PRATO: Salva grazie ai cinesi. - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: PRATO: Salva grazie ai cinesi.  (Letto 914 volte)

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Xaratos

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PRATO: Salva grazie ai cinesi.
« il: 06 Settembre, 2009, 13:26:26 pm »
http://www.ansa.it/opencms/export/site/ ... 37268.html

Ho stravolto un pò il titolo dell'articolo, ma considerando la frase finale, mi sembra più appropriata, inoltre questa cosa conferma una teoria che viene detta da più di mezzo secolo: "Non sono i cinesi, i napoletani o i marrocchini a rovinare il mercato, ma i clienti stessi!" Qua secondo me, c'è da meditare sia su come è stato scritto l'articolo, sia sulle conclusioni finali a cui è arrivata un'intervistata.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Xaratos »
"Ho pieta di coloro; che l´amore di se ha legato alla patria. La patria non è altro che un campo di tende, in un deserto di sassi!" - Antico Canto Tibetano.

vasco reds

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« Risposta #1 il: 06 Settembre, 2009, 13:36:57 pm »
però, si vede che con la crisi i prezzi sono calati ulteriormente.
per il resto non solo i commercianti ne giovano ma anche il cliente finale, ma nell'abbigliamento. in altri settori non saprei.
l'articolo ha dimenticato di dire che in molti capannoni "cinesi" al macrolotto o a firenze (li dalla gig) ci lavorano un sacco di italiani
il titolo però non è appropriatissimo visto che la quasi totalità della merce va fuori prato, quindi ai pratesi giova poco
« Ultima modifica: 06 Settembre, 2009, 13:43:54 pm da vascoexinhong »

cavallo

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« Risposta #2 il: 06 Settembre, 2009, 13:37:28 pm »
bravo xaratos; c'é di più: i primi che falsificano le etichette sono gli pseudo-produttori italiani (comprese le grandi griffes) che poi guaiscono contro i Cinesi o i Tunisini che fanno altrettanto (solo perchè vorrebbero farlo SOLO loro).

Io ho lavorato nella Cooperazione 1 anno in bangladesh e conservo ancora i cartellini ARMANI originali consegnati dalla Armani a fabbriche bangladeshe da cui si rifornisce per i jeans (che paga meno di 2 Euro AL PAIO) e lo stesso vale per altre aziende italiane che hanno rappresentanze in loco.

Inoltre ho già detto che ho assistito in tunisia ad una ricerca su tale pratica che riguardava marche come FILA, LOTTO, ecc., per cui la questione delle contraffazioni, in regime di delocalizzazione e globalizzazione e capitalismo selvaggio, é pura ipocrisia.

in ogni caso, basta farsi un giro a Porta Portese per scoprire conferme a quel che dice l'ultima frase dell'intervista: l'85% di quel che viene venduto é esplicitamente o no made in China o made in laboratori cinesi in Italia, con piccole quote di India, bangladesh, Vietnam (e più scandalosi sono i venditori che insistono falsamente sul fatto che i loro prodotti sono made in italy per differenziarli falsamente da quelli delle ditte cinesi) e se così non fosse (idem nei discount, in molti supermercati, in intere catene di negozi) la gente vestirebbe di stracci ben prima della crisi e non potrebbe comprare abiti, scarpe, giocattoli, apparecchi elettronici, fiori artificiali, ecc. ai prezzi delle produzioni occidentali o spacciate come tali dalle marche occidentali che...fanno produrre comunque in Cina, etiopia, Turchia, Bangladesh, India, Egitto, Tunisia, Vietnam, ecc.

ma questo, a leghisti, settori dellaimprenditoria italica, media asserviti a papi, ecc. fa comodo non dirlo....
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

Xaratos

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« Risposta #3 il: 06 Settembre, 2009, 13:40:34 pm »
Li si parlava solo di abbigliamento e considera, che a prato, a parte il tessile non c'è molto altro, figurati che c'è anche un corso universitario per modellisti (di capi d'abbigliamento), che frequentava una mia collega. Questo per dirti quanto sia importante il tessile nella vita della città di Prato. Non so se ci lavorano molti italiani in aziende cinesi, la cosa mi sembra alquanto improbabile considerando l'indole dei nostri connazionali e le esigenze lavorative di un laboratorio gestito da un imprenditore cinese.

Aldilà di questo, l'articolo era nato come una "contestazione" dell'operato e dei prodotti cinesi, ma alla fine, se leggi bene, non fa altro che fare l'esatto opposto.


Citazione da: "cavallo"
bravo xaratos; c'é di più: i primi che falsificano le etichette sono gli pseudo-produttori italiani (comprese le grandi griffes) che poi guaiscono contro i Cinesi o i Tunisini che fanno altrettanto (solo perchè vorrebbero farlo SOLO loro).

Io ho lavorato nella Cooperazione 1 anno in bangladesh e conservo ancora i cartellini ARMANI originali consegnati dalla Armani a fabbriche bangladeshe da cui si rifornisce per i jeans (che paga meno di 2 Euro AL PAIO) e lo stesso vale per altre aziende italiane che hanno rappresentanze in loco.

Inoltre ho già detto che ho assistito in tunisia ad una ricerca su tale pratica che riguardava marche come FILA, LOTTO, ecc., per cui la questione delle contraffazioni, in regime di delocalizzazione e globalizzazione e capitalismo selvaggio, é pura ipocrisia.

in ogni caso, basta farsi un giro a Porta Portese per scoprire conferme a quel che dice l'ultima frase dell'intervista: l'85% di quel che viene venduto é esplicitamente o no made in China o made in laboratori cinesi in Italia, con piccole quote di India, bangladesh, Vietnam (e più scandalosi sono i venditori che insistono falsamente sul fatto che i loro prodotti sono made in italy per differenziarli falsamente da quelli delle ditte cinesi) e se così non fosse (idem nei discount, in molti supermercati, in intere catene di negozi) la gente vestirebbe di stracci ben prima della crisi e non potrebbe comprare abiti, scarpe, giocattoli, apparecchi elettronici, fiori artificiali, ecc. ai prezzi delle produzioni occidentali o spacciate come tali dalle marche occidentali che...fanno produrre comunque in Cina, etiopia, Turchia, Bangladesh, India, Egitto, Tunisia, Vietnam, ecc.

ma questo, a leghisti, settori dellaimprenditoria italica, media asserviti a papi, ecc. fa comodo non dirlo....


Mah? Per farsi una vaghissima idea delle tue affermazioni, basterebbe vedere il film "Corporation" a cui ha cooperato (se non ideato) il grande Michael Moore

(per chi non lo conoscesse: http://it.wikipedia.org/wiki/Michael_Moore )

Dove appunto una troupe giornalistica va a vedere come vengono fatti i prodotti da queste grandi marche.

Un mio amico afferma che comunque, le grandi marche danno delle garanzie sui prodotti che vengono distribuiti con il loro logo, attraverso controlli qualità e sedi ben visibili e raggiungibili dai clienti. Questo mio amico mi aveva parlato di una storia a "mi manda rai 3" dove una donna, aveva comprato delle scarpe di pelle per 11 euro in un negozio cinese, successivamente, ha avuto un'infezione al piede (a causa di quelle scarpe) e il negoziante ha chiuso e se n'è andato prima di esser raggiunto dalle autorità. Ad esser sincero, questi mi sembrano proprio casi limite e comunque, è mancata un bel pò d'attenzione da parte del cliente.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da Xaratos »
"Ho pieta di coloro; che l´amore di se ha legato alla patria. La patria non è altro che un campo di tende, in un deserto di sassi!" - Antico Canto Tibetano.