E' proprio questo stato di continua "lotta" tra cinesi e italiani che mi fa preferire la vita in Cina a quella in Italia; là mi sentirei comunque diversa, è vero, ma almeno sarei in terra "amica". Il problema che tu hai sottolineato non sarebbe così drammatico se non fosse allo stesso tempo un conflitto tra due nazionalità diverse.
Con la metalità tendenzialmente italianizzata che mi ritrovo, mi viene più spontaneo pensare che siamo noi dalla parte del torto, anzi, la consapevolezza di esserlo e di non poter far niente per cambiare il nostro stato mi rende ancora più straniera di quanto mi senta già. Molto spesso il "successo" del cinese si basa sulla violazione di alcune regole, e ci? infastidisce molto il popolo che ci ospita, che per contro si sente "onesto".
Ora, io non ci trovo niente di male a violare una regola o legge se non si reca danno a nessuno: se mi va di lavorare 18 ore al giorno anziché 12 non vedo perché me lo si dovrebbe vietare (naturalmente se non disturbo il vicino), visto che la vita è mia e decido io cosa farne, e se ho bisogno di una mano non penso che sia così mostruoso chiedere l'aiuto di mio figlio che ha appena 5 anni, mica sono così disumana da metterlo a fare cose fuori dalla sua portata (tante volte un'educazione "lavorativa" sin da piccoli aiuta il bambino a crescere con una metalità più responsabile, non come i bambini viziati di oggi che da adulti invece di andare a cercare lavoro aspettano che il lavoro trovi loro!).
Comunque, tornando al discorso Sarpi, se questa zona è stata "colonizzata" dai cinesi non è così tragico da protestare tanto duramente: non penso sia stata usata la forza per mandare via i negozianti italiani, anzi, sicuramente sono stati "ripagati" bene visto che hanno rinunciato alla loro attività. Quindi se la protesta fosse solo per il fatto che ci sono troppe atività cinesi, penso che i residenti della zona dovrebbero lamentarsi con i connazionali che si sono "venduti" al "nemico". Ma se ci sono problemi di convivenza dovuti a determinati comportamenti da parte della comunità cinese, allora si dovrebbe parlarne in maniera pacifica, civile e costruttiva, cercare dei compromessi invece di mettersi a fare ostruzionismo in tutto e per tutto. Non conosco la situazione del quartiere Sarpi e non so se ingrosso+dettaglio vi sia vietato, ma se non fosse vietato lo trovo solo un vantaggio per i poveri cittadini vittime del carovita; per quanto riguarda i commercianti italiani che si sentono messi fuori gioco slealmente, potrebbe essere utile un dialogo, tra commercianti cinesi e italiani, per venire ad una soluzione che consideri i punti di vista di ambe le parti.
Capisco perfettamente che alcuni modi di fare di noi cinesi possa dare fastidio a chi non è abituato, e in questo penso sia compito nostro essere il più possibile "discreti", in quanto ospiti di una nazione che ci ha gentilmente accolto. Ma capisco anche che per noi è difficile estraniarci dal nostro modo di fare, dalla nostra tradizione e quasi impossibile abbandonare il nostro "stile" per quanto riguarda il lavoro. La vendita all'ingrosso affiancata a quella al dettaglio è tipica dell'ingrosso cinese (come i vari CinaMercato, basati su un modello tipicamente cinese) e penso sia dovuta ad una necessità tipicamente materialistica: chi compra tanto vuole risparmiare e chi vende all'ingrosso vuole vendere il più possibile, per cui si tratta di un vantaggio per entrambi.
Anche il fatto di dormire nei laboratori è tipico del modello cinese, tra l'altro molto vicino al modello inglese della rivoluzione industriale.
Mi scuso con ziner per essermi dilungata oltre il tema della discussione, ma trovo che siano riflessioni importanti per capire meglio questa situazione. Spero che da questo topic possano nascere delle risoluzioni per il probema e soprattutto sarebbe interessante sentire il parere di chi si trova dall'altra parte.
