A parte le scaracchiate (a cui ho fatto il callo già da anni) le altre cose non mi sono ancora accadute.
L'inferno peggiore finora è il dovere della colazione al mattino: io come ho scritto sono abituato a mangiare sì e no una brioscina e un bicchier d'acqua e un po' di caffè, alle 8. Qui ti buttano giù dal letto alle 6 per mangiare chili di zampette di gallina che grondano salsa, cipollotti e peperoncini, eccetera. Senz'acqua, senza alcun liquido se non un po' di congee bollente. Io non ce la faccio proprio. Le prime volte arrivavo a svegliarmi apposta alle 4, così dopo due ore avevo fame e sopportavo la "colazione". Adesso lo sanno, mi limito a mangiare un po' di pane e un bicchier d'acqua (che compro in bottiglia la sera prima) sotto lo sguardo incredulo. La nonna non lo capisce. Quando glielo raccontiamo è evidente che non ci crede, pensa che che io non apprezzi la sua cucina. È uno strazio :-) Oggi sono riuscito a mangiare due dumplings intinti in soia e aglio. Alle 7. Nonna era felice ma ho paura che me li faccia apposta d'ora in poi per tutte le mattine.
Altra cosa che non sopporto: l'uso del clacson e la prepotenza delle auto. Sei sulle strisce, hai il verde, passano veloce suonando e se non ti togli ti investono. Stronzi. Suonano così, per sport. Per dire che ci sono.
La settimana scorsa avevo appena comprato uno suo-na, quello strumenti simile a una trombetta che fa moooolto rumore e che mi piace studiare (ha origini mediorientali, o quello mediorentale è derivato da quello cinese, non so), esco dal negozio, e uno dietro a tre centimetri da me sul marciapiede con l'auto mi strombazza dietro per dire levati. Io sobbalzo, poi realizzo, vedo che il tizio ha il finestrino abbassato, e gli faccio un bel do di petto di suo-na dritto nell'orecchio. La gente ha riso. Il tizio un po' meno. Eccheccazzo.
Altra cosa insopportabile: il ragazzino mongolo. In realtà buonissimo e bravissimo. Ma figlio unico cinese quindi viziatissimo. Oggi nella campagna quasi tutti possono avere un'istruzione, ma perdono quell'essere "smart" che avevano i loro predecessori. E vengono coccolati all'inverosimile, in pratica i genitori seguono il piccolo per tutta la vita ed esaudiscono qualsiasi sua richiesta, qualunque essa sia, indiscriminatamente e senza protestare. Oggi sono tanti i bambini che vengono su così in Cina.
14 anni, 97 chili, eccitatissimo di conoscere un occidentale, parente di non so chi, i suoi ci ospitano. Crede di sapere l'inglese, in realtà sa solo dire "yeah" e "let's go" che ripete ossessivamente cercando di fare il figo e spostandomi da dove sono. Ovunque sono. I genitori ci hanno affidati a lui perché "siamo giovani" (ma non ero un vecchiettooooo?) e perché lui conosce bene il posto.
Al mattino ci dice: domani sveglia alle 6 perché comincia il prestigioso festival mongolo.
Alle 5 e tre quarti irrompe nella stanza sorprendendo me e la mia ragazza in mutande e in mezzo a un sogno. D'ora in poi quello che è in italiano era in cinese poi tradotto dalla mia ragazza, in inglese è quello che cercava di dire in inglese davvero: "Presto! Dobbiamo partire! Ci aspettano fuori!!! Yeah yeah, let's go, let's go!" Non ci facciamo neanche la doccia, ci mettiamo su due pantaloni di fortuna, prendo la telecamera e usciamo con lui, che è già al piano terra impaziente e saltellante. Io credo che sia stato un problema di traduzione: non dovevamo svegliarci alle 6, ma essere pronti alle 6?
Ci aspetta e ci mostra la porta del ristorantino al piano di sotto: colazione! Ci ha svegliati perché AVEVA FAME! Si mangia almeno 10 baozi ripieni di maiale piccante, un litro di coca. Mangia un pezzo, poi mi infila in bocca il baozi dalla parte masticata dicendo "eat eat! Good!". Io che sto per sboccargli in faccia col getto mi limito a un canonico "bu yao xie xie" ma lui insiste e io non mollo. Così per un'ora. Non mi offre nemmeno un goccio di coca. Prendiamo il taxi e arriviamo in ritardo. Vediamo la manifestazione da lontanissimo ma non ci perdiamo nulla perché è la solita baracconata di regime. A loro piace. A me e a Xian piacciono invece i mongoli che guardano la baracconata, i cammelli, gli asini, i gauchos mongoli che fanno da service... Boh.
