requires employers to contribute to employees' social security accounts and sets wage standards for employees on probation and working overtime.

Many small local companies complained that the law would send up their costs and worsen their situation, which they said was already being made difficult by a stronger currency and the scrapping of export tax rebates.

However, Chen Xinmin, a human resources expert with South China Normal University, said that "some companies reacted too strongly because they are so spoiled that they mistakenly equate advanced personnel management with the right to fire people at will."

Statistics indicate that about 40 percent of private-sector employees lack labor contracts, and critics have charged that unpaid wages, forced labor and other abuses have accompanied China's economic boom.

The outcry culminated in June when a slave-labor scandal came to light in which hundreds of farmers, teenagers and even children had been forced to work in brickyards, enduring beatings and confinement.

"Companies should regard the law as an opportunity to improve their management, capital-labor relations and productivity," said Bao Yujun, president of the China Society of Private Economy Research.

"Foreign companies reject poor labor standards, too," said Zhao, adding that she didn't believe the law would lead to multinationals moving their operations out of China to countries where labor costs were even lower.

"Global companies came to produce in China because of the low costs but also because of the huge market," she added.

Although some U.S. companies believed that China was losing its competitive edge to rising costs, many were realizing the market potential that China has long promised, according to a recent report from the American Chamber of Commerce in Shanghai.

As economic reforms have improved the climate for U.S. companies in China, the vast majority of them planned to increase investment in the country, said the report.

Zhang Yansheng, head of the International Economic Research Institute under the National Development and Reform Commission, said that "the new law is part of the progress China has made to perfect its market economy system" and that China would create a better business climate by updating the legal system. And if companies did decide to move to places with cheaper labor, that was just "the rules of the market economy," he said.

"As China's population ages, industries that are too labor-intensive will have to move out of the country" anyway, he said. "Although China has a bigger population, India has two times as many young workers as China." He added: "China must upgrade its industries. The world's factory should not be merely a packaging plant or a composing room with low-quality laborers."

As China strives to restructure its economy and raise workers' incomes, companies that solely relied on cheap labor would not have good prospects in any case, said Wang Yiming, an expert in personnel management with the Chinese Talents Society.

Statistics indicate that Chinese workers' pay has been rising rapidly in recent years. Wages rose 14 percent in 2005, according to the central bank. And monthly wages rose 18.8 percent in the first nine months of this year, according to the National Bureau of Statistics.

Labor costs in China are low by developed-world standards, equating to perhaps 2-3 percent of what workers earn in the West, but China is hardly the lowest-cost location in the world. For example, textile workers in coastal provinces cost about 1 U.S. dollar per hour, but that's three times as much as in Vietnam, Cambodia or Bangladesh, according to Deputy Minister of Commerce Gao Hucheng.

China's advantage in low labor costs has become an unhealthy model of growth and led to a loss of national welfare, said experts.

fonte: http://english.peopledaily.com.cn/90...6/6330181.html


credo che il parere della Fair Labor Association sia molto più autorevole di altre organizzazioni che muovono sempre e solo critiche, perchè di base sono manovrate politicamente.
e della nike, che sposta i centri di produzione perchè in cina si introducono troppi diritti, che dire? non erano quelli che tempo fa fecero una campagna sul lavoro e l' etica di produzione? ciarlano tutti di diritti, poi però seguono la logica del profitto e basta.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da simoneb »

cavallo

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« Risposta #1 il: 08 Gennaio, 2008, 01:07:11 am »
finalmente cade la maschera dei grandi difensori occidentali dei "diritti dei lavoratori cinesi", di chi insulta la Cina per la sua scarsa tutela dei diritti dei lavoratori e per i suoi "bassi salari": questa gente non vuole affatto che le condizioni di vita e di lavoro in Cina migliorino, ma solo preservare i propri profitti e il loro sogno, semmai, é usare il ricatto delle delocalizzazioni contro i diritti dei lavoratori, cinesi ma anche occidentali!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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Xaratos

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« Risposta #2 il: 08 Gennaio, 2008, 02:54:57 am »
Ci si augura che tali norme vengano VERAMENTE applicate (e che magari, non ci siano poliziotti o peggio ancora poteri dello stato) che chiudono occhi e orecchie. Ma non è il caso di sminuire l'importanza di questa notizia con il pessimismo gratuito, spero che anche in altri paesi vengano adottate norme similari perché non è giusto che in un'epoca come la nostra esistano ancora sfruttati e sfruttatori... Peggio dello schiavismo coloniale. Grazie simoneb per le liete novelle.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Xaratos »
"Ho pieta di coloro; che l´amore di se ha legato alla patria. La patria non è altro che un campo di tende, in un deserto di sassi!" - Antico Canto Tibetano.

haojingzi

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« Risposta #3 il: 08 Gennaio, 2008, 07:50:53 am »
Per precisione si tratta di una riforma al contratto di lavoro, la legge del lavoro non e' cambiata.

