bravo xaratos; c'é di più: i primi che falsificano le etichette sono gli pseudo-produttori italiani (comprese le grandi griffes) che poi guaiscono contro i Cinesi o i Tunisini che fanno altrettanto (solo perchè vorrebbero farlo SOLO loro).
Io ho lavorato nella Cooperazione 1 anno in bangladesh e conservo ancora i cartellini ARMANI originali consegnati dalla Armani a fabbriche bangladeshe da cui si rifornisce per i jeans (che paga meno di 2 Euro AL PAIO) e lo stesso vale per altre aziende italiane che hanno rappresentanze in loco.
Inoltre ho già detto che ho assistito in tunisia ad una ricerca su tale pratica che riguardava marche come FILA, LOTTO, ecc., per cui la questione delle contraffazioni, in regime di delocalizzazione e globalizzazione e capitalismo selvaggio, é pura ipocrisia.
in ogni caso, basta farsi un giro a Porta Portese per scoprire conferme a quel che dice l'ultima frase dell'intervista: l'85% di quel che viene venduto é esplicitamente o no made in China o made in laboratori cinesi in Italia, con piccole quote di India, bangladesh, Vietnam (e più scandalosi sono i venditori che insistono falsamente sul fatto che i loro prodotti sono made in italy per differenziarli falsamente da quelli delle ditte cinesi) e se così non fosse (idem nei discount, in molti supermercati, in intere catene di negozi) la gente vestirebbe di stracci ben prima della crisi e non potrebbe comprare abiti, scarpe, giocattoli, apparecchi elettronici, fiori artificiali, ecc. ai prezzi delle produzioni occidentali o spacciate come tali dalle marche occidentali che...fanno produrre comunque in Cina, etiopia, Turchia, Bangladesh, India, Egitto, Tunisia, Vietnam, ecc.
ma questo, a leghisti, settori dellaimprenditoria italica, media asserviti a papi, ecc. fa comodo non dirlo....