per babo:
questo dialogo mi aiuta e ti ringrazio, ed é in questo spirito e non per polemica che vorrei sottolineare ancora alcuni elementi (non ritorno sui moltissimi contenuti nei tuoi post con cui sono pienamente d'accordo)
1) concordo pienamente sulla significatività delle discriminazioni verso il burakumin, che i testi dell'autrice citano ampiamente (in mglese sono tradotti "outcasts" e se ne spiega l'etniizazione razzista) e sulla non acettazione di ogni "ingenuo bonismo"; il razzismo non é certo stato importato in Giappone dall'Occidente , sebbene il razzismo "scientifico" si basi necessariamente sulla radicalizazione della teoria evoluzionista darwiniana, che non era certo conosciuta in Asia prima dell'arrivo degli Occidentali (nessun testo asiatico fa riferimento a una simile teoria), per cui ci possono essere "razzismi" autoctoni extra-occidentali (anche in Giappone) ma non ce ne possono essere autonomi dal pensiero dei padri (occidentali) del "razzismo scientifico" (cito fra tutti Gobineau) e dall'affermarsi in Occidente e poi dall'Occidente di quella teoria evoluzionistica darwiniana la cui radicalizzazione é il fondamento della pretesa "scientificità" dei razzismi moderni;
2) proprio questo esempio riporta ad un discorso più generale:
a) tu dici: "A mio avviso ragionare sull'identita' nazionale solo utilizzando gli schemi acquisiti qui e' fuorviante , anche questo frutto dell'eurocentrismo, che esclude a priori che analoghe esperienze (non uguali) possono aver avuto luogo altrove"; in realtà una delle grandi acquisizioni della cosidetta "antropologia critica" (cioé critica verso l'antropologia ottocentesca, ancella eurocentrica del colo nialismo europeo) e della scuola detta di "antropologia stoerica" (una delle poche in cui ci sono anche rilevanti figure italiane) é proprio il fatto che é un errore eurocentrico credere...che si possano costruire forzose somiglianze (ed etichettare con la stessa denominazione) fra elaborazioni culturali prodotte in contesti diversi, mentre invece si deve relativizare ogni elemento e contestualizzarlo storico-antropologicamente (nonostante le "crociate" antirelativiste di un certo Ratzinger...); ad esempio, si é finalmente dimostrato che parlare di "feudalesimo" nella Spagna musulmana medievale (anche nel suo periodo di frammentazione nelle "taifas") o nell'India Moghul é del tutto improprio, come si é dimostrato che il concetto di "religio" (che diventa per noi "religione") non deriva affatto da un 'idea generica di sacralità organizzata (come poteva essere quella ebraica, zoroastriana, greca, cinese, azteca, egizia, ecc.) ma da un precisissimo e limitatissimo concetto romano, peraltro appartenente non alla sfera del sacro (come non vi appartenevano altri elementi poi fatti propri dal Cristianesimo romanizzato come le "basiliche", che non erano templi ma aule di dibattito o il carattere funzionariale del "pontifex" che aveva aspetti rituali/sacrale ma non era una carica religiosa ma del genio civile), di matrice MILITARE che significava "disciplina" e che quindi se si vuole essere precisi quel concetto si applica correttamente solo a quella fase del Cristianesimo successiva alla romanizzazione di un culto he era ben altro e certo NON OCCIDENTALE alle origini;
b) ci? significa che paradossalmente é più eurocentrico considerare possibile che nascano concetti simili a quello di "nazione" e a quello d "nazionalismo", autonomamente, in aree lontane dal luogo (alcune specifiche zone dell'Occidente e neppure tutte) in cui quei concetti sono nati e si sono affermati politicamente-istituzionalmente, che non il contrario e non perché solo gli Occidentali siano "capaci" di elaborare simili concetti (che poi non sarebbe un gran merito...viste le conseguenze storihe!), ma assai più banalmente perché l'evoluzione del pensiero e delle istituzioni di ogn luogo é figlia di quelle culurali, economiche, politiche, migratorie e "nazione" e "nazionalismo" sono prodotti specifici di un tipo specifico di evoluzione;
c) per cercare di essere più chiaro: non si dà "nazione" senza borghesioa moderna (diciamo pure protocapitalista) che non ha niente a che vedere con la borghesia mercantile (pur derivandone parzialmente) di Firenze, del Giappone, di Baghdad, di Algeri o della Cina medievali; non si dà "borghesia moderna" senza la somma di colonialismo di rapina+rivoluzione tecnologica+laicizzazione parziale dello Stato+sacralizzazione dei valori borghesi oltre e sopra quelli del sacro tradizionale+accumulazione dei risultati di secoli di tratta schiavista transatlantica, saccheggio dei "saperi" islamici e rapina/genocidio degli autoctoni del "Nuovo Mondo"; inoltre non si dà "nazione" se non si fondono elementi del diritto romano, di quello germanico e della romanizzazione e germanizzazione dei concetti ebraico-cristiani che veranno traslati da una sfera di sacralità (il monarca, spesso "straniero") ad un'altra (la "nazione", appunto), salvo poi innescare per strategie di costruzione e preservazione dell'egemonia processi di risacralizzazione "imperiali" (ma della triade "nazione-esercito-imperatore" e non dei soli due ultimi elementi, come invece avvenica in passato) e di arcaicizzazione di ci? che invece é radicalmente nuovo;
