gli amministratori italici (sì, italici, non solo romani) hanno il bruttissimo vizio di non sapersi adeguare CONCETTUALMENTE alle novità del commercio (e non solo) e le norme che elaborano ne sono la conseguenza.
che io non le conosca bene come te é possibile, che non le conosca abbastanza per dirlo é errato, anche perché proprio in occasione di qtella ricerca le abbiamo analizzate con i funzionari del Municipio I del Comune di Roma del settore commercio.
per dimostrare quanto dico, oltre al caso degli showroom cinesi di Esquilino si potrebbe parlare se vuoi, in altro thread, della inesistenza di adeguate (ripeto adeguate) regolamentazioni relative alla trasformazione in atto IN TUTTA ITALIA di numerosi ex-supermercati non alimentari tradizionali (vedi Coin e Rinascente) in sistemi di vendita multi-aziendali (ossia con stands all'intermno gestiti direttamente dalle case produttrici, di abbigliamento, gadgets, profumi o da ditte in franchising delle suddette case o ancora dei licenziatari-importatori), relative alla differenza fra OUTLET aziendali in centri storici, in centri commerciali e presso le fabbriche, relativi al miscuglio fra vendita fisica (in piccole e grandi quantità) e cataloghi elettronici.
sarebbe anche interessante, sempre in altro thread, verificare quanto l'intreccio di norme urbanistiche degli anni '40 e loro modifiche successive, di norme sul commercio degli anni recenti (Bersani compresa), di recentissime ordinanze comunali, ecc. e della mancata approvazione di Piani previsti da talune norme abbia creato effetti importanti (a mio parere in taluni casi disastrosi) su temi come la libertà di collocazione di negozi dello stesso tipo nella medesima area, la diversificazione merceologica dell'offerta nel medesimo negozio (ad esempio abbigliamento e bar, souvenirs e abbigliamento, ecc.), il che riguarda anche la nuova tipologia di negozi cinesi a Roma FUORI da Esqulino (ad esempio Via Cavour), ecc.
io comunque mi riferivo al fatto che con tanti convegni, campagne promozionali, sostegno alle Organizzazioni come Confcommercio e soci, depliants inutili, convenzioni con LUISS e altri, investimenti in costose ristrutturazioni di mercati rionali, firma di autorizzazioni per megastore e ipermercati a raffica, ecc., gli amministratori italici in blocco non hanno mai realizzato, promosso, richiesto uno studio SERIO (sociologico, economico, antropologico, giuridico) sulle NUOVE FORME di commercio, fra cui quella degli showroom cinesi a Roma (ma non solo: a Palermo sta avvenendo lo stesso, guarda caso vicino alla Stazione: Via Garibaldi e dintorni..., in forme completamente diverse dai negozi indiani e bangladeshi di Via Maqueda).
e ripeto, senza tale analisi ogni normativa é pateticamente inadeguata al caso specifico, in positivo e in negaivo.
e dire che per quanto riguarda gli showrooms cinesi basterebbe che in uno degli innumerevoli viaggi che gli amministratori italici compiono a spese dei contribuenti (
http://www.radiobombo.com/news/45039/tr ... ni-l-anno-) invece di dedicarsi solo ad..."altro" guardassero quel che é accaduto da decenni a Parigi (XVIII arrondissement), Londra, perfino...Beirut e chiedessero agli amministratori locali come affrontano concettuyalmente enormativamente la cosa....
Che Sarpi sia diversa da Esquilino é quasi ovvio, visto che Esquilino fa da showroom principale per TUTTA ITALIA e per Germania, Austria, parte della Francia, Slovenia (ora Via Garibaldi a Palermo sta diventandop un nuovo polo per Sicilia e...Tunisia!), anche per ditte cinesi che a Roma non hanno neppure un magazzino.....e credere che si possa affrontare una simile novità con le ZTL, le norme comunali basate su realtà eredi dell'800 e simili é per me assurdo