Volenterosi, ostinati e indipendenti i nuovi italiani - Attualità - Associna Forum

Autore Topic: Volenterosi, ostinati e indipendenti i nuovi italiani  (Letto 762 volte)

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thun88

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Volenterosi, ostinati e indipendenti i nuovi italiani
« il: 20 Maggio, 2009, 00:01:44 am »
Volenterosi, ostinati e indipendenti
i nuovi italiani figli degli immigrati


http://www.repubblica.it/2009/05/sezion ... grati.html



di SIMONETTA FIORI

E se scoprissimo che sono più avanti di noi? Per un momento accantoniamo retoriche xenofobe e piagnistei sulle derive della società multietnica. Basta scorrere una recente inchiesta della casa editrice Il Mulino per spazzare via un intero dizionario di luoghi comuni, un'enciclopedia di pregiudizi consolidati.

Viviamo l'immissione di giovani stranieri come un freno alla modernizzazione culturale? I demografi dimostrano che le "nuove italiane", ossia le figlie di genitori stranieri nate o approdate in Italia, puntano sul lavoro, inseguono un modello femminile di autonomia professionale e indipendenza economica, mentre le nostre figlie riscoprono improvvidamente principi azzurri e focolari domestici. Temiamo un'invasione di pargoletti multicolori, frutto d'una concezione irresponsabile della riproduzione?
Scopriremo che gli stranieri di seconda generazione sono assai meno family oriented dei loro coetanei italiani, anche quando provengono da paesi come Pakistan e Marocco, Albania e Nigeria.

E ancora: abbiamo paura che i nuovi arrivati "snaturino" la nostra identità nazionale? Le inchieste sul campo suggeriscono che i ragazzi stranieri - tranne alcune comunità, ad esempio le cinesi - diventano simili a quelli italiani, ne condividono gusti e consumi, ma anche weltanschauung e incertezze esistenziali, anzi talvolta sono anche più grintosi dei figli di famiglie italiane meno istruite, meno fatalisti, più allenati alle tempeste della vita, una "meglio gioventù" temprata dalle fatiche delle migrazioni. Cifre, mappe, statistiche - raccolte dai demografi Gianpiero Dalla Zuanna, Patrizia Farina e Salvatore Strozza in Nuovi Italiani (da giovedì in libreria, pagg. 170, euro 14) - disegnano un'inedita fotografia dei giovani immigrati, sottratti all'iconografia più consueta da "ultimi della terra", da dannati alla Bruegel. Non più arresi né rassegnati, ma volenterosi e determinati, mossi da un'ansia divorante di farsi strada nella vita. Con qualche rischio di rancore e ostilità, tuttavia, se diverse sono le opportunità offerte a loro e ai coetanei che li ospitano.

Questa di Nuovi Italiani è la prima inchiesta di respiro nazionale, condotta tra diecimila figli di immigrati tra gli undici e i quattordici anni, nati in Italia o arrivati nella penisola in giovane età (messi al confronto con diecimila italiani). Un dato rilevante riguarda la consistenza della popolazione: a metà del 2009, gli stranieri che vivono in Italia con meno di diciotto anni sono circa novecentomila - nell'arco d'un decennio diventeranno più del doppio - distribuiti per lo più nel Centro e nel Nord d'Italia, nelle zone economicamente più dinamiche. La società multietnica, in sostanza, è un fenomeno in atto. Liquidarla come demoniaca ibridazione, come fanno alcuni politici di governo, è pura irresponsabilità o follia.

ò la scuola il luogo in cui si gioca il futuro dei "nuovi italiani". E anche del paese. L'inchiesta evidenzia una forte diseguaglianza nel percorso scolastico di italiani e stranieri, segnati questi ultimi da tassi di promozione molto bassi e gravi ritardi, con conseguenti difficoltà nella socializzazione. Se le iscrizioni alla scuola elementare e media sono cresciute in questi anni parallelamente all'aumentato flusso migratorio, la scuola superiore rimane largamente inaccessibile, anche in conseguenza delle scarse competenze linguistiche (su 150.000 ragazzi stranieri tra i quattordici e i diciotto anni, risultano iscritti solo 100.000). Anche i più meritevoli, dopo una brillante scuola media, tendono a scegliere corsi più brevi ed orientati alla formazione tecnico-professionale, disertando i licei, appannaggio degli italiani figli di laureati. In altre parole, la nostra scuola non è in grado di intervenire sulla diseguaglianza - così come non è più un fattore di promozione sociale tra gli stessi italiani - con l'effetto di perpetuare le disparità. Il rischio è quello che i sociologi chiamano la downward assimilation, ossia l'integrazione dei giovani stranieri nei circoli viziosi della criminalità e della marginalità. Solo un rischio - insiste la ricerca - non un destino ineluttabile. Pericolo che pu? essere evitato con una politica di inclusione, come quella attuata in Svezia o in Australia.

Siamo in grado di raccogliere la sfida? Un primo passo potrebbe essere la conoscenza dei dati reali. A cominciare dall'alto numero di "nuove italiane" - provenienti dall'Est europeo, ma anche da Asia e Africa - che invocano la "donna indipendente", mentre le nostre inseguono modelli improbabili di "angeli del focolare". Basterebbe questo a farci sentire "vecchi italiani".

(19 maggio 2009)
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da thun88 »
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« Risposta #1 il: 20 Maggio, 2009, 09:46:27 am »
bello ed interesante, ma non si potrebbe mettere come articolo nella homepage???
« Ultima modifica: 01 Gennaio, 1970, 01:00:00 am da cavallo »
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