per babo:
grazie delle interessantissime segnalazioni. Alcuni di quegli articoli riprendono il contenuto del libro, ma altri, in paticolare quelli sugli Ainu, trattano argomenti non approfonditi nel libro stesso e sono per me molto nteressanti.
Ad esempio, la politica Tokugawa verso gli Ainu é molto interessante e certamente é...pre-Meiji! Va nella direzione di quel che tu dici il fatto che dentro quella politica vi siano stati già germi di strategie di "rimodellamento delle tradizioni", come dice l'autrice:
"Traditional Ainu practices were reconstituted to legitimate the mutually dependent, yet profoundly unequal, relationship between the Japanese and Ainu. They were adapted to serve as tools for Japanese domination of the Ainu in an instance of what Eric Hobsbawm and Terence Ranger call an "invented tradition"." (
http://findarticles.com/p/articles/mi_m ... 4964/pg_7; pag. 7)
sebbene qui si tratti soprattutto di "riorientamento" di tradizioni e cerimonie (cosa ad esempio praticata largamente dalla Chiesa Cattolica trionfante in ambito romano, menre il rapporto fra rituali Ainu riplasmati dai Giapponesi Tokugawa e lo scambio di prodotti mi fa pensare a quello imposto dagli Spagnoli nella Mesoamerica ) verso i nuovi gruppi egemoni (giapponesi invece che Ainu) e non della costruzione ex-novo di una "religione i Stato" e dell'"arcaicizzazione" della triade nazione-esercito-imperatore come in epoca Meiji.
Molto interessante é la contraddittorietà della politica Matsumae verso gli Ainu descritta dall'autrice ed altrettanto lo é l'etnicizzazone dei "fuori-casta" (tutti i "non-agricoltori")ed il tentativo di inventarne un'origine etnica Ainu, Coreana o comunque "non-Giapponese" ("The outcastes were not a single group, but rather a broad category of statuses that included travelling entertainers, certain religious mystics and hereditary servants of Shinto shrines, as well as leather-workers, butchers, executioners and others engaged in occupations that exposed them to ritual contamination. These groups were the object of social segregation before the Tokugawa period, but they did not acquire their official outcaste status until the 1660s" - idem pag. 12).
Anche in questo caso, però, il periodo Meiji rappresenta UNA FRATTURA; basta leggere il passo seguente (pag.13):"After the Meiji state came to power it immediately launched a vigorous programme of agricultural and industrial development in Hokkaido. The assimilation of the Ainu was an integral aspect of that policy. During its first decade in power, the new regime not only banned visible markers of Ainu ethnicity, such as earrings and tattoos, but also forbade the Ainu to practise their religion or to hunt in their ancestral hunting-grounds. In November 1878 the state stripped the Ainu of their ethnicity in legal terms by renaming them "former aborigines" (kyu dojin). (...)The Meiji state's policy towards the Ainu culminated in the 1899 enactment of the "Law for the Protection of Former Hokkaido Aborigines" (Hokkaido Kyu Dojin Hogoho), which "protected" the Ainu by forcing them to become petty farmers on marginal land. The law remains on the books in amended form to this day".
Da un lato si "arcaicizzano" definitivamente gli Ainu, dall'altro si cancellano le strategie Matsumae tese a cristallizzare le usanze e l'"etnicità" degli Ainu e le si sostituiscono con la loro distruzione!
[[[parentesi: mi piacerebbe che quegli Italiani e quei Cinesi che considerano in blocco i Giapponesi "pacifici" e "gentili" sapessero che le discriminazioni anti-Ainu non sono ancora del tutto finite e quelle verso Coreani, Taiwanesi e Cinesi sono terminate solo perché...il Giappone non controlla più quei territori...!]]]].
Ti faccio poi notare questa affermazione dell'autrice (pag. 14) che per me ruiasume bene la nostra fruttuosa discussione:
"The Meiji Restoration rendered the Tokugawa world order defunct, and the new regime had to redefine Japan's political boundaries in terms of Western notions of international law."