Parte del contenuto della nuova legge base era gia in uso in diverse regioni.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da haojingzi »
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babo

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« Risposta #4 il: 08 Gennaio, 2008, 13:59:19 pm »
ma perchè?!?! 8O
Le cose nella RPC andavano così bene, che senso avrebbe modificare adesso le cose coll'unico risultato di far perdere competitività alle merci cinesi e dirottare gli investimenti esteri verso altre nazioni?
Poi, come qno qui ha fatto giustamente presente, non esiste sfruttamento tra i cinesi, tutto avviene con il pieno consenso delle parti; questa storia dello sfruttamento è la solita visione distorta che l'occidente ha della società cinese. Mi chiedo allora perchè portare avanti la difesa gli interessi dei lavoratori cinesi, quindi di una parte soltanto, a discapito dell'intera nazione? perchè la RPC deve pagare questo prezzo frutto dell'egoismo?
Poi perchè condannare sempre le multinazionali...è la legge del mercato: io sposto i capitali dove questi fruttano di più, è sempre stato così e un tempo ne benefici? anche l'Italia rispetto al resto d'Europa.
Dopo la conversione al capitalismo spinto negli anni '90, le multinazionali hanno fatto anche la fortuna della Cina, investendo intensamente in un'economia povera di capitali e trasferendo tecnologie avanzate, se non fosse stato così ora non ci sarebbe il boom, quindi si dovrebbero ringraziare invece di denigrare per le loro politche, rientranti perfettamente nella logica del profitto.
Ora che la RPC ha finalmente dimostrato al "mondo libero" che si pu? raggiungere la richezza indipendentemente da una riforma democratica e senza l'applicazione dei diritti fondamentali (che appartengono ad altri contesti politici e culturali e quindi opinabili) e anzi che questi ultimi sono ormai sorpassati e rappresenterebbero soltanto un grosso ostacolo allo sviluppo economico, che bisogno reale c'è di cambiare rotta?
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da babo »

simoneb

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« Risposta #5 il: 08 Gennaio, 2008, 14:24:12 pm »
Citazione da: "haojingzi"
Per precisione si tratta di una riforma al contratto di lavoro, la legge del lavoro non e' cambiata.

Parte del contenuto della nuova legge base era gia in uso in diverse regioni.

grazie per la precisazione.

babo, secondo me i correttivi sono stati messi proprio perchè richiesti dalle dinamiche del mondo del lavoro. la cina si è resa conto che non pu? vivere come se fosse in rivoluzione permanente. stai tranquillo che gli investimenti esteri continueranno ad esserci, proprio l' anno scorso è stato l' anno record. la stabilità politica della cina è assodata e largamente superiore a quella di tanti altri paesi asiatici e non e questo permette alle aziende di pianificare nel lungo periodo.
quanto alle multinazionali, ditte come la monsanto che stanno distruggendo l' india, o come la nike che rivende i suoi prodotti a basso costo a prezzi centuplicati nel mercato occidentale, non hanno certo la mia approvazione. mi rendo benissimo conto che per un imprenditore il profitto è la prima cosa, ma credo che adeguarsi a certi standard di tutela sia importante (senza che questo comporti un cambio di regime politico, come molti vorrebbero).
a torino gli operai della thyssen sono morti perchè i padroni ritenevano superflui i costi sulla sicurezza... finchè le dirigenze delle multinazionali ragionano così, e i governi asseconderanno queste logiche (a partire da quelli definiti democratici come quello italiano)non ci saranno mai uomini liberi. il ruolo della politica è proprio questo, la medizione tra chi parte più avvantaggiato e chi è più debole. per questo le iniziative che sta prendendo il governo cinese negli ultimi tempi su vari fronti, hanno tutta la mia approvazione.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da simoneb »

cavallo

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« Risposta #6 il: 08 Gennaio, 2008, 18:30:21 pm »
babo, premesso che concordo al 100% con quanto ti ha risposto simoneb, voglio solo aggiungere (senza parlarti di temi come i diritti, che mi pare ti siano un po' estranei) che tutti gli eonomisti (evidentemente anche i Cinesi), esclusi alcuni dementi iperliberisti statunitensi e forzitalioti sanno bene che la crescita di un Paese diventa stabile e di lunga durata SOLO se aumentano I CONSUMI INTERNI non intesi come consumi di lusso di una piccola élite, sia pure crescente (mmai oltre certi limiti), ma come consumi della grande massa dei salariati e delle loro famiglie.

Ci? era chiaro perfino ad un fascista come Henry Ford e si é verificato in tutta la Storia, precapitalista, capitalista e tardocapitalista. La Cina non fa eccezione e quindi il miglioramento delle condizioni e dei diriti dei lavoratori serve anche/soprattuto a far ottenere loro posibilità maggiori di consumo per rendere l'impetuosa crescita cinese stabile e di lunga durata, oltre che garantire più stabilità sociale e l'egemonia del gruppo dirigente che sta guidando il processo di crescita.