Il giorno dopo: "potete dormire fino alle 8". "Sicurissimi?" "Sì sì, abbiamo il taxi che passa alle 9, lo abbiamo già chiamato".
Alle 5 e tre quarti, regolare, entra ciccio in stanza con la delicatezza di un elefante e urlando "come on!!! Let's gooooo!!!" mi VOLA ADDOSSO. Io mi sveglio di soprassalto schiacciato dalla mole del ciccio, mi giro nel panico e me lo vedo a distanza che neanche la mia fidanzata che mi dice "let's goooooooooo!!!!". E dondola, per schiacciarmi meglio.
Non so neanche che ore sono. Chiedo di tradurmi "non è che deve solo mangiare?" ma la mia ragazza è troppo incazzata, si veste di fretta e scendiamo. Ristorantino! Tutti a mangiare!!!
Stessa storia del giorno prima, ma dopo un'ora sono le 7 e c'è ancora un'ora prima del taxi. Ma lui balzella garrulo "let's go! let's go!" e ci trascina correndo verso il negozietto dei suoi, che ha appena aperto, e lì comincia a fare incetta di patate fritte e zampette sotto vuoto. Alcuni li apre e li mangia, altri li dà a noi come se ne fossimo consumatori accaniti. Sembra che neanche mastichi. Che nemmeno deglutisca. Sembra che accumuli il cibo nelle guance, come provviste per l'inverno.
Alle 8 finalmente arriva il taxi, lui sale, saliamo noi, salgono i genitori, sale un parente... Siamo troppi. Fanno scendere il ciccio ché tanto il posto l'ha già visto. Costernato, se ne torna nel negozietto. Lo vedo andando via con la macchina, che ci saluta con una mano, col sorriso triste, e nell'altra mano brandisce una zampa di gallina.
Il giorno dopo leggo su internet che il bello viene i giorni successivi, gare di cavallo, sport mongoli classici. Chiediamo che ci porti anche il giorno dopo. Lui: "sì ma dobbiamo svegliarci prestissimo, perché le gare di cavalli si fanno col fresco, alle due di notte". I genitori confermano. Va bene, mi punto la sveglia all'una di notte, mi preparo, mi faccio la doccia. Andiamo? Il ciccio sta dormendo. Lo svegliamo e lui: "no, è troppo presto. Alle 4." Anche i genitori confermano.
Alle 4 lo svegliamo. E lui: "è troppo tardi, i cavalli sono già passati". "Come fai a saperlo?" "Li ho sentiti". "Ma sono a 30 chilometri!". Risolino scemo. Lo prendiamo con la forza e lo portiamo giù. Arriviamo al festival. Deserto. Chiediamo a qualcuno. "Sì, le corse ci sono, ma normali, alle 8, alle 9..." Ormai erano le 6 quindi abbiamo fatto colazione lì. Buonissima, con epatite A compresa nel prezzo, che ti dà quel sapore che non ti sbagli. Alle 8 ancora niente. Intanto veniamo a sapere che le corse notturne esistono sì ma sono una tradizione diversa, si fanno da tutt'altra parte e non si vedono col pubblico perché si corre liberamente per le sconfinate steppe. E che sono state la sera prima quindi, no, i cavalli non li ha sentiti.
Alle 9 ancora niente. Comincia a far caldo ma arriva gente. Ormai è pieno e noi abbiamo la poltronissima.
Alle 11 finalmente l'annuncio. I cavalli sono in batteria, tutto sta per cominciare. All'improvviso sento della ciccia che struscia sulla mia schiena. È ciccio, che in perfetto inglese e con lo sguardo bastonato mi dice: "I want to go home..."
Io, con in faccia dipinta quell'espressione di calore umano tipica di Clint Eastwood quando alla richiesta "Pietà..!" da parte dell'assassino di sua figlia gli inietta la fiala di veleno nel collo dicendo "Ho finito la scorta", gli dico scandendo clinicamente le parole: "Surely... you can go with a taxi". E mi godo le gare, bellissime. Ogni volta che finisce un giro, neanche una gara, lui fa la faccia da "vabbè, è tutto finito" e mi si para davanti dicendo: "ok... let's go! Yeah! Yeah!". La mia espressione si irrigidisce. Sono a livelli di "Il cavaliere pallido". Non proferisco parola.
Così fino alle 14. Ho visto TUTTE le gare.