educazione al bilinguismo...e voi cosa vi ricordate? - Poesie & Pensieri - Associna Forum

Autore Topic: educazione al bilinguismo...e voi cosa vi ricordate?  (Letto 4517 volte)

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zhanxing

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educazione al bilinguismo...e voi cosa vi ricordate?
« il: 30 Maggio, 2011, 01:44:53 am »
Cari tutti/e,
Ormai sto giungendo anch’io al termine del mio percorso scolastico. Sembrava ieri quando sono venuta a Roma, eppure sono già passati 3 anni . Il tempo scorre velocemente e tra un mesetto concluderò la mia carriera da studentessa.  Ed in quest’ultima avventura ho deciso ancora una volta che Voi/Noi sarete/mo i protagonisti perché vorrei far riaffiorare i ricordi della nostra infanzia e adolescenza e riviaggiare con la memoria. Ho riflettuto molto sull’argomento della tesi e ora vedo finalmente chiaro. Mi sono sempre impegnata a scuola, sempre bei voti, sempre partecipe, attiva anche nella vita reale ma ho un rammarico che non sono mai riuscita a colmare nonostante lo desideri intensamente. Da piccola, mia mamma insisteva tutti i giorni nell’insegnarmi il cinese, ricordo che ricopiavo pagine e pagine d’ideogrammi, poi piano piano ho smesso e non l’ho più ripreso. Ora me ne pento e spesso me ne vergogno perché non ho saputo cogliere l’occasione e vorrei tanto essere stata diligente, perseverante e volenterosa come per tutte le altre cose. Oggi, mi ritrovo a padroneggiare perfettamente l’italiano e solo poco il cinese, mi ritrovo a studiare le lingue moderne e non sapere la mia prima lingua, mi ritrovo a sopravvivere con un vocabolario di base che neanche i bambini m’invidiano. Spesso sto male e cerco di sopperire le mie lacune perfezionando le altre lingue che conosco, ma la mia mente torna sempre al suono della mia prima lingua. Ho cominciato a chiedermi perché? Perché molti ragazzi nati e/o cresciuti in Italia non conoscono la lingua d’origine? Perché  non riescono ad impararlo avendo la maggior parte delle volte entrambi i genitori non del paese d’arrivo? Perché si perde così facilmente la madre-lingua? Ci sono dei fattori psicologici annessi? Quanta responsabilità ha l’istruzione scolastica? Quanto conta, invece, l’ambiente familiare? Quanto è importante l’educazione al bilinguismo? E Voi quali esperienze avete?
Lingue diverse suscitano emozioni diverse, le parole nascondono infiniti accezioni spesso intraducibili da una lingua all’altra e io vorrei vivere queste emozioni.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da zhanxing »

cavallo

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« Risposta #1 il: 30 Maggio, 2011, 09:42:51 am »
mi permetto di intervenire con un esempio che, pur non riguardando una lingua come il Cinese (radicalmente diversa per struttura da quelle alfabetiche) pu? aiutare ad inquadrare la questione.

Assieme a docenti pugliesi (fra cui il Prof Luigi Za) ed all'ARCI ho partecipato a metà anni '80 ad una ricerca ed ad un Convegno sulla situazione dei ragazzi di origine italiana a Frankfurt (allora RFT). Si trattava di ragazzi TUTTI nati in Germania e scolarizzati in Germania ma di famiglie di origine italiana (soprattutto meridionali).

Si é visto che:
- avevano enormi problemi (specie in età adolescenziale) a padroneggiare la lingua italiana ed avere un rapporto con la loro cultura d'origine, tanto più che i genitori erano spesso parlanti in dialetto più che in Italiano corretto (e spesso di livello di scolarizzazione basso), il che mi risulta essere la realtà anche di tanti migranti cinesi, ad esempio dello Zhejiang, e che i loro viaggi bel paese d'origine si svolgevano in genere nei luoghi dei nonni, a contatto soprattutto con detti dialetti;
- avevano anche problema a non inserire nella stessa lingua tedesca elementi gergali di diversa matrice (turca, italiana, bosniaca, ecc.) che derivavano dalle pratiche di esclusione sociale che riguardavano  loro e gli altri figli di migranti in Germania;
- nessuno si poneva il problema di studiare ed analizzare la nascita fra loro di comportamenti e linguaggi (non solo scritti e verbali ma simbolici, nell'abbigliamento, ecc.) "meticci", ossia con elementi di culture e lingue diverse e l'impatto che essa aveva nelle città tedesche e in quei ragazzi;
- la "risposta" di tanti soggetti istituzionali ed associativi sia tedeschi che italiani era (salvo rare eccezioni come l'ARCI, la CGIL e alcune associazioni tedesche educative) doppiamente limitata ed errata:
* corsi di lingua e cultura tedesca (e corsi professionalizzanti per mestieri manuali, dato il tremendo sistema selettivo di classe delle scuole tedesche) finalizzati in teoria a "favorire l'integrazione" (in realtà solo a canalizzare verso impieghi di serie C) senza alcun rapporto con Storia e cultura italiane;
* attività culturali e linguistiche "per riallacciare i rapporti con l'Italia", che finivano per essere...dialettali, folkloriche (cantanti, feste, sagre, perfino il teatro!) e spesso di serie B e prescindevano dalle tendenze delle culture giovanili in Germania.