questa concatenazione di elementi si é data solo in Europa (ripeto, non é affatto un merito, per me) e quel che avveniva altrove era ben diverso;
d) un conto é sviluppare forme razziste e simil-nazionaliste, come certamente tu hai ragione a sottolineare il Giappone fece ben prima del periodo Meiji e senza apporti occidentali (molti altri popoli si inventarono a sempio di parlare la lingua degli dei e ti faccio notare che nel Corano é scritto che l'Arabo é la lingua con cui Dio ha creato il Mondo!), un altro é "pensarsi" come "non-asiatii" e perfino come "europei" e questo in Giappone é avenuto davvero, da parte di tendenze non marginali, solo a partire dall'età Meiji, come nel caso che ti ho già citato della teoria del Giappone come NON-ASIATICO (datsu-A, "fuori-Asia" e adirittura nazione che doveva ENTRARE IN EUROPA, nyu-O, "affiliazione all'Europa", ) di Fukuzawa Yukichi, fondatore dell'Univesità Keio; inoltre il concetto stesso di "religione di Stato" se é collegato alla costruzione di una realtà basata sulla triade "nazione-esercito-imperatore" é collegato organicamente ad esso (ed é provato, babo, che fu il tedesco VonStein a proporne l'esigenza ai dirigenti nipponici) e dunque é diverso a quello ad esempio dell'Impero Romano cristianizzato, dell'Inghilterra post-Enricio VIII, della Spagna di Filippo II e tanto più della Cina e del Giappone medievali dove non esisteva uno dei tre pilastri necessari di quella triade, il concetto moderno di "nazione" (basta vedere cosa sono state le guerre dinastiche in Europa fra tardo-Medioevo e XVII secolo e come non esistesse alcuna disciplina e appartenenza "nazionale");
e) infine, sono d'accordo con te che si deve dare importanza alle continuità, ma io credo anche alle discontinuità e nel periodo Meiji ce ne sono molte, verso tutto quel che é occidentale, innanzi tutto, dal cibo alla moda alla musica alle filosofie alle istituzioni, ma anche in altri campi collegati proprio all'affermarsi di concetti elaborati in Occidente, da Darwin, Fichte, Kant, Hegel, e peché no Wagner, perfino nelle politihe verso gli Ainu; per me (non per il libro che non parla dei "3 modelli": é un'idea mia) poi, esistono anche vere e proprie fratture nella Storia, quando contemporaneamente mutano, in tempo "breve" (storicamente parlando) mezzi di produzione, sistemi socioeconomici, sistemi culturali, ideologie, istituzioni; due sono quelle fondamentali: la "Rivoluzione Agricola" , avvenuta indipendentemente in varie epoche in Cina, Mesopotamia, Mesoamerica, Ande, probabilmente nel Sahara un tempo fertile e poi propagatasi al resto del Mondo che NON L'HA SVILUPPATA AUTONOMAMENTE, che ha fra l'altro "inventato" il concetto di Stato (nelle sue molte varianti, ovviamente) e la "Rivoluzione Industriale", avvenuta in alcune aree europee, che fra l'altro ha "inventato" il concetto di Nazione e lo ha esportato (col la forza) nel resto del Mondo.
Nessun altro passaggio storico ha rappresentato una "frattura" quanto questi due, neppure la mitizzata "Rivoluzione informatica" e l'annesa "globalizzazione" (che é solo l'ultima di una lunga serie) il che non vuol dire che non ci siano continuità, ma che esse non hanno prevalso sulle discontinuità.
Pensa anche tu a cosa significava per genti abituate ad alleanze fra clan immaginare un'istanza "superiore" (lo "Stato") in rapporto al passaggio dalla raccolta alla coltivazione (ed all'immagazzinamento e al surplus e ala specializazione dei mestieri e all'apparire di classi sociali, ecc.) e pensa a cosa ha significato per chi era abituato ad avere sovrani frutto di alleanze matrimoniali (ed eventi casuali: un divorzio, una morte di un erede, ecc.) tra famiglie senza "patria" (con eserciti comandati da ufficiali di provenienze geografiche differentissime e spesso reduci da comandi in eserciti di altri Stati) ed a cambiare sovrano sulla base di accordi quasi commerciali (es.: la Sicilia che viene rifiutata dai savoia e allora danno loro la Sardegna..) apprendere a riconoscersi in una "Nazione" (e i ...poveri sovrani di origine tedesca britannici costretti a cambiare cognome alla vigilia della Prima Guerra Mondiale perché erano della famiglia Coburgo-Gotha e non andava bene nella triade "nazione-esercito-imperatore"...!) il cui governo era, come diceva il vecchio Marx, semplicemente un "comitato d'affari della borghesia" (tipo Cheney, Condopleeza Rice, ecc.....) ma che per questo si mascherava dietro romanticismi, asservimento dell'archeologia, reinvenzione delle tradizioni, arcaicizzazioni, neo-sacralizzazioni, uso spudorato del "razzismo scientifico" (grazie a tanti antropologi...), ideologizazioni e strumentalizzazione delle gerarchie religiose!