Metafora sull’acquisizione della cittadinanza italiana per noi figli d’ immigrati
Figlio mio sei solo di tua madre. Scusa ma adesso non posso riconoscerti, si lo so che magari sei nato da me ma io ho altri figli e devo pensare a loro. Alla fine a tua madre ho detto che mi serviva tempo per riconoscerti ma le ho giurato che quando saresti cresciuto, tra i 18 e i 19 anni, ti avrei dato il mio cognome. Non prima, non posso. E ovviamente solo se me lo verrai a chiedere tu. Anzi, se poi deciderai di venire a reclamare ti do un consiglio: vedi di farlo in fretta perchè se verrai troppo tardi potrei dimenticarmi. Mi conosco. Immagino che penserai che io sia un vigliacco ma perchè mentirti: per me si è trattato di un incidente, non pensavo che tua madre si legasse tanto a me fino al punto di volerti. Però mantengo i patti e sono di parola: a 18 anni chiedi e ti sarà dato.
Alla fine se ci tieni davvero saprai aspettare. Per adesso però fai il bravo non rompere le scatole, non mi cercare, stattene con tua madre. Che vuoi? Ti senti mio figlio e vorresti essere come gli altri, avere un padre o perlomeno un simbolo che testimoni il tuo legame con me? Non ci pensare vai a scuola tanto nessuno se ne accorge che hai il cognome di mamma. Che dici? Se ne accorgono eccome?
Ti prego smettila di frignare tanto è inutile adesso non posso proprio accettarti pensa quanto mi scombussoleresti la vita!
Ora ti confesso un segreto: non sei l’unico figlio che non ho potuto riconoscere mio. E’ successo tanti anni fa e forse lui sta ancora aspettando, invano, di ôdiventare mio figlioö. Tu sei più fortunato e lo sai perchè?
perchè tu puoi tenermi d’occhio tu vivi vicino casa mia, sei nato nell’ospedale del mio quartiere, lui invece è nato in un altro Paese ed anche se è venuto qui da piccolo l’ho perso di vista. Con sua madre non c’è stato nessun accordo, con la tua sono stato obbligato dalla vicinanza delle nostre abitazioni e dal conseguente timore di qualche intervento inopportuno nella mia vita.
Riesci a comprendermi? Ho troppa paura e l’ attesa che t’impongo è il mio tentativo per smontarti, così mi odierai a tal punto che non verrai mai da me e il tuo ricordo scivolerà nell’oblio come quello di tuo
fratello. Eppure guardandoti negli occhi già so che tu non cederai al mio tranello, che lo scoprirai e mi risponderai con un affetto più pericoloso e imbarazzante della rabbia. Già vedo davanti a me te e quel fratello che da oggi andrai cercare venirmi a chiedere ci? che non ho voluto darvi per tempo.
di Lucia
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