c'erano invece potenzialità del tutto non promosse, come ad esempio quella di ragazzi di 16-18 anni che nelle vacanze estive scolastiche tedesche tornavano in Italia per lavorare nell'industria turistica con una competenza linguistica del Tedesco comunque superiore a quella dei coetanei Italiani, memorie storiche non valorizzate, e soprattutto mancava l'elemento essenziale: la valorizzazione di quello che la "cultura tedesca" aveva...tratto dall'Italia per aiutare quei ragazzi sia a sentirsi meno "di serie B", sia ad usare le loro radici per emergere, affermarsi, esprimersi....

oggi la situazione é solo in parte cambiata e, ad esempio, si trovano musei tedeschi che valorizzano anche gli apporti alla cultura tedesca dovuti...agli influssi TURCHI oltre che ITALIANI...., vi sono analisi sul "linguaggio meticcio" dei giovani in Germania (con termini greci, albanesi, turchi, italiani, ecc.), vi sono accanto alla banalizzazione dell'Italia come pizza e basta (dietro cui si malcela spesso la camorra a cui fa comodo....) elementi di valorizzazione da parte di chi era "seconda generazione di origine italiana" nel 1985 della enogastronomia, dell'artigianato artistico, delka musica moderna italiane e questo avviene anche (ed in musura perfino maggiore) per Turchi, Bosniaci, ecc., sia pure contrastato dai razzisti locali e spesso da settori delle istituzioni locali...

credo che uno studio della situazione e della sua evoluzione in Francia, Germania, GB (dove questi problemi si sono posti decenni prima) sia utile ad accompagnare la sacrosanta necessità di raccogliere ed analizzare storie di vita ed esperienze delle "seconde generazioni di origine cinese" in Italia e rispondere alle interessantissime questioni che zhanxing pone e su cui si sono soffermati anche alcuni testi recenti (da "Il Vicino Cinese" in poi) ma su cui c'é ancora molto da sapere, analizzare, capire, studiare e su cui agire per far sì che quel che é troppo spesso costretto a diventare "problema" possa essere invece "risorsa".
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

cilex

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« Risposta #2 il: 17 Giugno, 2011, 22:19:19 pm »
probabilmente, non era così importante imparare la lingua d'origine... in quanto poco praticabile.......... in tutta la mia adolescenza, e forse neanche adesso me lo sono mai chiesto......... naturalmente sapere una lingua in più è sempre utile...... madrelingua o non madrelingua..... imparare una lingua che non usiamo penso sia il nostro inconscio a dettarcelo....... a differenza dei tuoi genitori, i miei genitori, mi hanno sempre detto che la priorità per me, era imparare l'italiano, che ancora adesso faccio fatica a padroneggiare...... a volte finisco sempre a dire qualche parola in dialetto veneziano, lingua che ho imparato inconsciamente, uscendo con gli amici, parlando a scuola con i prof, e nel campo lavorativo..... penso che sicuramente in futuro, se ti servirà la lingua cinese, sicuramente la imparerai.......

Cilex

P.S: non ho mai ritenuto la mia madrelingua il cinese....... non so perché ne il motivo di ci?....... forse perchè nemmeno i miei genitori la conoscono così bene, essendo figli di contadini, non hanno potuto studiare a scuola.... e di conseguenza forse anch'io per trazione....... o forse sono un gran pigro come te, che non l'ha mai voluta imparare.... e adesso ne pago le conseguenze.... hihihiihihihiihihiiiiii
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cilex »
Non lasciatevi scoraggiare da coloro che delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi ed autentici del loro Cuore!!!

Giovanni Paolo II 16.X.1978 - 2.IV.2005

cavallo

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« Risposta #3 il: 18 Giugno, 2011, 08:18:11 am »
quel che scrive cilex conferma sia che in parte la questione delle difficoltà di apprendimento del Cinese mandarino da parte delle seconde generazioni di origine cinese in Italia  ha caratteristiche simili a quelle di esperienze (studiabili e studiate) di seconde generazioni di altra origine in altri Paesi (come il caso da me riassunto delle seconde generazioni italiane in Germania), ad esempio relative al rapporto con il livello culturale della famiglia d'origine e l'uso da parte di essa del dialetto, alle forme di integrazione scolastica, alle attività culturali della propria comunità, ai rapporti fra pari, ecc., sia che vi sono questioni specifiche dovute al fatto che un conto é  la situazione di chi vive in un Paese dalla lingua alfabetica avendo come lingua madre una lingua altrettanto alfabetica (ad esempio appunto Italiani in Germania), altro conto chi in quella situazione ha alle spalle una lingua non-alfabetica, come appunto il Cinese.