Prendo spunto dalle affermazioni di BP per stendere alcune riflessioni
Purtroppo, ovunque (e sottolineo
ovunque, tanto in Italia quanto in altri paesi, Cina, U.S.A., Francia, Germania, etc...) esistano comunità straniere ci saranno problemi di incomprensione e di "lotta".
Ci si augura che vi siano sempre persone civili che possano dialogare tra le culture più variegate esistenti in un Paese.
Ma il fatto di doversi scontrare con delle mentalità così diverse spesso porta anche a dover affrontare problemi di tipo giuridico. Uno di questi è il modo in cui lavorano i Cinesi.
Come dice Sephiroth, la Cina sta vivendo ora la sua rivoluzione industriale, ma ci? non significa che questa debba essere esportata in Italia. Non c'è nulla di male nel far lavorare un bambino (quante ore? quanti giorni? Andrebbe specificato.....); nel nord Italia, ragazzini di tredici anni (sono certo che anche quell'età - non necessariamente cinque o sei anni - sia buona per iniziare a rendere responsabile un ragazzo) iniziano già a formare la loro mentalità "lavorativa".
Quando, però, si scoprono in Italia laboratori clandestini sullo stesso modello di quelli cinesi, questo è un reato e va perseguito. Mi spiace.
Forse a qualcuno tutto ci? potrà sembrare ingiusto, ma esistono delle leggi e dovrebbero essere rispettate.
Le leggi che BP si sente di violare spesso sono infrante a danno di altre persone perché non tutti, anzi ben pochi, la pensano come lei. Detto fatto, moltissime imprese italiane e non delocalizzano la produzione e si spostano in Asia Orientale. Perché? Perchè in quei paesi il costo del lavoro è bassissimo, mancando spesso assistenza sanitaria, assicurazione contro infortuni, ferie pagate, contributi, sindacati. Se si aggiungono tutti questi fattori, il costo del lavoro sale vertiginosamente e, di conseguenza, anche il costo del prodotto. Moltissimi lavoratori sono minorenni e dormono nei laboratori tanto tipici del modello cinese dopo aver lavorato per una quindicina di ore. A volte sono scappati dalle campagne dove stavano in condizioni ben più misere.
Non è solo una questione di mentalità nel commercio, ma anche di mentalità nei confronti dei diritti dei lavoratori. Ovvio che se la Cina decide di perseguire questo tipo di politica lavorativa, nessuno lo impedisce,
devono essere gli stessi lavoratori cinesi a lottare per i loro diritti e per un trattamento dignitoso per un essere umano , ma se le medesime condizioni di lavoro devono essere esportate anche in Italia o in un altro Stato, allora le cose cambiano. Non è solo un problema di sentirsi "onesto", si tratta di rispettare le leggi del paese che accoglie un cittadino straniero.
Volevo poi ricollegarmi con il discorso di just_fra (che è cinese. Bastava leggere il suo primo post di questo topic...) sul basso costo dei prodotti cinesi. A volte la qualità dei prodotti cinesi è scadente perché fatta con materiali scadenti per ridurre al minimo le spese e consegnare un prodotto a bassissimo costo: io stesso in Cina ho preso due giacche e dopo nemmeno una quindicina di giorni le cerniere si sono rotte e le tasche bucate.
A volte la qualità è buona; a volte capita di trovare sul mercato prodotti niente affatto contraffatti ma originali perché non immessi nel mercato ma scartati o deviati, o aventi un minimo difetto di produzione (es, una tasca cucita male). Tali esemplari non li vedremo mai in una boutique o in un negozio ma presso le strade o in un negozio di qualche cittadino straniero che non ne ricaverebbe nulla se li riproponesse ai costi esorbitanti che ci si aspetta debbano essere valutati.
Tutti questi prodotti spesso sono stati manufatti in Cina. In Italia (paese a caso) rimangono solo, nel senso di Made in Italy, direzione strategica, progettazione e design.