Nell'articolo
"1998 A Conceptual Model for the Historical Relationship between the Self, and the Internal and External Others: The Agrarian Japanese, the Ainu, and the Special Status People. In, Making Majorities. D. Gladney, ed. Stanford: Stanford Univ. Press. Pp. 31-51 (text), 287-294(notes), 309-313 (references)."
[(a pag. 7) si spiega poi che con il periodo Meiji si "reintegrano" formalmente nella "giapponesità" i "fuoricasta": altra rottura rispetto al passato Tokugawa; in quello stesso articolo dedicato agli Ainu, si ribadisce (pag. 11 del testo del sito ) l'adozione da parte dei Giapponesi ("a discendere", dalle élites verso il baso) di abiti, cibi, baffi, ecc. occidentali (molti elementi, a esempio i baffi, erano...prussiani), nonché di concetti di distinzione interna della propria popolazione fra "kaika no hiro" ("illuminati"), "hankai no ito" ("semi-illuminati") e "mikai no ito" ("non-illuminati") in rapporto al loro livello di...occidentalizzazione e inserirono anche gli "altri interni" (es.: Ainu, poi i popoli conquistati) in questo schema che, guarda caso, quello dell'applicazione alle popolazioni umane dell'evoluzionismo lineare, caro ai teorici del razismo europeo, in primo luogo britannici e tedeschi!
Voglio notare, infine, che in vari articoli di quelli citati l'autrice vede l'occidentalizzazione del Giappone Meiji come esempio di un processo di globalizzazione ben anteriore a quello attuale mondiale(che lei definisce, correttamente, "americanizzazione"), connotandoli enrambi ome forme di omologazione a impulsi ESTERNI (il che non esclude affatto lotte, conflitti, resistenze anche VINCENTI: si é visto il Giappone come é finito nel 1945....).
Naturalmente hai ragione a sottolineare i livelli di autonomia dei gruppi dominanti Meiji dai "maestri" prussiani e la stessa autrice (2006 Against "Hybridity": Culture as Historical Process. In, Dismantling the East-West Dichotomy: Views from Japanese Anthropology, Joy Hendry and Dixon Wong, eds. London: Routledge. Pp. 11-16) fa altrettanto (afferma "non furono marionette dei maestri tedeschi") riferendo ad esempio che i consiglieri tedeschi si erano opposti al testo dell'art. 1 della Costituzione Meiji per la sua "arcaicizzazione" mitica della divinità imperiale, che essi non rifiutavano come concetto della "religione di tato" che avevano consigliato essi stessi di creare ma non ritenevano da inserire in una Carta Costituzionale.
Ogni buon allievo si autonomizza in parte dal maestro e talora lo supera, ma resta chiaro chi é l'allievo e chi é il maestro, il coniatore di concetti, metodologie, approcci, strumenti ideologici, no?
Ma l'autrice parla anche di "vertigine globalizzante" come causa essenziale dei mutamenti avvenuti in quel Giappone ed é questo per me il punto essenziale.
Anche perché non tutte le culture egemoni (e pure imperialiste) mondiali hanno sempre diffuso tale vertigine, bensì vi sono stati modelli di globalizzazione (e questo a me interessa molto) DIFFERENTI ED OPPOSTI, che a me piace riassumere in 3 tipi:
-1) quello "monopolare" rigido, omologante, basato su tale vertigine, sulla imposizione di un "pensiero unico" (anche attraverso la sistematica falsificazione della Storia), sul suprematismo di vario tipo (dal "cives romanus sum" al "gott mit uns"): é il modello macedone, romano, bizantino, franco-germanico, iberocattolico, eurocoloniale, tedesco moderno, giapponese Meiji e post-Meiji, USA, in parte sovietico;
- 2) quello "isolazionista" che affida soprattutto (naturalmente non solo)all'economia e alla cultura la conquista di egemonie internazionali ma non tende all'espansione illimitata geograficamente del potere politico: é il modello cinese e indiano;
- 3) quello "a rete" che coniuga egemonia culturale, tecnologico-commeciale e militare in un sistema multipolare flido, sia pure dentro una griglia unica: é il modello dei "popoli del mare" mediterranei, dei Cartaginesi, dell'Islam medievale.