non so se lo avete letto ma c'era un mio breve articolo su Metropoli della settimana scorsa.
Il testo, che non si legge bene nella figura è:
ôIl Pericolo giallo, un timore che ritornaö
ANNI90. Su una carrozza di prima classe in treno un asiatico chiacchiera su un telefono cellulare, apparato allora ancora poco diffuso, mentre lavora sul computer portatile. Due ragazze passano alla ricerca della loro carrozza e una di loro mormora all’altra: ½Guarda che bel computer che ha quel cinese!?. E l’altra di rimando: ½No, siamo in prima classe, quello ha un computer e un telefonino, deve essere giapponese!?. Ho vissuto per
tutta la mia vita a cavallo tra due culture: quella del mio paese di nascita, l’Italia, e quella della Cina delle mie origini. Ma spesso, a complicare il mio senso di identità, c’è stata l’impossibilità, da parte di molti italiani, di distinguere tra gli abitanti di Cina e Giappone; per cui se vestivo in modo formale o elegante agli occhi degli altri diventavo giapponese; se invece il mio look era un po’ più trasandato allora dovevo per forza essere cinese. Così le due ragazze sul treno mi avevano creato un’identità sulla base di schemi mentali precostituiti, in un equivoco che mi ha sempre accompagnato nel corso della mia esistenza. Fin da bambino mi facevano
mille domande non solo sulla Cina ma anche sul paese del Sol Levante, di cui inizialmente poco sapevo ma che ho dovuto conoscere meglio a furia di dover comunque esprimere un’opinione su di esso. Così ho studiato la lingua e la storia del Giappone e questo mi ha permesso di osservare con attenzione i corsi e ricorsi del ôpericolo gialloö nei decenni. Quando, poco
più di trent’anni fa, la società occidentale veniva spiazzata dalla nuova potenza industriale nipponica, si usava sminuirla con affermazioni
del tipo ½i giapponesi sanno solo copiare?.
Oggi il nuovo ruolo della Cina sui palcoscenici internazionali provoca azioni non molto diverse e nella società italiana, nuovamente colta di sorpresa, sui cinesi si inventano le più svariate leggende metropolitane, si diffondono le paure più irrazionali. Si elenca incessantemente, come la preghiera del rosario che farà allontanare il diavolo, quanto di brutto c’è in
quel Paese per sminuirne l’immagine, si cerca il trucco dietro i successi, si alzano barriere per proteggersi. In una parola ci si coprono gli occhi
e si aspetta che tutto passi come un brutto sogno. Si fa di tutto, eccetto quello che si dovrebbe fare. E cioè studiare, conoscere, capire.