Un'evasione da 300 milioni di euro
e 67 operai ridotti in schiavitù
Maxioperazione della Guardia di Finanza dell'Emilia-Romagna che ha scoperto che 1200 aziende cinesi operanti nel tessile frodavano il fisco grazie a fatture false che partivano da dieci aziende, anch'esse cinesi. Il sistema si avvaleva della consulenza di connazionali laureati negli atenei italiani. Arrestati due imprenditori
Oltre mille imprese cinesi - sparse su tutto il territorio nazionale - che operavano nel tessile hanno evaso il fisco per 300 milioni di euro. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza dell'Emilia Romagna, che ha arrestato due imprenditori. Oltretutto le aziende impiegavano manodopera clandestina: si tratta sempre di operai di nazionalità cinese. Dalle indagini è inoltre emerso che a fornire la consulenza alle imprese per evadere il fisco, erano commercialisti cinesi laureati a pieni voti nelle università italiane. I particolari dell'operazione saranno resi noti in una conferenza stampa a Bologna nella mattinata.
Dieci ditte cinesi inondavano il mercato tessile emettendo fatture false anche per decine di migliaia di euro l'una. Le fatture false venivano poi utilizzate da 1200 ditte per abbatere i costi e vantare crediti nei confronti dello Stato. In 14 laboratori sono stati scoperti poi 67 lavoratori in nero e 67 operai ridotti in schiavitù. ''Siamo di fronte a una nuova forma di evasione fiscale'', commenta il tenente colonnello Fulvio Bernardini della Guardia di Finanza dell'Emilia-Romagna.
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