infatti, vari studi  dimostrano che non solo chiunque apprende una seconda lingua (dopo i 7 anni di età) usa in modo diverso dai monolingui i 2 emisferi cerebrali, ma che quando tale lingua é NON ALFABETICA (come Cinese e in parte il Giapponese) le cose si fanno più complesse perché deve riadattare l'uso dei 2 emisferi;

per cui  chi apprende come LINGUA MADRE E PRIMA LINGUA il Cinese utilizza i 2 emisferi cerebrali in modo differente da chi apprende come LINGUA MADRE E PRIMA LINGUA una lingua alfabetica e  quindi chi deve apprendere ad esempio il Cinese o il Giapponese come SECONDA LINGUA pur essendo in realtà la lingua madre della sua famiglia é costretto ad uno sforzo speciale.

http://www.comune.torino.it/infogio/riv ... 982p52.htm
I suoni delle onde, il canto degli uccelli e il fruscio delle foglie per i giapponesi sono oggetto di un’analisi di tipo verbale, mentre sono elementi privi di caratterizzazione linguistica per gli occidentali. Inoltre, per la lingua giapponese sono fondamentali le vocali, ciascuna delle quali pu? essere pronunciata con numerose inflessioni della voce. Quindi l’emisfero sinistro (di solito deputato alle funzioni linguistiche) deve occuparsi anche dell’analisi delle vocali, per la costruzione e la comprensione del linguaggio. Gli occidentali analizzano invece le vocali con l’emisfero destro. Per quanto riguarda la scrittura giapponese è necessario sottolineare l’impiego di entrambi gli emisferi: il destro, utile ad individuare tutte le forme visive complesse, serve per riconoscere un certo gruppo di caratteri, costituito da ideogrammi di origine cinese; il sinistro è utile per gli altri caratteri, un gruppo di natura simile agli alfabeti occidentali. Proprio l’esigenza di far intervenire entrambi gli emisferi per leggere e scrivere rende unica tale organizzazione cerebrale, che non è innata, ma si sviluppa con l’educazione.

http://www.culturaandbenessere.com/Arti ... rvello.htm

http://www.benessere.com/psicologia/arg ... rvello.htm
L’emisfero  cerebrale sinistro è il più attivo rispetto all’emisfero destro, questo accade quasi sempre nelle popolazioni occidentali. In quelle orientali nello specifico nelle culture ed etnie Cinesi e Giapponesi, che usano una grafia per immagini ed icone, l’emisfero attivo dominante diventa preferibilmente quello destro ed il sinistro rimane complementare


http://www.geagea.com/11indi/11_12.htm


si noti che la questione ha implicazioni anche nel rapporto con la pittura, la calligrafia, la musica tradizionali cinesi, oltre che con l'apprezzamento delle forme della natura, del paesaggio, dell'architettura, dei giardini, ecc.

va precisato infine (anche a scanso di interpretazioni tendenti al razzismo....) che non esiste alcuna differenza biologica o genetica o di struttura cerebrale  (e non esiste pertanto alcuna differenza innata o trasmessa ereditariamente o "etnica"....) fra cervelli di bambini nati in Cina, in Occidente, in Giappone, ecc., ma solo una differenza di uso dei 2 emisferi (e delle loro interazioni) dovuta agli stimoli sensoriali, di origine culturale in quanto basata PROPRIO sulla alfabeticità o meno della lingua-madre, specie nella sua versione scritta!
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
"anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti" (Fabrizio De André)

micia

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« Risposta #4 il: 21 Settembre, 2011, 19:40:26 pm »
anch'io come te avevo la possibilità di imparare bene il cinese se solo mi fossi applicata di più. Comunque anche quel non tantissimo che ho studiato per fortuna lo ricordo bene. Riesco leggere i giornali e i libri in cinese, certo non tutti gli ideogrammi, ma il significato delle frasi sì, capisco bene i film, insomma, il cinese di base lo so, però mi rammarico di non essermi applicata di più. Ma in fondo, non è colpa nostra se non siamo perfetti bilingui, per andare bene al liceo e poi all'università io non avevo praticamente più tempo per applicarmi anche in cinese, inoltre molti di noi ragazzi di seconda generazione devono anche dare una mano in famiglia. Il cinese bisogna impararlo bene prima del liceo oppure magari dopo l'università, perchè è proprio una mancanza di tempo l'ostacolo più grande, almeno nel mio caso è stato così. Comunque non è mai troppo tardi per riprendere.
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da micia »