Inoltre, so che il fatto che al potere in Cina ci sia un Partito che si chiama "comunista" pu? sembrare pura forma e che ci? non avrebbe nulla a che fare con le scelte economiche (anche se le industrie e le banche di Stato sono comunque motori economici e l'ontera economia resta interna a scelte POLITICHE del PCC, in Cina) e che nel contempo si crede che la Cina ormai abbia abbandonato le sue radici culturali millenarie (basate più sulla collettività che sull'individualismo), ma si dà il caso che:
- si stia rivalutando fortemente Confucio e Hu Jintao al CVII Congresso del PCC abbia posto l'obiettivo (assai confuciano e ben poco occidentalcapitalista...) della "costruzione di una società armoniosa" e della riduzione delle differenze sociali, il che implica necessariamente il miglioramento anche normativo (oltre che attraverso numerose inioziative in atto per garantire DI NUOVO assistenza sanitaria e scuola gratuite ai contadini e creare un sistema pensionistico generalizzato) delle condizioni dei lavoratori;
- si sia lanciata a novembre 2007 una campagna di studio delle opere di Marx e Lenin indirizzata a SEDICI MILIONI DI ISCRITTI AL PARTITO (sui 70 che sono) per rilanciare le concezioni inerenti la giustizia sociale e trovare nuove soluzioni per metterle in pratica nell'"economia socialista di mercato" cinese.

Ci? pu? piacere o meno, ma credere che la Cina si sia convertita alle teorie reaganiane, ripudiando tutto il suo passato (millenario e recente) lo ritengo un tragico errore (tragico per chi lo commette, non per la Cina).
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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marcowong

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« Risposta #7 il: 08 Gennaio, 2008, 18:52:01 pm »
Citazione da: "cavallo"
babo, premesso che concordo al 100% con quanto ti ha risposto simoneb, voglio solo aggiungere (senza parlarti di temi come i diritti, che mi pare ti siano un po' estranei) ...


Personalmente penso che babo stia facendo un po' del suo tipico umorismo criptico.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da marcowong »

federep

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« Risposta #8 il: 11 Gennaio, 2008, 18:56:48 pm »
Speriamo che (prima che gli stipendi) la riforma porti dei miglioramenti sulla sicurezza sul posto di lavoro:

http://www.repubblica.it/2008/01/sezion ... avoro.html

Centomila morti sul lavoro nel 2007. Il governo di Pechino dice che la situazione è migliorata dal 2006, ma solo nel 2004 i morti erano 90mila (statistiche ILO)....speriamo che la situazione migliori...per quel poco che prendono non ne vale la pena (non varrebbe cmq mai una vita umana)...
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da federep »

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« Risposta #9 il: 11 Gennaio, 2008, 22:03:07 pm »
sicurezza e stipendi (ma anche modalità di licenziamento, che mutano con le nuove norme in Cuna) non sono direttamente collegati al 100% ma hanno comunque (ovunque) molte interrelazioni, infatti:
- come prova anche il caso torinese ThyssenKrupp un lavoratore ha più rischi se é costretto agli straordinari dalla scarsezza del suo salario-base;
- salari più alti aumentano il potere contrattuale dei lavoratori (e non solo viceversa), perché li rendono meno ricattabili con la monetizzazione dei rischi (ti pago un'indennità se accetti di lavorare senza misure di sicurezza) ;
- altrettanto tale potere contrattuale viene alimentato dal rendere più difficili i licenziamenti (soprattutto si ha meno paura a dire NO);
- le imprese per recuperare i costi aggiuntivi devono INNOVARE i cicli produttivi e questo vuol dire in pate superare impianti e processi vecchi che sono più pericolosi.

Che poi le norme si applichino davvero é un'altra cosa...

In ogni caso io volevo segnalare che ad opporsi a queste nuove norme cinesi sono le ditte di quei Paesi (fra cui l'Italia) che sono in prima fila a criminalizzare la Cina per come sono trattati i suoi operai: vergogna ipocriti: sono della stessa razza dei dirigenti confindustriali torinesi, assenti ai funerali degli operai ThyssenKrupp: razza canina!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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haojingzi

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Re: riforma e sicurezza magari
« Risposta #10 il: 13 Gennaio, 2008, 08:08:41 am »
Citazione da: "federep"
Speriamo che (prima che gli stipendi) la riforma porti dei miglioramenti sulla sicurezza sul posto di lavoro:

http://www.repubblica.it/2008/01/sezion ... avoro.html

Centomila morti sul lavoro nel 2007. Il governo di Pechino dice che la situazione è migliorata dal 2006, ma solo nel 2004 i morti erano 90mila (statistiche ILO)....speriamo che la situazione migliori...per quel poco che prendono non ne vale la pena (non varrebbe cmq mai una vita umana)...


La sicurezza sul lavoro e' un serio problema in Cina.
Per quanto riguarda invece la nuova legge, pensa solo al grande vantaggio che quando ti fanno un contratto a tempo determinato, tipo a progetto, al secondo rinnovo devono per legge farti uno indefinito!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da haojingzi »
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